𝑨𝒕𝒕𝒐 𝑽 𝒔𝒄𝒆𝒏𝒂 𝑰𝑰 (𝑇𝑦𝑙𝑒𝑟)

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«I've always liked to play with fire
Play with fire»

Tyler
Verona

1 Marzo
H: 00:26/21:59







Tolsi la maschera sbuffando, mi passai una mano sugli occhi, sperando che l'effetto dell'eccessiva dose di alcool che avevo bevuto svanisse.

Uscii in giardino e mi guardai intorno.
Spalancai gli occhi quando vidi la figura di Mercoledì appesa con una corda ad un albero lì vicino.

Corsi più veloce che potei e le tolsi la corda dal collo, adagiandola sull'erba delicatamente.

Teneva gli occhi chiusi e il polso era meno che debole.

«Mercoledì non farmi questo, non morire» presi a fare le compressioni, alternate al respiro bocca a bocca.

«Mercoledì ti prego, svegliati» continuai così per circa mezz'ora e finalmente la sentii tossire forte.

«Mercoledì» sussurrai tirando un sospiro di sollievo.
Cercò di liberarsi dalla presa che avevo sulle sue braccia ma io al contrario le strinsi le mani.

Mi disse due volte di andarmene ma il pensiero di farlo non mi sfiorò neanche l'anticamera del cervello.

«Non vado via» sussurrai mentre si appoggiava con la testa sul mio sterno. Era una bella sensazione, pensare che in quel momento ero la persona che la stava proteggendo.
E di cui sembrava fidarsi.

Le accarezzai i capelli dolcemente mentre sentivo il suo respiro farsi finalmente regolare.

Chiusi gli occhi, appoggiando la schiena contro il tronco dell'albero.

Quando li riaprii però vidi che lei non c'era più.

«Mercoledì?».



Aprii di scatto gli occhi e mi tirai a sedere, cercando di regolarizzare il respiro, in quel momento affannato.

Mi passai una mano fra i capelli sudati e strizzai gli occhi, lasciando che due lacrime mi rigassero le guance.

«Mi manchi Viperetta» sussurrai tornando sdraiato, guardando un punto indefinito sul soffitto.

Sapevo che quello che mi aveva detto non era quello che pensava.
Era vero, faceva schifo a mentire lei.

Tuttavia la sua espressione gelida mi rimaneva impressa nella mente a loop, come le parole fredde e dirette che mi aveva rivolto.

Ripensai invece al bacio sul Balcone di Giulietta e sorrisi appena, quando mi resi conto che in quel momento mi aveva sorriso. Una cosa che non faceva mai.

Chissà che diavolo le aveva messo in testa suo padre, per farla diventare così.




«Mercoledì no!» la corvina corse verso il padre, cercando di deviare il tragitto della pallottola, che invece colpì il padre al petto, poco distante dal cuore.

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝑹𝒐𝒎𝒆𝒐 𝒆 𝑮𝒊𝒖𝒍𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 ᵐᵉʳᶜᵒˡᵉᵈⁱ́ˣᵗʸˡᵉʳDove le storie prendono vita. Scoprilo ora