𝑨𝒕𝒕𝒐 𝑽𝑰𝑰𝑰: 𝒔𝒄𝒆𝒏𝒂 𝑰 (𝑀𝑒𝑟𝑐𝑜𝑙𝑒𝑑𝑖̄)

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«Perchè mancarsi fa più male di non averti più, di non amarti più»

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«Perchè mancarsi fa più male di non averti più, di non amarti più»



Mercoledì
18 Maggio
Verona
H: 19:54



Mi stavo torturando le mani da circa un quarto d'ora, battendo nervosamente il piede per terra.

«Finalmente» presi la busta che Mano mi aveva porso e la aprii, senza neanche leggere il nome del mittente.

«Una delle tante sdolcinate lettere del tuo Romeo?» la fulminai con lo sguardo, lanciandole un cuscino in faccia.

«Enid, non ti ho invitata qui per prendermi in giro o per farmi la predica. Sta' zitta e fammi leggere» mi prese la lettera dalle mani e io sbuffai.

«Che cosa vuoi?» chiesi scocciata.
«Guarda che non funzionerà ancora per molto. Devi darti una mossa e vederlo. Di persona» mi buttai di schiena sul letto, fissando il soffitto.
«Fosse facile» sibilai irritata.

«Certo che non lo è, ma non è il punto. Hai saltato tutti gli appuntamenti che ti ha dato, perché? Ora comunichi come nel medioevo? Ci manca anche il piccione viaggiatore e siamo apposto» alzai gli occhi al cielo.

«Ora giuro che ti strappo la bocca, prima di avertela lavata con il sapone che ti piace» questa volta fu lei a roteare gli occhi.

«Scusa, il mio ragionamento è molto più corretto del tuo. Se non possiamo vederci, ci scriviamo. Il problema? Naturalmente mio padre, suo padre e la loro guerra che per qualche strano motivo deve incidere su di noi. Giusto per averci come arma di ricatto, non so se ci siamo capite».

«Senti, ti devi scordare di questa cosa okay? Se vuoi stare con lui ci devi stare, fregatene del giudizio di tuo padre» sbattei una mano sul materasso, mettendomi seduta a gambe incrociate di fronte a lei.

«Allora non hai capito proprio niente. Se mio padre mi vede con lui un'altra volta è quella buona che lo ammazza, non ci vuole un genio per capirlo, non credi? Non rompermi le palle e ridammi quella lettera» la aprì e si schiarì la voce, guardandomi con un ghigno.

Ora ti racconto di quando ho avuto paura.
Ho avuto paura quanto ti ho conosciuta, perché sapevo che saresti stata la persona che avrei sempre, sempre avuto paura di perdere.
Ho avuto paura quando ho capito che con te ero pronto a rischiare, a dimenticare chi sono e da dove vengo, a resettare il mio essere per modificarmi in quello che ti avrebbe completata. A mettere in gioco tutte le mie insicurezze, perché sapevo che un giorno avremo dovuto rischiare.
Ho avuto paura quando mi sono accorto che eri in tutte le cose che facevo, che dicevo, che sentivo, che vedevo.
Perché ho pensato che un giorno, se te ne fossi andata, non avrei avuto più niente da dire, da vedere e da sentire.
Ho avuto paura tante altre volte, perché le cose belle fanno paura, perché si ha paura della loro fine.
Ora ti racconto di quando ho avuto paura e di come, guardandoti negli occhi, ho smesso di farlo.
T

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝑹𝒐𝒎𝒆𝒐 𝒆 𝑮𝒊𝒖𝒍𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 ᵐᵉʳᶜᵒˡᵉᵈⁱ́ˣᵗʸˡᵉʳDove le storie prendono vita. Scoprilo ora