𝑨𝒕𝒕𝒐 𝑰𝑰𝑰 𝒔𝒄𝒆𝒏𝒂 𝑰 (𝑀𝑒𝑟𝑐𝑜𝑙𝑒𝑑𝑖́)

63 10 16
                                    

«You are broken on the floorAnd you're crying, crying»

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

«You are broken on the floor
And you're crying, crying»

Mercoledì
Hospital
22 Febbraio
H: 23:07

Tenevo la testa fra le mani, tutte sporche di sangue.

«Mercoledì, lo sai che non è colpa tua» non mi voltai neanche al suono della voce di Tyler, che al mio fianco cercava in ogni modo di consolarmi.

«Invece lo è. Sono una persona orribile» sussurrai con le guance rigate da mille lacrime.

«Non è vero, ci ha messi in una posizione impossibile» chiusi gli occhi con forza, scuotendo la testa.

«Ma che stai dicendo? Com'è una persona che spara al proprio padre, se non orribile?» singhiozzai senza smettere di piangere.

«Ci dovevo stare io in sala operatoria, a me stessa dovevo sparare» mi alzai in piedi, camminando avanti e indietro per la sala d'attesa.

«Ma che stai dicendo? Non pensarlo neanche per scherzo mi hai capito?» mi prese il volto fra le mani, ma io rimasi con lo sguardo spento e perso nel vuoto.

Vedemmo due medici entrare e io drizzai le orecchie. Volevo avere delle notizie, dovevo avere delle notizie.

«Lei è la figlia?» annuii, in attesa che parlassero, sperando che quello che avevano da dire non fosse negativo.

«Suo padre ha perso molto sangue. Però è vivo, posso considerarlo un uomo fortunato» tirai un sospiro di sollievo.

«Visto? Sta bene» mi sussurrò il ragazzo all'orecchio, ma io mi scostai.

«È inutile che cerchi di difendermi. Questo sangue l'ho versato io» tesi le mani in avanti, quasi tutte rosse.

«Non avevi altra scelta, la pistola ha sparato senza che tu te ne accorgessi, volevi solo disarmarlo e lo sai» scossi la testa, passandomi una mano fra i capelli.

Non ero mai stata tanto male in tutta la mia vita.
Il senso di colpa mi divorava cuore e mente e non mi rimaneva che piangere, ripetendo continuamente che era tutta colpa mia.

«Basta piangere, tuo padre sta bene» lo squadrai dall'alto in basso.
«Ma sei serio? Vattene da qui, quella è l'uscita. Avrei dovuto lasciarti molto tempo fa» indicai la porta del pronto soccorso con un dito.

«Non lo pensi sul serio, vieni qui» mi prese la mano ma io mi scostai.
«Se quello che ha detto tuo padre e il mio è vero beh, noi due insieme non ci possiamo stare. Sono io che ho sbagliato a darti retta» avevo smesso di asciugarmi il viso, non riuscivo più a trattenere le lacrime.

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝑹𝒐𝒎𝒆𝒐 𝒆 𝑮𝒊𝒖𝒍𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 ᵐᵉʳᶜᵒˡᵉᵈⁱ́ˣᵗʸˡᵉʳDove le storie prendono vita. Scoprilo ora