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Alice si svegliò nel cuore della notte, le lenzuola intrecciate alle gambe e il braccio di Eric attorno alla vita. Si mosse lentamente per scivolare via dall'abbraccio dell'uomo e scendere dal letto, si infilò la vestaglia di raso e andò in cucina. Aveva bisogno di un caffè e di tornare immediatamente a casa. Non poteva usare il suo cellulare per comunicare con i suoi superiori, perché per quanto Eric dicesse di amarla, era assurdamente paranoico e lei, grazie alla sua formazione, aveva capito che registrava le sue chiamate. Aveva persino trovato delle cimici in casa e si era ben veduta dal toglierle. Eric non doveva minimamente sospettare che lei sapesse di essere osservata.

Accese la macchinetta del caffè e prese una tazza dalla credenza della lussuosa cucina del magnate, poi si appoggiò al ripiano e si sfregò il viso con le mani. Era tremendamente stanca di quella vita che conduceva ormai da tre anni. Stava fingendo da così tanto tempo da cominciare a dimenticarsi chi fosse davvero.

Sei Alice Holland. L'agente Alice Holland.

Tempo prima la giovane donna era stata reclutata per un'importante missione sottocopertura, una missione che prevedeva di intrufolarsi nell'azienda del ricco filantropo Eric Sikes, entrare nelle sue grazie e scoprire cosa nascondesse sotto quella valanga di prodotti naturali.

Eric si era rivelato un osso duro, ossessionato dall'idea di essere sotto inquisizione e che non si fidava di nessuno. E questo suo comportamento non aveva fatto altro che confermarle che aveva qualcosa da nascondere. Qualcosa di grosso.

Il profumo del caffè la riscosse dalle sue elucubrazioni ed Alice spense la macchinetta e sorseggiò la bevanda amara e bollente. L'orologio a muro indicava che erano le tre del mattino. Non poteva andarsene a quell'ora senza destare sospetti, esattamente ciò che non voleva suscitare in lui. Aveva faticato così tanto per ottenere quel po' di fiducia da Eric: dargli consigli sulla gestione della società, assecondandolo meglio che poteva ma allo stesso tempo tenendogli testa – Eric non amava le donne remissive – e, infine, concedendosi a lui. Era disgustata dalle sue carezze e dal suo tocco poco aggraziato, ma purtroppo era ciò che si era ritrovata a sopportare per amor di patria. Giunta a quel punto, un rifiuto o un tentennamento avrebbero mandato tutto all'aria. Anni di lavoro e di ricerche da parte dell'MI6 andati in fumo.

Non che non avesse pensato di farlo: mollare tutto e dire ai suoi superiori di andarci loro, a letto col nemico. Alice era stata disposta a mettere da parte la sua vita, crearsi un'identità nuova e socializzare con Eric. Dopotutto era quello che veniva richiesto a una spia governativa. Ma vendere se stessa era stato un colpo basso che non avrebbe mai più accettato. E pensare che era stata così entusiasta di ricevere quell'incarico direttamente da Mycroft Holmes.

«Alice?» La voce rauca di Eric giunse dalla camera da letto.

La giovane donna appoggiò la tazza vuota nel lavello e tornò sui suoi passi.

Eric la mise a fuoco nel buio. «Dov'eri?»

«Non riuscivo a dormire.» Scostò le lenzuola e si distese accanto a lui. «Non me ne vado nel cuore della notte. Puoi stare tranquillo» gli sorrise.

Lui la guardò assonnato. «Domani voglio portarti in un posto» disse.

Alice non era sicura di quanto fosse vigile e cosciente. «Spero sia un luogo romantico.»

«Dipende dai punti di vista. È romantico perché significa che ho piena fiducia in te, amore mio.» La sua mano si muoveva languida sul raso della vestaglia di lei, accarezzandole la pancia e il fianco.

Alice sorrise e si accoccolò appresso a lui. Non chiuse occhio per il resto della notte, la speranza di vedere finalmente la luce in fondo al tunnel e il luogo segreto in cui Eric nascondeva i suoi traffici illegali la elettrizzava. Dopo tre lunghi anni poteva forse dire addio a quella farsa.

*

Erano le sette di mattina a Villa Sikes quando la sveglia di Eric suonò. Erano state le quattro ore più lunghe della vita di Alice, che le aveva trascorse fissando il soffitto che si schiariva con l'alba. Eric diede indicazioni al suo autista di preparare l'auto più sobria del suo garage, un'Audi nera dai finestrini oscurati; nessun altro oltre lui e Alice sarebbe salito su quella macchina.

Alice si vestì mentre Eric dava disposizioni ai domestici. Infilò una camicetta bianca e un paio di pantaloni neri, legò i capelli come al solito, in un'alta coda di cavallo, poi indossò gli occhiali dalla montatura tecnologica. Sulla stanghetta di destra era infatti stata applicata una microcamera e su quella di sinistra un microfono e un GPS. Spesso li teneva disconnessi, poiché Eric aveva in ufficio vari mezzi per identificare strumenti di registrazione e navigatori. Era sicura che anche il posto in cui erano diretti fosse sorvegliato a quel modo e probabilmente non avrebbe avuto modo di informare i suoi superiori in diretta.

Uscì di casa indossando un cappotto per affrontare la stagione invernale e salì nell'auto che era stata parcheggiata di fronte alla villa. Eric la raggiunse poco dopo e con sguardo di scuse le mostrò un nastro nero.

Lei si accigliò. «Vuoi bendarmi?»

«È necessario.»

Alice incrociò le braccia e sollevò il mento. «Avevo capito che ti fidavi di me.»

Eric sospirò, già esasperato da quel breve battibecco. «Mi fido di te. E tu dovresti fidarti di me. È per la tua sicurezza. Non possono costringerti a rivelare qualcosa, se non la sai.»

Lei si finse spaventata. «Chi non può costringermi?» Lui avvicinò la benda al suo viso, ma lei si ritrasse. «Eric, voglio sapere.»

«Ti dirò tutto quando saremo lì. Ti prego, Alice.»

La giovane donna espresse tutta la sua contrarietà con uno sguardo tagliente, poi si sfilò gli occhiali affinché lui potesse bendarla. Non vedeva un accidente attraverso la trama del tessuto, era totalmente cieca e l'unica cosa che poteva fare era memorizzare le svolte e i rettifili per cercare di intuire dove la stesse portando. Le sembrò di viaggiare per delle ore, aveva perso la cognizione del tempo e anche il numero di curve fatte. Si era smarrita e il fatto che Eric le avesse parlato per tutto il tragitto non aveva aiutato a tenerla concentrata sulla strada.

«Ci siamo» le disse infine, rallentando e poi frenando. Spense il motore dell'Audi poi le sciolse il nodo stretto della benda.

Alice si adattò alla luce battendo più volte le palpebre, poi inforcò gli occhiali. Non erano da vista, ma doveva continuare la pantomima. Attivò la microcamera, il microfono e il GPS posti nella montatura, poi osservò bene il capannone di lamiera di fronte cui avevano parcheggiato.

«Io e te abbiamo un concetto un po' diverso di "romantico", Eric» gli disse.

Lui rise, poi scese dalla macchina. Fece il giro e aprì lo sportello dal lato di Alice. «Tra poco capirai» le promise porgendole la mano.

Lei la rifiutò e uscì dall'auto senza il suo aiuto. Doveva contenere l'emozione e nascondere il battito accelerato del suo cuore.

Sei un agente segreto. Sangue freddo, Alice!, si disse. Ma il pensiero che quello potesse essere il covo di Eric Sikes e che lei stava per consegnarlo ai servizi segreti britannici dopo tre lunghi anni di estenuante attesa, le rendeva difficile stare calma.

«Per di qua» disse Eric precedendola sul terreno sconnesso. «Presto ci raggiungeranno dei miei soci. Abbiamo qualche minuto per noi e ti dirò tutto quello che vuoi sapere.» Si fermò e la guardò intensamente. «Spero che dopo continuerai ad amarmi.»

Alice gli sorrise. «Non c'è nulla che potrebbe farmi smettere di amarti, Eric.»

Il milionario la guardò con dolcezza, poi riprese a camminare verso l'ingresso del capannone.

***

Pazientate, gente. Nel prossimo capitolo entrerà in scena il nostro cervellone preferito! 🕵️‍♂️


SHERLOCK - Il caso Alice HollandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora