Passarono giorni, poi settimane. Il tempo scorreva troppo velocemente ed Alice iniziava ad essere impaziente. Voleva sapere dove fosse finito il laboratorio, voleva sapere di Moriarty. Ma la fretta era un nemico e lei doveva mantenere la calma. Eric l'aveva evitata per un paio di giorni, poi aveva ripreso a rivolgerle la parola come ad ogni altro suo dipendente. Alice cercava di non dargli motivo di speranze, gli rifilava occhiatacce ogni volta che lo sorprendeva a osservarla. Non era difficile, lei lo disprezzava per davvero. Se non fosse che doveva far in modo che si riavvicinasse a lei, si fidasse di lei e si confidasse.
Alice non era più andata a Baker Street. Non sapeva se Eric, paranoico come al solito, le avesse messo delle persone a pedinarla. Era l'investigatore, invece, che sondava il terreno in attesa del momento giusto per avvicinarla e farsi dire le novità.
«Mi ha convocato, oggi. Dopo il lavoro devo andare nel suo ufficio» gli riferì. Lei e Sherlock si erano incontrati al parco ai piedi della Sikes Tower, in un angolo cieco delle telecamere. In pausa pranzo, avevano notato, Alice sembrava non essere pedinata. «Non ha accennato nulla, non ho idea di cosa voglia dirmi.» Si sciolse la coda alta e si massaggiò la cute. Tenere i capelli legati a quel modo per tutto il giorno le faceva venire l'emicrania.
Sherlock sembrava immerso nei suoi pensieri.
«Se dovessi perdere un'occasione o fare un disastro, non me lo perdonerei mai.»
Il detective tornò presente e la scrutò. «Non fallirai.»
Lei fece un mezzo sorriso. «È una deduzione o un incoraggiamento?»
«Entrambe le cose» disse. «Mio fratello ha deciso di non fermarti. È raro che Mycroft abbia una tale fiducia in qualcuno.» Distolse lo sguardo e aggiunse: «Stai facendo un ottimo lavoro». La guardò di nuovo e disse: «Questo era un incoraggiamento».
Alice rise. «Lo avevo capito.» Raccolse di nuovo i capelli per legarli con l'elastico. «Sai, non credo di averti mai ringraziato a dovere per quello che fai, per avermi accettato nella squadra.»
«Non c'è nulla da ringraziare. Sei nella squadra perché mi servi, tutto qui.»
Lei annuì poco convinta. «Come vuoi.» Terminò di stringere l'elastico sulla coda di capelli, poi fece un profondo respiro. «Ora devo rientrare. Cercherò di aggiornarti il prima possibile.»
Sherlock fece un cenno col capo. «Fa' attenzione» aggiunse poi, allontanandosi.
*
L'orario di lavoro era concluso ed era tempo per Alice di salire fino all'attico e incontrare Eric. Come aveva detto a Sherlock, non riusciva a immaginare cosa il magnate volesse dirle e questo le dava agitazione. La missione stava mettendo a dura prova i suoi nervi allenati e questo le faceva spesso credere di non essere la brava agente segreta che credeva.
Tranquilla, saprai cavartela, si disse mentre l'ascensore la faceva salire all'ultimo piano e una musica jazz saturava l'abitacolo. Giunta a destinazione, le porte scorrevoli si aprirono e la giovane donna incrociò la segretaria in procinto di andarsene.
«Oh, scusami. Devo annunciarti al signor Sikes?»
Alice le sorrise e scosse la testa. «No, grazie. Mi ha convocato lui, non serve.» Si augurarono buona serata e la segretaria se ne andò per lasciare l'intero edificio a disposizione del capo e di Alice, a esclusione di qualche guardia che pattugliava durante la notte.
La ragazza raggiunse l'ufficio di Eric e spalancò le porte. «Facciamo in modo che sia veloce. Voglio andare a casa a cenare.»
Il multimiliardario si alzò dalla sedia oltre il tavolo di mogano. «Alice... quasi non ci speravo più» sorrise, gli occhietti piccoli lucidi di gioia. «Accomodati, ti prego» aggiunse indicando il divano.
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SHERLOCK - Il caso Alice Holland
FanficQuando una fidata agente dell'MI6 scompare durante una missione sottocopertura, Mycroft Holmes decide di ingaggiare suo fratello per ritrovarla. Si tratta di Alice Holland, una giovane spia che sembra avere l'inedita capacità di generare apprensione...