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«Allora, pensi che Alice sia viva?» domandò di nuovo John tornando dal chiosco degli hamburger e sedendosi sulla panchina. Sherlock si era piazzato nei giardinetti della Sikes Tower, in un punto abbastanza nascosto che permetteva di controllare l'ingresso del palazzo, poi si era chiuso in uno dei suoi soliti silenzi. Prima di fargli qualunque domanda, John era andato a procacciare la cena per entrambi.

«Non so ancora» disse l'investigatore.

Il dottore gli porse il sacchetto di carta col panino, ma poiché l'amico non lo prendeva, lo poggiò sulla panca e cominciò a magiare la sua cena. «Cos'abbiamo ottenuto da questo breve colloquio?»

«Molto, John. Adesso sappiamo che Sikes amava davvero Alice. La ama ancora, il che ci fa ben sperare. Il suo aspetto trascurato denota sofferenza, ma anche incertezza. Se l'avesse uccisa, probabilmente avrebbe un comportamento diverso: sarebbe più freddo e calcolatore, o, al contrario, più disperato e pentito.»

«La tiene prigioniera da qualche parte?»

«È più probabile che qualcuno lo faccia per lui. Ricordi i segni di pneumatici fuori dal capannone? No, questa faccenda è roba grossa e c'entra col traffico illegale che doveva scoprire Alice. Solo che non abbiamo uno straccio di indizio, nulla da cui partire.»

John era già a metà del suo panino. Aveva una fame da lupi e se Sherlock non si fosse deciso, avrebbe mangiato anche il suo hamburger. «Quindi aspettiamo che Sikes faccia un passo falso?»

Sherlock annuì. «La minaccia serviva ad accelerare i tempi. Se l'ho spaventato abbastanza, potrebbe fare qualcosa di stupido. E noi saremo pronti.» Si voltò e aggrottò la fronte. «Non era per me quel panino?»

John si immobilizzò, l'hamburger destinato all'amico appena addentato.

Sherlock sventolò una mano all'aria. «Non importa.»

John masticò e deglutì. «Come hai fatto a capire che Sikes è ancora innamorato di Alice? Se lui ha scoperto che è una spia, dovrebbe odiarla.»

«Dal cavallino di legno.»

Il dottore lo guardò confuso.

Sherlock sospirò, esasperato dalla lentezza di comprendonio di John. «Alice è stata la donna perfetta per tre anni. È impossibile che Eric non si sia innamorato di lei: giovane, bella, intelligente e che accettava di stare con un uomo più grande. Tutti motivi che lo facevano sentire... be', uno stallone. Alice deve essere stata brava a convincerlo di non stare con lui solo per la sua fama e per i soldi. Non sono un esperto in materia, ma immagino che la verità non ha potuto cancellare tre anni di relazione all'apparenza perfetta.»

«Tutto questo da un fermacarte che gli ricorda la sua virilità?»

«Sotto c'era un'incisione. Gliel'ha regalato lei. L'avrebbe gettato nel camino, se non tenesse ancora ad Alice.» Sherlock si passò un indice sulle labbra, pensieroso.

John finì anche il secondo hamburger, poi aprì la lattina di birra. Aveva avuto così fame da non aver sentito neanche il bisogno di bere tra un panino e l'altro. «Perché hai usato il nome Smith?»

«Nel caso che la copertura di Alice non sia stata davvero compromessa. Non fino in fondo, quantomeno. Chiunque sia stato mandato a casa sua per perquisirla, non ha trovato nulla. Era troppo furba, non teneva niente che potesse incastrarla. Le avevano messo delle cimici in passato, quindi sapeva che potevano entrarle nell'appartamento quando volevano. Dobbiamo sperare che Sikes, o chi per lui, non abbia prove concrete.»

John si appoggiò alla spalliera della panchina e allungò le gambe per incrociare le caviglie. «Perché non siamo andati a ispezionare il capannone o la casa della ragazza?»

SHERLOCK - Il caso Alice HollandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora