Per chi non si ricordasse: William è il fidanzato di Allison, nonché migliore amico di Hazel.
«Chiudi questa sveglia, ti prego.» William si rigira sul letto, mettendosi il cuscino sulle orecchie.
Sospiro e mi faccio forza, allungando la mano per prendere il cellulare.
«Non è la sveglia ma la mia suoneria.» E il nome che lampeggia sopra è proprio quello di Hazel.
«Chi è che ti chiama a quest'ora?» Si mette seduto, scompigliandosi i capelli con una mano.
«Hazy?» Il suo respiro è affannoso, lo sento attraverso il telefono.
«Stai bene?» William, ficcanaso com'è, si mette accanto a me per provare a sentire la conversazione.
«Ally, n-non credo di sentirmi bene.» Balzo giù da letto con una velocità che non credevo possibile e inizio a mettermi le pantofole.
«Cos'è successo? Vuoi che venga lì? A casa tua?»
«Sì, ti prego.» Chiude la chiamata e inizio ad uscire dalla camera, cercando il cappotto e le scarpe.
Un rumore di passi mi fa voltare verso Will che si è appena alzato.
«Allison, che succede? Era Hazel, vero?» Annuisco, meccanicamente.
«Non so, aveva la voce rotta e mi ha pregato di andarla a prendere.» Volto lo sguardo verso l'orologio della mia cucina e vedo che sono le 04:00 del mattino.
«Aspetta, vengo con te.» Fa per mettersi anche lui le scarpe ma lo fermo.
«No, lascia stare. Rimani a dormire, tra un paio d'ore devi andare all' università e-»
«Non mi interessa, voglio assicurarmi anche io che Hazel stia bene e soprattutto non ti faccio uscire di casa, da sola, a quest'ora della notte.» Quando Will decide qualcosa è irremovibile ma lo amo anche per questo, perché non lascerebbe mai le persone indietro, da sole.
Entrambi mettiamo le scarpe e i cappotti, chiudo a chiave e saliamo nella sua auto.
Will si è fermato a dormire da me, questa sera, ma non avrei mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere.
Mi tremano le mani al solo pensiero che le possa essere successo qualcosa.
«Cerca di calmarti, non è successo niente e non succederà niente. Mancano pochi minuti e siamo arrivati, amore.» Mi mette una mano sulla coscia, nel tentativo di rassicurarmi.
La stringo, intrecciando le mie dite con le sue.
Faccio dei respiri profondi e ringrazio il cielo di aver dimenticato la suoneria al massimo del volume, prima di addormentarmi.
Di solito la tengo bassissima ma, non so, dev'essere stato il destino.
In tempo record, soprattutto perché non c'era nessuno nelle strade, arriviamo davanti villa Turner.
Non do a Will neanche il tempo di accostare che scendo in fretta e furia dall'auto, rischiando anche di cadere e rompermi qualcosa.
«Allison, aspetta!» Il cancello è chiuso, ma posso intravedere una figura minuta seduta sul prato.
Alza lo sguardo verso di me e capisco che è lei.
«Mi apri?» Mimo con le labbra.
Annuisce e il cancello si apre.
Faccio un segno con il capo a William di rimanere dov'è perché, anche se lui e Hazel sono migliori amici, preferisco constatare prima come sta lei.
Mi avvicino piano, come si fa quando si ha paura che qualcosa possa fuggire dalla tua vista.
Cammino lentamente, fino a raggiungerla e sedermi accanto a lei.
Siamo nell'erba bagnata perché molto probabilmente deve aver piovuto, questa notte.
Non le dico nulla, non le chiedo se ha bisogno di qualcosa o se vuole alzarsi da terra ma l'abbraccio.
La tengo stretta a me, posizionandole la testa sulla mia spalla.
Ha il cuore che batte all'impazzata e le mani che tremano.
«Mi dispiace di averti fatta venire fin qui, a quest'ora.»
«Non ti devi dispiacere, sarei venuta da te anche se mi avessi chiamata dall'altra parte della terra, Hazy.» Sospira, stanca.
Non l'ho mai vista così.
Non mi ha mai chiamata in queste condizioni.
Non so cosa è successo ma non voglio ancora chiederglielo.
Se se la sentirà, sarà lei a farlo.
Con il tempo ho imparato a conoscere quella ragazza con i sorrisi fugaci e gli occhi ribelli.
Ho imparato a capirla.
Abbiamo un modo tutto nostro di comunicare, tramite i silenzi.
Lei non è una da molte parole e, anche se la chiamata di poco prima è durata poco, ho capito che aveva bisogno di me.
«Vuoi andare via?» Annuisce, dopo attimo di esitazione.
Mi alzo prima io e le tendo la mano.
Per la prima volta in questa sera, vedo il suo volto e mi si spezza il cuore in mille pezzi.
Ha gli occhi gonfi e stanchi, segno che ha smesso di piangere da pochissimo, i capelli bagnati che le si sono appiccicati sulla fronte e l'espressione di chi vorrebbe scomparire da questo mondo, se solo ne avesse le forze.
È rimasta qui mentre pioveva?
Faccio scendere lo sguardo e noto che anche i suoi vestiti sono fradici.
«Non mi guardare così.» Dice con la voce roca.
Non rispondo ma le tendo la mano.
Lei la prende e insieme iniziamo ad incamminarci fuori, dove ci aspetta William.
Ci scambiamo uno sguardo d'intesa perché anche lui ha capito la situazione.
Ci apre la portiera di dietro e invita a salire prima Hazel.
«Non inizierò a trattarti bene soltanto perché hai un aspetto orribile, anzi, sarò arrabbiato con te perché mi hai svegliato alle 04:00 del mattino.» Dalla sua espressione percepiamo entrambe che sta scherzando ma Hazel gli tiene il gioco.
«Ho chiamato la tua ragazza, non pensavo che saresti venuto anche tu a rompere il cazzo.» Detto questo, entra in macchina.
Mi faccio scappare un sorriso ed salgo anche io, sedendomi al suo fianco.
«Will, metti la solita playlist.»
Hazel mi guarda scocciata.
«Ti prego, quella cosa della felicità, no!» Will, ovviamente, non le dà ascolto e fa come gli dico.
Mette la playlist che ho composto personalmente per Hazel, quando succedono queste cose.
Lei dice di odiarla ma in fondo, molto infondo, so che le piace.
Passiamo il nostro viaggio in macchina così: io e William a cantare a squarciagola Taylor Swift ed Hazel a lamentarsi, lanciandoci occhiate sgorbie.
Tutti e tre sappiamo già dove siamo diretti, infatti, appena accostiamo, William mi rassicura con uno sguardo e prendo la mano di Hazel, iniziando ad incamminarci.
Camminiamo insieme per tutto il London Bridge.
Lo facciamo da quando avevamo quattordici anni e non ci siamo mai stancate.
È il nostro posto speciale, il luogo dove dimentichiamo tutti i problemi e parliamo a cuore aperto senza pensare al dopo.
Di solito veniamo la mattina, quando nessuno delle due ha impegni, ma adesso sentivo che Hazel avesse bisogno di un po' di libertà.
Con libertà non intendo scappare dai problemi e seppellirli, intenzionati a pensarci dopo.
No, non si fa così perché poi torneranno più prepotenti di prima e non saranno per niente gentili. Bisogna affrontarli senza aver paura di urlare al mondo quanto tutto ciò ci faccia stare male.
Per affrontare i problemi ci vuole coraggio ed Hazel Anne Turner ne ha da vendere. Questo è sicuro.
«Sta andando tutto una merda, Ally. È come se la vita avesse deciso di darmi uno schiaffo potente sul viso e la cosa più brutta è che non posso nemmeno ritornarglielo indietro...» Sussurra, guardando davanti a sé, mentre continuiamo a camminare.
Mi faccio scappare un piccolo sorriso.
«È vero, è proprio una merda ma forse potrebbe esserlo meno se decidessi di condividere con me ciò che non ti fa dormire la notte.» Continuiamo a camminare per un tempo indefinito, finché lei non decide di rompere il ghiaccio.
«Hai presente quella sensazione di quando pensi che niente può andare peggio di così? Bene, io la provo ogni giorno ma alla fine va sempre peggio. In quest'ultimo periodo si è unito un problema più grande e la cosa peggiore è che ha anche un nome.» Le lancio un'occhiata di sbieco.
Cosa vuol dire un nome?
«Hai dato un nome a tutto questo?» Scuote la testa, sospirando.
«Allison...» Non è ancora pronta.
Non è ancora pronta a dirmi nulla.
«Va bene così, Hazy. Non parlarne con me se non ne sei ancora sicura perché finirai solo per farti più male... sappi solo che quando avrai bisogno di me io sarò lì.» Ad un tratto si ferma ed io faccio lo stesso, assecondandola.
Vedo nell'angolo del suo occhio destro, una piccola lacrima che minaccia di uscire.
Quindi decido di dirle una cosa.
«Va bene crollare, Hazel. Sei stata forte per tutto questo tempo e, sinceramente, sfido chiunque a mantenere la testa alta, come hai fatto tu, in situazioni del genere.» Non faccio in tempo ad aggiungere altro che trovo le sue braccia stringermi.
Ricambio l'abbraccio, perdendomi nell'odore buonissimo dei suoi capelli.
«Sei il mio angelo, Ally.»
E, come al mio solito, anche io mi lascio scappare una lacrima.
«Tu il mio, Hazy.»
«Ma non voglio mai più sentire quella playlist del cazzo.» Mi lascio scappare una risata.
«Va bene.» Ma ovviamente non è vero.
La playlist della felicità continuerà a sentirla in eterno.
STAI LEGGENDO
Magnetic
RomanceÈ possibile non provare nulla? È possibile vivere di costante competizione? È possibile disprezzare ma senza conoscere? Beh, la generazione di oggi lo fa sempre quindi suppongo di sì. Questo è quello che pensa Hazel Anne Turner. Una ragazza di 25 an...