CAPITOLO 24.

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Svegliarsi con la consapevolezza di tutto ciò che accadrà nel corso della giornata non è mai stato il mio pensiero fisso

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Svegliarsi con la consapevolezza di tutto ciò che accadrà nel corso della giornata non è mai stato il mio pensiero fisso.

È vero, tengo molto al mio lavoro e quando mi metto in testa una cosa non mi arrendo finché non la raggiungo.

Ma non è nemmeno scontato il fatto che non mi importi niente di tutto ciò che mi sta intorno.

Mi spiego meglio: non sono mai stato una persona nervosa o ansiosa, se così vogliamo dire.

Ho sempre vissuto con il pensiero che, se qualcosa deve accadere, allora accadrà.

Mia madre mi ha sempre ripetuto queste parole, da brava sognatrice qual è, ma io le ho rielaborate: se qualcosa deve accadere allora accadrà, ma secondo le nostre azioni e come decidiamo di muoverci in quel preciso momento.

Perché anche un nano secondo può cambiare la vita di una persona, ed io lo so bene.

Tutta la mia infanzia è stata più o meno così: io che aspettavo quel nano secondo che avrebbe cambiato tutto in meglio ma che, ovviamente, non è mai arrivato.

Per non parlare della mia adolescenza.

Non sono ancora riuscito a parlare con i miei genitori, benché meno con mio fratello.

Mason continua la sua vita ed io la mia.

Ma quando cazzo fa male?

È mio fratello e ho fatto di tutto per proteggerlo, certo, nel modo sbagliato, ma ci ho provato con tutto me stesso.

Nonostante ciò, non riesco ad odiare mio padre. Non ce la faccio.

Al solo pensiero che una donna come mia madre avesse potuto amare un uomo come lui... mi fa ricredere leggermente. Lei non è una cattiva persona e mai lo è stata ma questa situazione l'ha portata fuori rotta.

Ricordo ancora il dolore negli occhi di lei quando le ho detto tutto quello che pensavo. Ricordo gli occhi lucidi e le mani tremanti. Il modo in cui provava ancora a difendere l'uomo che l'ha abbandonata, obbligandola a crescere un figlio da sola.

Ma, ancora una volta, non la odio. Non odio nessuno dei due perché non potrei mai.

Non potei mai odiarli ma nel frattempo me la prendo nel culo.

«Avanti.» Dopo aver bussato un paio di volte, entro nell'ufficio del rettore dell'università.

«Cosa vuoi, Cole?» Alza un sopracciglio, guardandomi storto.

Dovrei essere io quello a guardarlo male, vista la posizione scomposta in cui è messo.

«Inizia col chiudere la porta.» Faccio come dice e mi vado direttamente a sedere sulla sedia davanti a lui.

Prima finiamo meglio è.

Non fraintendetemi, voglio bene al mio migliore amico ma quando gioca a fare il capo vorrei volentieri spaccargli il naso a pugni.

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