12) Paura dell'amore

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“E vorrei dirti tante cose

Dirti che hai ragione, che ho paura dell'amore

Me lo vuoi insegnare?

Vorrei essere normale

Per darti delle rose”

Manuel non si è presentato a scuola. Simone è arrivato in Vespa anche leggermente in anticipo rispetto al solito, perché l’istinto così gli aveva suggerito mentre avrebbe voluto anche saltare la colazione con Davide pur di correre, ma ha atteso senza risultati.

Sperava che Manuel arrivasse in seconda ora, spesso lo fa quando vuole evitare la lezione di latino, ma nulla. Butta lo sguardo verso Viola, che a sua volta lo guarda: è strano, perché non hanno grande confidenza, eppure spera che lei sappia qualcosa.

“Sai come mai Manuel non è a scuola?” le si avvicina a ricreazione, mentre lei è intenta a prendere un caffè al distributore.

“No, magari non aveva voglia” mente, perché quando era ancora nel letto aveva sentito la conversazione tra suo fratello e Anita.

“Ok… grazie” le sorride, un po’ per gentilezza e un po’ perché non saprebbe cosa altro dirle. Non le dice che Manuel era a casa sua alle 7:15 di mattina, non ha idea di cosa lei sappia di loro e non ha voglia di pensarci in questo momento.

Passano le ore a scuola, poi quelle del pomeriggio. Non ha avuto il coraggio di mandargli un messaggio, di chiedergli cosa ci facesse a casa sua e perché non si sia presentato a scuola. Eppure Manuel un messaggio lo aspetta, lo ha aspettato per tutte quelle ore passate in giro per Roma da solo, prima in moto e poi a piedi.

Ha perso il conto dei chilometri percorsi con l’intento di scaricare tutto il male che ha sentito forte dentro di sé: la sensazione di solitudine, di delusione, tristezza.
Si era convinto per tutta la notte che fosse arrivato il momento di fare un passo in avanti, di provare quantomeno a spiegare a Simone tutto ciò che in questo periodo non lo fa stare bene.

Avrebbe voluto dirgli che, tra le tante cose che gli mancano, gli manca anche dormire con lui. Dargli la buonanotte, assicurarsi che stia bene, sentire il suo respiro leggero e vederlo la mattina appena sveglio, come prima cosa dopo aver aperto gli occhi. 

“Sai con te sto bene

Non mi serve nulla

Cerco la mia pace, ma dentro ho la guerra

Cerco la tua voce per sentirmi meglio”

-Non voglio stressarti, però stai bene?-
Un messaggio gli arriva, ma è quello di Viola che ha aspettato tanto prima di scrivergli finché non ha più resistito perché ha iniziato a preoccuparsi.

-Tranquilla, sono vivo. Ho bisogno di stare un po’ da solo-

-Ok… però sta per diluviare. Se sei in moto magari lasciala da qualche parte e torna in taxi. Se vuoi ti mando l’autista-
Quello che gli fa spuntare con questo messaggio è il primo sorriso della giornata. Se solo sapesse, Viola, tutte le volte in cui è andato a scuola o in giro in moto sotto la pioggia, di tutte le volte in cui il suo primo motorino l’aveva lasciato a piedi e aveva dovuto percorrere chilometri sotto il sole rovente di Roma, si spaventerebbe. Vorrebbe dirle che non tutti hanno avuto il privilegio nella vita di avere l’autista, ma gli sembra una cosa cattiva da dirle.

-Non preoccuparti, sono forgiato!-
-Come vuoi… se hai bisogno di me, chiamami!-

Non le risponde più, ma è felice dell’ultima frase.

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