Capitolo 10

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I giorni passarono in fretta, anche troppo in fretta. Io e il Signor James ci vedevamo tutti i giorni, ognuno per fare le proprie cose e a me stava bene così. Il mio cuore andava sempre a un ritmo troppo veloce quando lui era nelle vicinanze, era una cosa che non riuscivo proprio a controllare.

Ogni volta che lui era accanto a me, ogni volta che mi guardava negli occhi, nel mio stomaco mille farfalle prendevano il volo e non la smettevano più. Lui era l'unico a farmi questo effetto, l'unico a non scappare da me almeno.

Questi giorni invece sembravano un loop continuo, mi sembrava di essere in un cavolo di film messo a ripetizione. Mi sentivo bloccata in un corpo che non voleva più vivere, mi sentivo come se volessi mettere fine alle mie sofferenze. L'altra volta ci stavo riuscendo, ero nella via del non ritorno e invece...non ci sono riuscita. Sono una codarda.

Era così difficile capirmi? Forse si, visto che sono una persona che non riesce ad esternare le proprie emozioni, però vorrei solo mettere a tacere quelle brutte voci che mi suggeriscono che sarebbe meglio che io mi faccia del male. Oggi era uno di quei giorni, mi sentivo uno straccio vecchio pronto per essere buttato via.

In questo momento, sono accovacciata nel mio letto, con due coperte pesanti addosso e con quasi quaranta di febbre. Poche volte ho avuto la febbre così alta, ma la maggior parte delle volte c'era papà qui con me, e invece oggi lui non c'era.

Purtroppo all'ultimo momento, era dovuto partire per un viaggio di lavoro, e per l'ennesima volta, io ero sola. Non riuscivo a dargliene una colpa, però, in situazioni come queste, volevo che stesse qui con me. Invece ero sola, con le domestiche che venivano ad accertarsi che io stessi bene. Per fortuna c'erano loro.

<<Posso?>>

Alzai la testa con fatica, mettendo a fuoco quello che mi circondava, e notai la mia guardia del corpo sulla soglia della porta.

<<Si...>> sussurrai debole.

Aprì la porta ed entrò.

Era davvero da mozzare il fiato.

Indossava la solita divisa nera, però, era bello come il sole.

<<Come stai?>> domandò lui.

<<Non benissimo, mi sento a pezzi.>>

Non solo non riuscivo a stare in piedi, ma non riuscivo neanche a spiccare parola.

<<C'è qualcosa che posso fare per te?>> mi chiese con tono dolce.

<<No, t-tranquillo. Va pure, avrai tanto lavoro da fare.>>

Un colpo di tosse raggiunse la mia gola, mi alzai con il busto e mettendo un mano sulla bocca tossì forte.

Il signor James mi raggiunse quasi correndo, si mise seduto accanto a me, afferrò la bottiglia d'acqua sul comodino, tolse il tappo e me la passò.

La presi e ingurgitai mezza bottiglia in cinque secondi scarsi, mi sentivo quasi soffocare. Questa tosse e questa febbre, mi stavano letteralmente uccidendo.

<<Va meglio?>>

<<Si...>>

Voltai il viso nella sua direzione, e passai lo sguardo sul tutto il suo viso. Aveva due occhi che erano la fine del mondo, due ciglia lunghe, il naso non troppo grande, la barba un po' troppo cresciuta e due labbra che...mi facevano perdere il sonno.

Smisi di guardarlo, abbassai la sguardo sulle mie mani tremanti. Erano stati giorni difficili, non solo per via della febbre, ma anche per la mia ansia e i miei attacchi di panico. Passavo le giornate chiusa nella mia stanza, a leggere o a fare i compiti, mentre vedevo i miei compagni tutti a fare festa e divertirsi. Non era colpa di nessuno ovviamente, la colpa la davo solo a me e all'ansia che mi impediva di vivere. Ogni giorno un nuovo attacco di panico si faceva strada dentro di me, mi impediva di respirare correttamente, mi impediva di pensare lucidamente, mi impediva tutto...

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