Capitolo 11

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                                 Ethan
                        18 anni prima.

Era sempre la stessa storia, ormai era un loop continuo. Lui che tornava a casa ubriaco, lei che zitta subiva tutto, i piatti che si rompevano contro il muro. Io non guardavo mai, ogni volta che sentivo la porta d'ingresso aprirsi, io mi nascondevo sempre nella mia stanza, sotto il letto con le mani chiuse a coppa nelle orecchie.

Ogni volta era dura, era dura voler fare qualcosa, ma non poter fare nulla. Avevo solo paura. Mi domandavo sempre il perché di tutto questo, perché papà si svegliava in un modo e tornava in un altro? Era forse colpa mia?

Il rumore del mio cuore era sempre troppo forte, il suono somigliava tanto al dolore che provavo ogni volta che i miei genitori litigavano così pesantemente. Perché non potevo avere dei genitori come tutti gli altri? Questa domanda mi frullava sempre in testa, non era una cosa di cui vantarsi, era più una cosa di cui...essere tristi.

Ero figlio unico, non avevo nessuno qui con me, però la mia mamma aspettava una bellissima bambina, ero felice di questo, almeno non sarei stato più solo.

Però non volevo che crescesse qui, con quell'essere pericoloso. Lui faceva male alla mamma, lei al mattino era sempre piena di grossi lividi sulla faccia, stava sempre in disparte e piangeva in silenzio. Mi faceva male vederla così.

Avevo compiuto dieci anni da poco, non ero ancora grande come desideravo, però lo ero abbastanza per proteggere la mia mamma e la mia sorellina. Lo sono, vero?

Una volta ero tornato da scuola tutto contento con un compito in mano, avevo preso dieci, ero felicissimo. La mamma dormiva al piano di sopra, lui invece era giù nel divano che beveva una birra come sempre, così decisi di condividere la mia felicità con lui.

<<Papà, guarda qua...>>

Corsi verso di lui e saltai sopra il divano.

<<Che diavolo vuoi Ethan?>>

Smisi di sorridere. Perché si comportava sempre così? Il cuore iniziò a battere più veloce del previsto, mi sentivo sempre così quando lui era nelle vicinanze.

<<Giorni fa, ho fatto un compito in classe. H-ho preso dieci. G-guarda..>> balbettai in preda all' agitazione.

Prese il foglio in mano, lo osservò privo d'espressione e poi con tutta la calma del mondo lo strappò come se non valesse nulla.

Il rumore del mio cuore, in quel momento era lo stesso del foglio strappato dalle sue mani.

<<Su dai, non frignare Ethan. Era solo un compito, per di più scritto malissimo. Cosa volevi dimostrare? Di saper fare qualcosa? Tu sei una nullità, proprio come tua...madre.>> sbiascicò ubriaco.

L'unica cosa che provai in quel momento, oltre l'umiliazione, era la rabbia. Odiavo che mettesse sempre in mezzo la mamma, e odiavo ancora di più il fatto che la picchiasse.

<<Non mettere in m-mezzo la mamma.>> sussurrai con un filo di voce.

<<Non puoi proteggerla idiota, tu non puoi fare nulla per salvarla.>>

Spalancai gli occhi.

Quella suonò tanto come una minaccia.

Voleva per caso...? No, era impossibile.

<<Tu non le farai più del male, ci sono io con lei.>>

Lanciò un'occhiata sprezzante verso la mia direzione, ma non si alzò, restò lì seduto sul divano con la lattina di birra in mano e lo sguardo perso puntato verso la tv.

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