Capitolo 11: "La fine"

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I due soldati sotto comando di Vance si avvicinarono verso Diana ed Orchid, le due cercarono in qualunque modo di difendersi, liberarsi, ma ogni tentativo fu vano.
I soldati, vestiti di scuro e malvagità, legarono le mani delle delle due con delle catene. Diana era terrorizzata, ad un certo punto cominciò a vedere tutto nero, i soldati la avevano bendata. Sentiva solo voci, che si mescolavano come rumori. Le catene erano fredde, e i soldati la tenevano per un braccio, stringendolo forte. Orchid non riuscì a liberarsi e non capiva il perché; forse qualcosa stava spegnendo ciò che la rendeva forte e potente.
Dopo poco tempo erano giunte nella prigione, vennero portate nei sotterranei. C'era puzza di muffa, o forse decomposizione. Chissà quanti cadaveri si celavano dietro tutte quelle sbarre. Il silenzio veniva continuamente interrotto da rumori graffiati, urla strazianti, di persone che pativano la fame, o che morivano dalla stanchezza. Il sangue inondava le pareti a chiazze scure e, oltre alle celle si nascondeva una porta: la sala delle torture. Una stanza oscura, in cui le persone venivano brutalmente ammazzate, senza alcun ritegno. Orchid e Diana vennero separate. Il soldato tolse la benda a Diana. La spinse di forza nella cella. Quest'ultima era estremamente piccola, con un insulso lettino in paglia, una candela. Non c'era una finestra o un misero buco da cui percepire un raggio di sole. Le giornate non sarebbero più terminate.
Diana si mise in ginocchio sul letto, pregando di non essere torturata. Non volevo patire il dolore, anzi, forse era meglio finirla lì. Tanto sarebbe morta di fame, ne era certa. Non si spiegava come fosse possibile che fosse stata trovata dai soldati. Il loro piano era stato troppo superficiale ed avventato. E infatti erano state trovate.
Mentre rifletteva, anzi, si disperava, una donna si avvicinò alle sbarre della cella. Era slanciata, alta, con abiti semplici da cameriera di una locanda, con i capelli raccolti in una lunga e folta treccia. Aveva in mando del cibo. Rapidamente diede il pezzo di pane secco in mano a Diana. Ella guardò la donna meglio; quel viso, i lineamenti familiari... era lei, Margaret.
Incredula, Diana, le disse:
-Aspetta! Io ti conosco, sei colei che sette anni fa mi salvò. Ti devo la vita! Non ho avuto il tempo di dirti grazie.- e aggiunse - Come mai vi trovate qui?-
-Siete Diana, quella ragazzina che mia madre cercava da tanto tempo?-
-Sì-
-Che bello rivedervi...- una voce lontana e profonda chiamò Margaret, che corse velocemente, senza nemmeno salutare, mentre correva tremava dalla paura, e aveva le lacrime agli occhi.

   

                                                                                                      Da Orchid
Era notte fonda. I gufi, fuori dalle mura della prigione, cantavano la loro ninna nanna notturna. Orchid era a terra, in un angolino, con la gola secca, affamata, ma ancora lucida, un solidato irruppe nella cella, con noncuranza, prese il braccio di Orchid e velocemente la portò nella sala delle torture. Ella cadde a peso morto a terra, con lo sguardo rivolto verso terra, sembrava concentrata, farfugliava parole, il sangue veniva trasportato dal cuore in tutto il corpo, sempre di più, gli occhi cominciarono a lacrimare. Ad un certo punto Orchid si alzò in piedi. Guardò il soldato e allungando la mano verso di lui lo uccise. La morte doveva essere lenta, dolorosa. Orchid prese la spada che il soldato cercava di tenere salda tra le mani e gliela ficcò nel collo. Uscì dalla sala delle torture. Il suo lungo e leggero vestito era diventato di un rosso vivo, con una trama a macchie poco precise. I suoi capelli, erano appiccicosi per il sudore. Ma il suo viso era più che soddisfatto. Con un leggero sorriso stampato. Sentiva che i suoi poteri erano tornati. Dopo essere morta, per ritornare da Diana e quindi nel mondo dei vivi aveva dovuto combattere contro un essere soprannaturale, malvagio, che da sempre era la più grande minaccia delle streghe. Questo mostro era capace di fare qualunque cosa, distruggendo o spegnendo quello che caratterizzava le streghe. Le famiglie che appartenevano da generazioni alle streghe lo riuscivano a tenere a bada, ma non a sconfiggerlo. Orchid, infatti, rischiò di non tornare sulla Terra. Ma scappò in tempo. Si sentiva debole per questo. Ma non doveva abbattersi o anche solo mostrarsi debole di fronte a Diana. Doveva essere forte, e tenere attiva quella scintilla.

Orchid decise di andare verso la cella di Diana, era vicina alla sua. Si avvicinò verso le sbarre, non c'era nessuno. Tutto era vuoto e inondato da un rumoroso silenzio. Non vedendola, cominciò a provare un senso di ansia, le pesava il cuore, aveva di nuovo gli occhi secchi e la sua mente, involontariamente continuava a pensare che per loro, forse, era veramente arrivata la fine.

Buonaseraaaa, dopo un sacco di tempo ho scritto questo capito. Sono veramente insicura sul continuo della storia, quindi fatemi sapere se vi piace o avete dei dubbi. Spero vi sia piaciuto il capitolo, e ovviamente fatemelo sapere con un commento e una stellina! Grazie per aver seguito fin qui il libro e avermi supportato.
-Silvia 🌺🥀

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