Who are you?

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Una forte luce bianca mi colpì le palpebre senza pietà e le mie orecchie vennero riempite da un continuo bip che proprio di smetterla non ne voleva sapere nulla. Un terribile odore mi penetrò le narici e la bocca era troppo secca per parlare.
<<Keyra!>>
Appena le mie palpebre si aprono, una donna scarna si alzò immediatamente dalla sedia. I suoi occhi verdi contornate da ciglia lunghe, si riempirono immediatamente di lacrime che le scivolarono sui zigomi perfetti ben truccati. Le labbra rosse e carnose erano stese in un sorriso che mostrava i denti completamente bianchi. Le sue mani mi arrivarono al viso, quasi incredule della mia esistenza. Dei capelli biondi e buccolati le cadevano sulla schiena dritta e coperta da un maglione azzurro di lana, avrà avuto trentacinque anni. Chi era quella donna e chi era Keyra?
<<Tesoro mio, che spavento ci hai fatto prendere>>
Solo in quel momento mi accorsi di un uomo alto con una mascella ben definita, il viso era coperto da un leggero velo di barba e i capelli erano castani e assomigliavano al cioccolato. Quanto ne avrei voluto un po', il dolce sapore del cioccolato che si scioglie sulla lingua. L'uomo, probabilmente sulla quarantina, era molto alto e il petto possente era coperto da un dolcevita bianco che metteva in risalto i suoi occhi azzurri. Dietro di lui invece comparì, dal nulla, un ragazzino biondo dagli occhi verdi che assomigliava tanto all'uomo sconosciuto, solo i colori non erano uguali ma per il resto erano come delle sosia. Però il ragazzo sembrava molto più giovane e indossava una felpa rossa, semplice.
<<Chi siete?>>
Furono le prime parole che mi uscirono dalla bocca, neanche ci avevo riflettuto prima di pronunciarle  ma appena la donna crollò in un pianto a singhiozzi, iniziai a credere di aver detto qualcos'altro senza accorgermene. L'uomo si avvicinò alla  donna dandole un abbraccio per confortarla, nonostante lui sembrasse disperato.
<<Keyra, siamo noi.  La tua famiglia>>
L'uomo parlò per una seconda volta, era una voce rauca e incrinata dal pianto. La mia famiglia? Ma poi chi era Keyra? Stavo pregando solo che mi facessero alzare e che mi lasciassero in pace, volevo solo della maledetta cioccolata.
<<Chi è questa Keyra? Io non vi conosco>>
A quel punto anche il viso dell'uomo si bagnò di lacrime salate, il ragazzino invece mi si avvicinò.
<<Sei tu, Keyra>>
Io ero Keyra? E perché quel nome non mi diceva niente? Cosa mi stava succedendo?
Lanciai uno sguardo alle pareti bianche e spoglie che ci circondavano, io ero stesa un un lettino di ospedale e arrivai, a quel punto, ad una conclusione: ero in una stanza di ospedale.
<<Sono appena arrivata, scusatemi per l'attesa>>
Una donna con i capelli rossi e corti che indossava un camice bianco entrò in stanza con un enorme fascicolo tra le mani. Il suo sguardo subito arrivò su di me.
<<Keyra, io sono la dottoressa Lilya>>
Si avvicinò al mio letto e mi guardò dolcemente, quasi provasse pietà e dispiacere.
<<Hai avuto una commozione celebrale e hai perso la memoria in seguito ad un incidente. Sei stata in coma per tre mesi>>
Un incidente? Quando? Ero intera? E poi, in coma?
<<Loro sono tuo fratello e i tuoi genitori>>
La sua mano minuta indicò i due signori ed il ragazzino presenti in stanza. La mia famiglia.
<<E tu fortunatamente sei riuscita a sopravvivere, per miracolo possiamo dire>>
Un miracolo, era così grave quell'incidente? Con chi ero? Guidavo? Quanti anni avevo?
<<Di fortuna però ne avrai davvero molta siccome il tuo bambino è sopravvissuto>>
Bambino? Ero un adulta allora, avevo un figlio. Ma era già nato?
Di istinto, però,  mi portai la mano alla pancia. Nella mia mente arrivò un messaggio ben preciso, un ricordo in mezzo a quel nulla più assoluto: ero incinta. E avevo voglia di cioccolata. Ero incinta e avevo voglia di cioccolata.
<<Ora, puoi chiedermi qualsiasi cosa e passeremo poi alle visite>>
Mi incitò, quindi, a parlare e una cosa da chiederle mi venne spontanea.
<<Posso avere della cioccolata?>>

Poche ore dopo capii delle cose sul conto della persona che ero: mi chiamavo Keyra Wilsion, avevo sedici anni, avevo un fratello, vivevo con i miei genitori, avevo un cane, frequentavo la scuola, volevo diventare un avvocato ed ero incinta ma i miei volevano che io abbortissi. Non potevo sapere altro, la dottoressa così diceva "Non possiamo raccontarle tutto, deve ricordare man mano o avrà un trauma". Che cosa stupida, io non conoscevo me stessa e lei non voleva dirmi nulla. Però spiegò che i miei unici ricordi sono dovuti a cose che mi hanno segnato e, per il momento, erano solamente la cioccolata e la creatura che portavo in grembo. Scoprii di essere di quattro mesi e la mia pancia era abbastanza evidente, chissà se la me di prima avrebbe voluto abortire o lo avrebbe tenuto, ma io sapevo una cosa in modo molto chiaro: non avrei abortito. Il bambino era l'unica cosa che ricordavo e di perdere anche quello non mi andava. Mi fecero anche specchiare e devo dire che svegliarmi in quel corpo non mi dispiaceva affatto: avevo la pelle olivastra come mio padre, che andavano in contrasto con i miei occhi verdi. Avevo poi una folta e lunga chioma castana, erano capelli davvero morbidi. Mia madre diceva che me li aveva lavati, per quanto aveva potuto, per tutti i tre mesi.
<<Quindi Jackson>>
<<Il mio nome non è Jackson ma Jordan>>
Mi portai un dito al mento per pensarci bene, ero così sicura che si chiamasse Jackson.
<<Bene, Jordan. Quando potrò tornare a casa?>>
Volevo vedere dove abitavo, come erano le mie cose, che tipi di vestiti mi piacevano, se mi truccavo molto oppure per niente, se amavo le docce calde o fredde. Volevo vedere anche il cane di cui mi parlavano: un cucciolo di labrador. L'avevano preso al mio compleanno, una settimana prima dell'incidente. Volevo sapere se, guardando la casa, avrei ricordato del perché amavo la cioccolata. 
<<Domani, oggi inizi  con la riabilitazione dei muscoli>>
Non camminavo da mesi ormai e i miei muscoli dovevano essere riabilitati. Il primo tentativo di riabilitazione sarebbe stato quel giorno ma già me lo avevano detto: almeno una settimana in sedia a rotelle. La mia gamba destra, dopo l'incidente, era rotta ma durante il coma era guarita il primo mese. La sinistra invece non aveva avuto ripercussioni.
<<Keyra, ci hai pensato?>>
I miei genitori entrarono in camera, erano usciti per prendere un caffè e mi avevano chiesto di pensare bene se tenere o meno il bambino.
<<Si, lo terrò>>
La loro faccia si sfiacchì in pochi secondi, ci avevano provato per ben un oretta a persuadermi dalla scelta perché per loro avevo un futuro grandioso ma che un bambino mi avrebbe impedito.
<<Keyra, pronta per la
riabilitazione?>>
Entrò in stanza una donna che non avevo ancora conosciuto, aveva una chioma rossiccia e castana che creava quasi i colori dell'autunno. I suoi occhi erano castani e avevano un taglio classico degli occhi a sirena. Le sue labbra erano sottili e rosee e  aveva un corpo snello e alto, quasi da modella. Io annuii solamente e mio padre si occupò di mettermi a sedere sulla sedia a rotelle.
<<Bene, voi aspettate qui. Tra un ora Keyra finisce e ve la porto>>
I miei annuirono semplicemente e la dottoressa mi portò via da quella stanza triste. Altrettanto tristi, però, erano i corridoi: a migliaia tutti bianchi e pieni di persone malate.
<<Quindi i tuoi genitori vogliono che tu abortisca>>
Non capii se la dottoressa mi stesse facendo una domanda o meno, ma la cosa mi confuse: mi conosceva già?
<<Sedici anni con un bambino sono difficili ma sarà la cosa più bella della tua vita>>
A quelle parole mi portai la mano sulla pancia, la cosa più bella della tua vita. Io non sapevo neanche le altre, figuriamoci poter creare una classifica.
<<Come ti chiami?>>
Non la vidi in viso, ma capii che la mia domanda la mise in difficolta tramite la brusca frenata ceh fece. Manco fossimo in una macchina.
<<Mi chiamo Jiulia>>
Jiulia, era un nome davvero carino. Chissà il perché,  ma avevo il presentimento di averlo già sentito. Magari la vecchia Keyra aveva un amica di nome Jiulia. Ma la vecchia Keyra aveva amiche? In poche ore nessuno mi era venuto a trovare, probabilmente la vecchia Keyra non era molto amata. Che aveva fatto di male?
<<Eccoci arrivati>>
Eravamo arrivati in un'enorme stanza dalle pareti arancioni coperte di quadri carini e divertenti, il pavimento era bianco e coperto di attrezzi per la riabilitazione. Ma Jiulia non si fermò lì, attraversò la stanza e arrivammo dall'altra parte davanti ad una grande porta blu. Quando entrammo, vidi delle enormi vasche e tante altre persone in acqua. Le pareti in questo caso erano blu, costellate da tanti disegni di stelle marine e conchiglie.
<<La prima riabilitazione la farai in acqua, aiutata da un istruttore>>
Jiulia mi portò a cambiare e mi fece indossare un costume ad un pezzo. Keyra era davvero carina, lo specchio lo dimostrava. Il suo fisico era da mozza fiato, chissà se si piaceva.
Mi portò poi vicino ad una piscina e l'acqua emetteva un forte odore di cloro, a dir poco nauseante.
<<Aspetta qui, ora verrà il tuo riabilitatore>>
Io annuii solamente e lei andò via, ero troppo concentrata a guardare i bambini che nuotavano. Erano davvero teneri, dai loro occhi si percepiva la voglia di tornare a star bene.
<<Ciao>>
Sentii una voce alle mie spalle e mi girai. Un alto ragazzo dai capelli rossi e corti era davanti a me, i suoi occhi castani luccicavano e mi fissavano dall'alto. Le sue braccia muscolose erano messe in mostra dalla T-shirt della divisa e le sue labbra piccole e sottili ammiccavano un sorriso a dir poco mozzafiato.
<<Ciao>>
Era l'unica cosa che mi uscì da bocca, il mio cuore iniziò a battere alla follia.  Avevo già visto quel ragazzo, chi era?
<<Io sono Noah, sono uno stagista>>
Mi porse la mano e mostrò la sua dentatura perfetta. I suoi denti brillavano più del mio futuro in quel momento.
<<Io sono Keyra>>
Gli strinsi la mano enorme, aveva proprio una bella mano. La mia, al confronto, era davvero piccola.
<<Hai davvero un bel nome, ammaliante>>
Alle sue parole, le mie guance arrossirono e il mio istinto iniziò ad urlare solo una cosa "già lo conosci".
<<Per caso già ci conosciamo?>>
Le mie parole uscirono dirette, sincere. A quanto pare Keyra non sapeva star zitta.
<<No, non credo>>
Il suo sussurro però sembrava forzato, che tipo strano. E carino.
<<Nel mentre che il dottore arriva, che ne dici di raccontarmi un po' di te, Keyra?>>
Afferrò una sedia poco distante da noi e si sedette difronte a me, potevo vederlo meglio. La luce mise in risalto la sua mascella ovale e una collana argentata gli pendeva al collo. Il pendente aveva la forma di un sole e sopra c'era scritto qualcosa, ma non riuscii a leggere cosa.
<<In realtà non so molto di me>>
Lui mi osservò,  quasi incantato dalla mia voce. Il suo sguardo esprimeva quasi felicità nel sentirmi parlare.
<<Però so che mi chiamo Keyra Wilsion, ho sedici anni, mi piace il cioccolato e sono incinta>>
Elencai quelle poche cose che sapevo di me stessa contandole con le dita sulle mani, quasi fossero troppe da ricordare.
<<Incinta? E chi è il padre?>>
Lui mi guardò incuriosito, anche il tono delle sue parole lo erano. Bella domanda, Noah. Chi era il padre?
<<Non so chi sia il padre, ho perso la memoria in seguito ad un incidente>>
Mi osservai le mani poggiate sulle gambe, quasi provassi vergogna nonostante non sapessi il perché dell'incidente.
<<Eccomi, scusate il ritardo. Possiamo iniziare>>
Arrivò il dottore e io iniziai la mia riabilitazione.

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