The good choice

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Era sera tardi, ero andata in giardino a studiare dopo essere sgattaiolata fuori per uscire con le mie amiche e andare ad una festa. Mi ero organizzata un ottimo piano di studi per quella notte con delle enormi tazze di caffè, una maschera viso e varie creme da applicare sulla pelle. Era settembre e stare nel giardino sul retro era rilassante, le creme erano fresche, il caffè era buono e il piano di studi era impeccabile. Perché a scuola potevo anche essere reputata una stronza e bastarda ricca figlia di papà, ma due cose non mi potevano mai mancare:
1) i voti alti a scuola;
2) la bellezza del riposo.
Che poi in realtà io dormivo ben poco da quel venti giugno. Arsen non mi dava mai motivi per dormire, uscivo sempre di nascosto e mi portava in svariati posti di notte perché lui diceva che la notte rendeva ogni posto più bello e romantico. E a me andava bene, una fuga romantica ogni notte era ciò che più potevo ammirare dei libri, e Arsen me lo concedeva sempre. A me bastava ammirare lui al chiaro di luna, i suoi occhi che splendevano, la pelle abbronzata che emanava calore e i ricciolini sulla fronte che lo rendevano ancora più bello. Era un quadro, a detta mia. Un quadro dipinto con l'amore più puro, quello vero. Perché lui ritraeva solo quel tipo di amore. Ma quella sera di fine settembre la dovevo dedicare allo studio, dovevo essere sempre preparata e i miei voti non dovevano mai calare, soprattutto per i miei genitori. Personalmente ritenevo che una donna, in una società attuale, deve avere il quoziente intellettivo più alto di un uomo. Io dovevo sempre poter parlare di qualsiasi argomento. Nessuno poteva mettermi a tacere su qualcosa, io dovevo essere informata su ogni minima cosa. Così iniziai a dedicarmi allo studio, tra una pagina di storia, un caffè, una maschera, una crema e qualche gomma da masticare. Però sentii un rumore improvviso, provenire dalle mie spalle. Era la porta della vetrata che dava sul giardino che si era aperta, era mio padre.
<<Keyra, stai studiando?>>
Mi voltai verso di lui, con un libro tra le mani e la maschera sul viso. Il suo sguardo cadde sul tavolino da giardino coperto delle mie cose, oggetti sparsi ovunque che coprivano ogni minimo spazio. Giurai a me stessa che non me ne resi conto prima della quantità di roba che avevo portato con me.
<<Ehm, si. Oggi non ho avuto tempo>>
E lui si sedette al mio fianco, mentre io osservavo i suoi movimenti.
<<Cos'hai dovuto fare?>>
"Ho scopato con Arsen", "Sono stata con Arsen, in un letto", "Ero a casa di Arsen, il mio ragazzo", "Ho fatto...cose con Arsen". Nessuno tra questi mi sembrava la risposta migliore, diciamo che era meglio tenerle per me.
<<Sono stata al mare>>
Lo vidi osservarmi con uno sguardo serio, talmente serio come il suo pigiama di seta nero. Quasi scurivano il castano dei suoi occhi e del leggerissimo velo di barba che gli copriva il mento e le guance.
<<Con chi?>>
Cos'era? Un interrogatorio? Da quando mio padre mi chiedeva queste cose? Era sempre il solito padre che tornava la sera e chiedeva della scuola, dei voti e dei professori che, inoltre, conosceva uno ad uno come se fossero amici suoi. Capitò anche che inviasse a mangiare uno di loro, come se fosse tutto normale.
<<Con Aisha>>
<<Keyra, non devi passare le tue giornate a non fare un cazzo su uno yatch>>
Come sapeva che avevo passato il pomeriggio su uno yatch? In quel momento iniziai a pregare che non sapesse che dopo lo yatch andai con Arsen a casa sua. E che non sapesse che sullo yatch c'erano anche Arsen e Noah insieme a me e Aisha.
<<Devi studiare duramente, pensi che ti faccia bene non riposare? Che tu veramente possa apprendere tutto ciò che stai leggendo ora?>>
Si alzò furioso, erano le due e i miei caffè già mi rendevano nervosa. Ci mancava solo lui ad urlare.
<<Si?>>
Osai rispondere in quel modo ma me ne pentii presto, molto presto. O forse no.
<<Assolutamente no! E poi come farai con i voti? Giuro che se mi porti mezzo voto in meno io non ti darò neanche più mezzo soldo! È l'unica cosa a cui devi pensare, è la tua priorità. Prima lo studio e poi tutto il resto!>>
Dopo avermi rimproverata per bene, si avvicinò all'entrata sul salone e si voltò.
<<Adesso studia, altrimenti domani sei finita>>
E così entrò, lasciandomi sola in giardino tra le mie maschere, il mio caffè e i numerosi libri. Così sospirai e pensai "Che tipo strano". Di seguito tornai a studiare, stando attenta ad ogni minima parola e avevo già bevuto sei caffè in un ora. Era una benedizione il fatto che non mi fosse ancora venuta una tachicardia.
<<Cosa fai?>>
Sobbalzai, trattenendo il respiro per non emettere un urlo. Era Arsen, all'impiedi davanti ai miei occhi e mi tornò una scena delle ore passate nel suo letto quello stesso pomeriggio che mi fece fare un ghigno.
<<So a cosa pensi, fai sempre quella faccia quando pensi a quella cosa>>
La sua frase mi fece arrossire, ma lo abbracciai alla vita e appoggiai il mento sul lato basso della pancia, infondo arrivavo da seduta. Puntai i miei occhi nei suoi, ammalianti come sempre.
<<Come sei entrato qui?>>
Lui mi toccò lentamente la cute con i suoi polpastrelli, che scivolarono poi su tutta la lunghezza dei miei capelli. Sfiorarono poi la mia fronte, passarono al contorno viso e sulla mascella dove si soffermò a sfiorare maggiormente. A quel contatto io chiusi gli occhi, beandomi a quel gesto così futile ma talmente rilevante per me.
<<Ho scavalcato il recinto>>
Lo ammise divertito, talmente tanto che una risata uscì dalla sua bocca e anche la mia abbandonò il mio corpo. La sua risata era una melodia unica e bella, dolce e amorevole.
<<Penso tu debba andare via, però>>
<<Perché dovrei?>>
Passò il polpastrello sul mio labbro inferiore, sfiorando con delicatezza pura. Notai il piccolo sorriso a fior di labbra, amavo persino quello di lui. Il suo flebile, leggero, nascosto sorriso. E se fino a quel momento il caffè mi aveva risparmiato, in quel preciso istante sentii la tachicardia venirmi a mille, sparata contro un solo obbiettivo: farmi uscire il cuore dal petto. Era così che lo sentivo, il mio cuore. In completa agitazione.
<<Perché devo studiare e se mio padre ci scopre saranno guai>>
Si avvicinò a me, il suo respiro sapeva di anguria. Lo potevo sentire a metri di distanza, era il suo solito odore d'alito. E per quanto insolito, mi piaceva. Arsen mi dava il sapore d'estate anche durante l'inverno, Arsen era la mia estate, il mio mare in quiete. L'unica sponda che avrei sempre raggiunto, in ogni caso. Come i marinai che tornano al porto da dove sono partiti dopo anni di navigazione. Io sarei sempre tornata da Arsen, per sempre.
<<Quanto odio tuo padre, lo prenderei a schiaffi>>
E mi baciò, forse non era la cosa più dolce da dire prima di un bacio sotto il chiari di luna e la luce delle stelle, circondati dal colore dei fiori e dal verde delle piantine e dell'erba.
<<Dichiarazione davvero poetica, signore della distruzione>>
Lo prendevo in giro con quel nomignolo perché la madre ammirava la mitologia greca e Arsen è la variazione del nome di "Ares", che significa distruzione. E Arsen pensava di essere quella distruzione, di distruggere qualsiasi rapporto. Ma per me non era così, il suo nome lo rendeva solo più affascinante.
<<Sai che amo le cose romantiche>>
E mi baciò dinuovo, con leggerezza. Come se avesse paura di rompermi, distruggermi.
<<Che sta succedendo qui?>>

Lost memoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora