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Era estate, una calda giornata e avevo sei anni. Jordan invece ne aveva nove. Eravamo in guardino, aveva piovuto la sera prima e c'erano pozzanghere ovunque.
<<Che ne dici di saltarci dentro?>>
La vocina di Jordan proponeva un'attività molto divertente, sarebbe stato davvero bello.
<<Ma mamma e papà ci urleranno>>
Provai a mettergli le conseguenza davanti agli occhi, lui era il più grande e avrebbe fatto la decisione migliore. Io mi fidavo di lui.
<<Non lo faranno, vieni>>
Mi afferrò la mano e saltò nella prima pozzanghera e vidi il suo bianco completo elegante macchiarsi e le scarpe rovinarsi. Dovevamo fare una foto di famiglia da appendere in salotto, sul camino. E dovevamo essere vestiti di un bianco candido che richiamava i colori della casa.
<<Jordan il tuo completo si è sporcato!>>
Provai a farglielo notare, anche se lui già lo sapeva. Scrollò le spalle e mi guardò sorridendo.
<<Dai, vieni anche tu. Dobbiamo fare tutto insieme!>>
E così mi tirò a se, facendoci cadere entrambi nella pozzanghera di acqua sporca. Anche il mio vestito bianco si macchiò, ormai era marrone e coperto dal fango.
<<Jordan mamma e papà si arrabbieranno tanto>>
<<Non fa nulla, Keyra. Noi siamo più forti se insieme>>
E mi abbracciò, sporcano anche i miei capelli di fango.
<<Che state combinando voi due li fuori!>>
La voce di mia madre risuonò nel giardino e io balzai subito in piedi. Mentre Jordan se ne stava tranquillo. Ma per lui non era un problema, era il preferito della mamma. Ogni cosa che lui facesse andava bene, anche se significava rovinare un vestito di cinquecento dollari. Ma per me non era così, io non ero la preferita di mia madre. Ma neanche di mio padre, figuriamoci. Se io osavo fare cose poco femminili, come lanciarsi in una pozzanghera, erano guai.
<<Venite qui>>
Il suo urlo sembrò un tuono in cielo sereno e corsi dentro, seguita da Jordan che camminava piano, fin troppo piano. Era paragonabile ad una lumaca.
<<Cosa vi è saltato in mente?>>
Iniziò a squadrarci, osservava attentamente ogni millimetro dei nostri corpi esili e piccini.
<<Il fotografo sarà qui a momenti>>
Mio padre entrò in salotto, informandoci del fotografo. Ma non appena ci vide si fece rosso in viso, come un peperone.
<<Di chi è la colpa?>>
Nessuno dei due osava fiatare, eravamo con i capi chini verso il pavimento.
<<Dovete rispondere>>
Feci un tespiro, "dobbiamo fare tutto insieme" pensai.
<<Avete sentito vostro padre?>>
Quella frase mi fece rabbrividire e il pensiero che non avessi alzato la mano insieme a Jordan mi torturava. Quindi, sicura che anche Jordan avesse fatto il mio stesso ragionamento, alzai la mano timorosa. Ma confortata che Jordan sarebbe stato con me.
<<Keyra, come hai potuto farlo?>>
Mi rimproverò come se avessi ucciso qualcuno, ma io non capivo. Perché solo io? Perché non anche Jordan? Così mi voltai verso Jordan e mi accorsi che la mano lui non l'aveva alzata, era semplicemente a capo chino, con gli occhi bassi e il respiro corto. Ma in quel momento il respiro iniziò a mancare anche a me.
<<Io...>>
Fu l'unica sillaba che mi usci dalla bocca, non riuscivo a pronunciare altro.
<<Tesoro chiama il fotografo e rimanda l'appuntamento ad un altro giorno>>
Mio padre si riferiva a mia madre, ma la sua voce autoritaria mi metteva i brividi. Mi piaceva molto di più quando si riferiva a me con parole calme.
<<Tu invece vieni con me>>
E mi afferrò per il braccio, portandomi nella mia stanza. Ma le mie urla iniziarono a farsi sentire.
<<Jordan, Jordan. Dovevamo fare tutto insieme>>
Ma lui non faceva nulla, potevo vederlo fermo in salotto e mia madre che mi fissava al suo fianco.
<<Jordan, ci stanno dividendo>>
E lui era li, sentiva le mie continue urla senza farsi toccare minimamente da esse.
<<Jordan, me lo avevi promesso. Jordan, avevi detto che avremmo sempre fatto tutto insieme>>
Il nulla più assoluto venne fatto da lui, mentre mio padre mi portò in camera e l'ultimo mio urlo fu "Jordan, ci stanno dividendo. È colpa tua, dillo!".
Il mio pomeriggio passò in una stanza, dopo aver preso qualche schiaffo e qualche urla da mio padre. Rimasi chiusa in quella stanza da sola anche durante la sera, sul mio letto con le gambe al petto e le braccia a circondarle. Mi ripetevo solo "Jordan potevi dirlo", "È stata colpa tua", "Me lo avevi promesso". E da quel giorno non giocai più nelle pozzanghere, e il bianco cercai di tenerlo alla larga dallo sporco.

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