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<<Non sarà male, fidati di me>>
Stavo percorrendo, insieme a mia madre, il corridoio della grande scuola a cui la vecchia Keyra era iscritta: scuola privata, divise, armadietti, trofei, blu e grigio ovunque, tante persone ricche. E Keyra ne faceva parte. Ma la cosa peggiore erano le divise: gonna e giacca grigia con una camicia blu, che richiamava il colore delle scarpe e del logo della scuola.
<<Ti piaceva davvero tanto venirci prima, eri tanto amata>>
Mia madre ne parlò con un sorriso, lontano e nostalgico. Chissà cosa stava provando, cosa pensava e cosa invece sperava. Poi, però il suo volto venne coperto da un amarezza che non riuscì a scomparire.
<<Perché "eri"?>>
Ci fermammo davanti una grande porta grigia e mia madre mi guardò per poi sospirare, quasi non riuscisse a deglutire un grosso groppo in gola.
<<Sono successe delle cose ma, come sai, non possiamo dirtele>>
Mi sorrise in modo aspro e poi bussò alla porta, impedendomi di porre altre domande.
Un "avanti" fu pronunciato da una voce femminile dall'altra parte della porta e allora entrammo. L'ufficio della preside era abbastanza grande e luminoso, grazie al grigio chiaro delle pareti. Numerosi premi e tante licenze costellavano il muro alle spalle della donna bruna seduta dall'altro lato della scrivania di legno chiaro.
<<Sedetevi>>
Ci incitò con un sorriso e noi facemmo come lei disse. Le sedie erano davvero comode ma non servirono a calmare I miei nervi, ero ansiosa da quella stessa mattina: era come fare nuovamente amicizia con tutti e io non sapevo neanche come fare data la mia scarsa esperienza. Era come se fossi nata da un mese e le mie esperienze passate erano nulle.
<<Bene, Keyra. Io sono la preside della scuola ed è un piacere ri-conoscerti>>
Mi rivolse dinuovo un sorriso che, per educazione, ricambiai.
<<Tu sei sempre stata la nostra miglior studente e nella nostra scuola si è sentita tanto la tua mancanza. I professori sono davvero contenti di rivederti>>
Iniziai ad appuntare le cose che mi diceva in mente, magari mi avrebbe dato qualche nuova informazione.
Miglior studente.
Sono mancata.
Professori contenti.
Lei era la preside.
<<Siccome non ricordi molto, avrai un aiuto per qualsiasi cosa e il programma di quest'ultimo anno, il tuo anno di frequentazione qui, è stato racchiuso in un fascicolo che spiega le cose in concetti molto semplici>>
Un solo anno di frequentazione.
Una cosa non mi tornava, di regola avrei dovuto frequentare quella scuola da due anni.
<<Scusi, perché un solo anno?>>
La mia domanda fece pietrificato mia madre ma la preside, non so se lo fece in modo volontario, ingnorò mia madre e mi guardò attentare.
<<Prima eri studente dell'altra sede della scuola>>
Mi era stata cambiata sede scolastica.
<<Si ma non siamo qui per parlare di questo giusto?>>
Mia madre chiuse quel discorso e la preside fece una finta tosse, non voleva che lo sapessi?
<<Si, giusto. Siccome hai una gravidanza in corso, avrai interrogazioni e verifiche programmate, anche se non c'è ne saranno molti siccome mancano solo poche settimane alla fine della scuola. Per malori come nausea, hai permesso di più uscite in una giornata. Per quanto riguarda i voti, siccome ormai siamo a Giugno, verranno confermati quelli passati>>
Annuii solamente e, una volta spiegato il programma scolastico di quell'anno, una ragazza della mia stessa statura con una chioma rossa si presentò in ufficio.
<<Alla buon ora, signorina Puifer. Doveva essere qui da un po'>>
La preside la rimproverò e poi la fece avanzare nell'ufficio.
<<Keyra, lei è Puifer, Mia figlia. Ti accompagnerà a vedere la scuola e, siccome frequentate le stesse lezioni, poi ti porterà in classe>>
Mi alzai e salutai mia madre per poi ringraziare la preside, quindi iniziai a seguire la ragazza rossa per tutta la scuola.
<<Piacere io sono Keyra>>
Provai a spezzare quel silenzio che divenne anche un po' imbarazzante.
<<So chi sei>>
Lei sapeva chi fossi.
Un altro punto alla mia lista fu aggiunto ma io la guardai.
<<Io sono Milea>>
Nella mia mente apparve una bambina con i capelli corti e rossi che beveva una limonata.
<<Ci conosciamo già?>>
La mia domanda fece in modo che lei si voltasse verso di me, con un piccolo ghigno sul viso.
<<Ci conosciamo da una vita, Keyra>>
Pronunciò il mio nome, o forse tutta la frase, in modo dispregiativo.
<<Oh, ed eravamo amiche?>>
La mia curiosità quasi la infastidiva, come se non volesse neanche parlarmi.
<<Diciamo che ti odiavo>>
Quell'affermazione mi fece mordere l'interno guancia.
Milea mi odia.
Ero ormai all'ottavo punto e probabilmente questo era il peggiore.
<<Come mai?>>
Dalla sua bocca uscì una risata come se la risposta fosse ovvia, per lei lo era ma per me no. Poi si sarà ricordata che io non sapevo nulla sulla vecchia Keyra e si fece seria.
<<Diciamo che sei sempre stata una figlia di puttana>>
Rimasi di stucco a quelle sue parole, che intendeva? Cosa mi rendeva una figlia di puttana? Non potevo neanche contrabbattere, non sapevo da dove partivano le sue accuse.
Tornò a camminare e mi portò al mio armadietto, uno come gli altri, di metallo blu. Senza un apparente motivo inserii il codice da quattro cifre: 2007. Mi ricordavo quei quattro numeri, ma non il motivo. Forse era il mio anno di nascita? Infondo, ero di luglio duemilasette. Appena aprii l'armadietto potei vedere i libri scolastici, delle foto e delle scritte. Le foto ritraevano me e il mio cane, oppure me con la mia famiglia ma una risaltò ai miei occhi: io ed una ragazza riccia al mare. La ragazza era mulatta e i ricci scuri le ricadevano sulla fronte e dietro la schiena, il giallo del suo costume le faceva risaltare la carnagione e le labbra carnose e rosee erano a forma di bacio. Dietro, come sfondo, c'era un tramonto arancione e rosa che ritraeva il sole che calava sulle onde. Aisha.
<<Che fine ha fatto Aisha?>>
Il mio fu un sussurro, i miei polpastrelli sfiorarono la foto e i ricordi di quella giornata affiorarono nella mia mente. Era una calda giornata di Giugno e io, Aisha, mio fratello e suo cugino Michael decidemmo di andare al mare vicino casa siccome nel tardo pomeriggio c'era una festa. Passammo lì tutto il pomeriggio e tutta la serata, era il venti giugno.
Venti giugno.
Codice del lucchetto.
Aisha.
Michael.
Aisha e Michael erano miei amici da quando eravamo nati; Michael aveva la stessa età di mio fratello Jordan, quindi quell'anno avrebbero compiuto diciotto anni. Io e Aisha avremmo avuto diciasette anni. Ci conoscevamo perché mio padre, la mamma di Aisha e il padre di Michael erano amici all'università e non si erano mai persi di vista.
<<È partita per il Brasile cinque mesi fa>>
Le parole di Milea mi aprirono un altro ricordo: Aisha e Michael erano partiti per il Brasile. Dovevano andarci perché la loro nonna non era in ottima forma e avrebbero continuato gli studi lì. Doveva tornare
a Giugno. Doveva tornare adesso.
<<Quando torna?>>
Presi la foto tra le mani, staccandosi dell'armadietto. La mia amata Aisha, mi era mancata inconsapevolmente. Avevo proprio bisogno di lei in questo casino.
<<Vuoi sapere fin troppo da me. È la tua amica, non la mia>>
Sbuffai, era così presuntuosa. Milea mi fece cenno di seguirla e dopo avermi fatto un breve giro della scuola mi portò in classe.
<<Buongiorno, ragazze. Ben tornata, Keyra>>
Il professore di italiano mi strinse la mano e, ahimè, non ricordavo neanche il cognome. La materia che insegnava l'avevo letta dall'insegna fuori l'aula. "Aula di italiano", ottimo modo per ricordarlo.
<<Siediti pure dove vuoi e se hai domande, basta alzare la mano>>
Il professor Bernet.
Non aver mai paura di alzare la mano, Keyra. È umano volere chiarimenti, tu sei umana. Non dimenticarlo mai.
Erano queste le parole che il professor Bernet mi fece il primo mese nella nuova scuola.
<<Va bene, professor Bernet>>
Mi sedetti e, non appena iniziò a parlare, mi resi conto che degli argomenti scolastici avevo dimenticato ben poco. Mi serviva solo una ripassatina e tutto sarebbe tornato chiaro. Tutto tranne la mia vita, la vecchia Keyra.

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