Oh no

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Quando tornai a casa e raccontai ai miei genitori della notizia che la preside ci aveva comunicato quella giornata, la loro faccia non era delle migliori. In realtà neanche la loro reazione era una delle migliori. Si innervosirono talmente tanto che credevo di aver invitato la scuola a dormire da noi e che gli avessero distrutto la casa. Mio fratello invece osservò tutto in silenzio e rimase al piano di sotto anche quando io salii per studiare in chiamata con Aisha. La mattina dopo andai a scuola da sola, fare dei passi a piedi non mi faceva di certo male. Quando arrivai a scuola però trovai già delle persone dai volti poco conosciuti fuori ai cancelli, dovevano essere i nuovi alunni. Chissà se porteranno allegria in questa scuola del cazzo.  Così entrai a scuola, pronta ad una nuova giornata fatta di lezioni noiose e uscite per andare in bagno a fare la pipi.
<<Ciao, Keyra>>
Oh no, oh no, oh no.
<<Ciao, Luane>>
Mi voltai verso di lei, i suoi capelli castani erano raccolti in una coda alta e le sue labbra erano incurante in un sorriso.
<<Sei emozionata per oggi?>>
Mi seguiva mentre camminavo per raggiungere l'aula di spagnolo, pronta a subire la vecchia professoressa, che a stento muoveva le gambe, scrivere sulla lavagna provocando un rumore assurdo.
<<Io lo sono tantissimo, credimi! Amo i nuovi arrivati>>
A quelle parole pronunciai solamente "mh", quell'aula di spagnolo sembrava più lontana del solito. Dove era finita?
<<Senti, Luane. Non abbiamo la stessa classe di spagnolo,  perché mi segui?>>
Mi fermai proprio fuori l'aula, pronta a vederla girare i tacchi e andare via. Non la odiavo, ma do prima mattina era poco piacevole sentire la gente parlare. Aisha sosteneva che ci avrei fatto l'abitudine con il bambino una volta nato. E io invece pensavo solo a quanto distrutta ne sarei arrivata la mattina dopo una notte di pianti e cartoni. O almeno, le cose erano queste se sarebbero andate per il meglio. Non saprei come avrei fatto con un bambino, non sapevo nemmeno se mia madre mi avrebbe aiutata. Se avevo intenzione di cavarmela da sola, se avrei avuto bisogno di aiuto. Ma una cosa che ben sapevo, con precisione, era che volevo sapere del padre. Negli articoli dell'incidente non c'era il nome della persona che era con me, c'era solo scritto "il ragazzo". Ma che ragazzo? 'Sto ragazzo il nome non l'aveva? Dovevo indagare più a fondo. Dovevo scoprirlo, il bambino poteva nascere anche all'ottavo mese e io l'avrei rimasto senza padre? Assolutamente no. E poi volevo sapere, morivo dalla voglia di sapere.
<<Non l'avevamo,  ma ieri sono passata in segreteria a cambiare i miei corsi e a farli combaciare con i tuoi>>
Le ultime parole che avrei voluto mai sentire uscire dalla bocca di Luane. E in quel momento pensai fosse pazza, una tipa fuori di testa.
<<Cari studenti, è la segreteria che vi parla. Siete pregati di raggiungere tutti l'entrata per accogliere i nuovi alunni>>
Questa voce provenì dai megafoni della scuola. La trovavo una cosa stupida quella di trasferire i ragazzi nella nostra sede, era ormai il sedici giugno. E la scuola sarebbe finita il diciannove giugno ed era totalmente inutile starsene ad accogliere qualcuno per pochi giorni. Ma nonostante tutto, io e Luane raggiungemmo l'entrata andando da Jordan, Micael e Aisha.
<<Buongiorno, hai fatto tardi stamattina?>>
La voce della mia amica riccia mi fece sospirare, volevo solo che le mie orecchie non assumessero rumori per le due ore successive.
<<Si, Jordan non mi ha svegliato>>
<<Non è vero, ci ho provato ma hai detto parole ben precise>>
Lo guardai, non ricordavo di avergli detto qualcosa. Così, mentre i nostri amici lo guardavano, lui decise di rivelare le parole.
<<"Vaffanculo, Jordan. Lasciami dormire">>
Oh si, le ricordavo quelle parole. Erano perfette alla situazione.
<<Bhe, tu hai provato a svegliarmi urlando>>
Accompagnai la mia frase alzando le spalle e lui sbuffò. Però, mentre i miei amici e quello stupido di mio fratello parlavano di qualche argomento insensato mostrato da Luane, a me venne lo stimolo di andare al  bagno. Ah, le donne incinte. Questo stimolo odioso.
<<Vado al bagno>>
Ma quando provai a muovere i piedi,  Aisha mi bloccò afferrandomi per la spalla.
<<Non puoi, stanno entrando>>
<<Ma devo fare pipi>>
<<La preside ci vuole tutti qui, non ci vorrà nulla>>
<<Ma devo andare al bagno>>
<<Credimi, sono solo cinque secondi>>
<<Si, e io sono incinta quindi vado al bagno>>
Me ne andai, come già detto in precedenza, forse già troppe volte, al bagno. Pensai di metterci davvero pochi secondi, ma quando uscii dal bagno delle ragazze i corridoi erano pieni di facce nuove. Era davvero tanta gente. Da fuori non rendeva. Sembravano molti in meno. Chissà perché, forse qualche effetto ottico. Magari un giochetto psicologico della nostra testa. Gli effetti ottici e i giochi psicologici mi hanno sempre incuriosita. Riescono a sorprendere sempre chiunque, non hanno regole precise.
<<Sta più attento>>
Furono le mie prime parole quando un ragazzo, che stava camminando all'indietro per parlare con i suoi stupidi amici, mi stava per finire addosso. Ma quando si girò una lampadina si accese in me, in modo fulmineo.
<<Bruz Mighton?>>
Il ragazzone dai capelli tinti di viola, si girò subito. Quasi la mia voce lo avesse pietrificato e costretto nel movimento. I suoi occhi neri mi osservatono da cima a fondo, soffermandosi sulla mia pancia. Un pò mi sentivo a disagio. Era così quando la gente ti fissava la pancia. Magari per qualcuno è bello. Certo,  se hai trent'anni. Ma per una ragazza di sedici che va a scuola lo è un po meno. Ma la cosa che mi riparata da quel disagio era il pensiero di star creando mio figlio,  la cosa più importante che avrò nella vita.
<<Keyra Wilsion>>
Dietro di lui potei riconoscere Noah, con i capelli rossi che erano leggermente cresciuti da quando lo vidi l'ultima volta. Ma quanto crescono in fretta i capelli dei maschi? E al suo fianco altri due ragazzi, il primo era Pet Quist. Un ragazzo dai capelli castani quasi rasati del tutto e due occhi color ghiaccio che ti fulminavano sul posto. Facendoti restare dove eri. E poi arrivava il secondo ragazzo, quello con gli occhi dal verde vivo, che quasi ardeva per il forte colore che emanava. E dai capelli neri, scuri quanto la notte in mezzo ad un bosco.
<<Oh no, non anche tu>>
Furono le prime parole che invece mi vennero da dire alla vista di quel ragazzo. Lui invece sorrise alla mia esclamazione, che coglione.
<<Ciao, Rapunzel>>
<<Chiamami dinuovo così e ti infilo una penna su per il->>
<<È un piacere rivederti, Keyra>>
Noah mi si avvicinò e mi abbracciò, dopo aver interrotto la mia frase con la sua. Forse voleva censurare il continuo.
<<Anche per me>>
Non appena mi lasciò andare dalla sua stretta, mi girai verso Bruz e Pet. Come mai mi ricordavo di loro?
<<Io mi ricordo di voi>>
Li indicai, quasi accusandoli.
<<Sul serio?>>
Bruz incrociò le braccia al petto e mi guardò con un mezzo sorriso. Da quel che ricordavo era un tipo simpatico e folle, al contrario di Pet che era timido  e calmo.
<<Altrimenti non l'avrei detto>>
Lo guardai e inarcai le sopracciglia, quasi stufa della sua semibattuta.
<<Si, sei la nostra Keyra>>
E così Bruz mi abbracciò, mi strinse a se e mi sentii come tra le braccia di un orso bruno.  In effetti, un orso bruno  era grosso quanto lui.
<<Keyra, vieni via. Dobbiamo andare a lezione>>
La frase di Michael,  detta quasi con cattiveria e freddezza, fu accompagnato dal suo braccio proteso verso di me. Quasi volesse tirarmi via con sé e portarmi via al più presto.
<<Ma ciao, Michael>>
Pet fulminò con lo sguardo Michael, che tendeva ancora con il braccio verso di me. A momenti, probabilmente, mi avrebbe preso con forza pur di tirarmi via. Dal suo sguardo capii che quella gente no  gli piaceva.
<<Keyra, ho detto andiamo>>
Mi afferrò la mano tirandomi via dalle braccia di Bruz. Non me ne resi conto di essere ancora tra le sue enormi braccia.
<<Perché? Altrimenti che fai?>>
La voce del tipo con i capelli neri, che tra parentesi era l'unico di cui non ricordavo neanche una minima cosa,
era ostinata, infastidita. Più che altro. Michael gli dava fastidio.
<<Smettila, Arsen>>
A sentire quel nome, mi bloccai e girai lo sguardo verso il ragazzo dagli occhi verdi come smeraldi.
Arsen. Io conoscevo quel nome.
<<Ma io conosco il tuo nome>>
Il mio sussurro fece zittire tutte le persone che avevo intorno, mentre la mia faccia confusa e i miei occhi chiusi esprimevano quanto mi stessi concentrando per ricordare.
Arsen.
E immediatamente un ricordo, istantaneo e veloce come un fulmine mi attraversò la mente.

<<Cosa pensi diranno i tuoi?>>
Ero preoccupata, mentre stringevo la cinta dell'auto mentre un ragazzo dai capelli neri e leggermente ricci era seduto al mio fianco. Al posto del guidatore.
<<Non so, di certo reagiranno meglio dei tuoi genitori>>
Mi sentivo spacciata, il suo tono mi metteva solo più ansia. Era cupo, triste, quasi affranto. Non era l'assenza che conoscevo, non era il mio Arsen.
<<Mi perdoneranno mai?>>
La mia voce si fece incrinata, le lacrime iniziarono a cadere sulle mie guance gelide per colpa del freddo di febbraio.
<<Key, hey, hey, hey. Non piangere aspetta>>
Portò una mano al mio viso e asciugò le lacrime.
<<Arsen, come faremo? A me non resta più nessuno>>
Lo vidi sospirare, mentre di sottecchio teneva d'occhio la strada. Era notte fonda e nessuno era nei paragi. Solo il mare era al nostro fianco, era calmo e assisteva al bagliore della luna con meraviglia.
<<Ci sono io per te>>
Improvvisamente, una forte luce e poi un buio totale. Sentii solo tanto dolore, speravo che smettesse. Non urlavo, la voce non usciva. Le gambe non le riuscivo a muoverle.  Le mani erano ferme, le braccia immobili. Sentivo il freddo assalirmi e il respiro lasciarmi. Il dolore mi strappava l'anima a morsi, si faceva strada in me come se nulla fosse. Dove ero? Ero sulla strada accanto al mare? Il bambino stava bene? E Arsen? Dov'era il mio amato Arsen?

<<Certo che mi conosci, chi non mi conosce>>
Sentii la fatica nella sua voce, flessibile quanto debole. La frase crollava, non stava in piedi. Quasi fosse un castello di carte nel bel mezzo di una corrente di vento, pronta a distruggerlo.
<<Già,  può darsi>>
Iniziai a camminare via, verso i bagni. Dovevo respirare. Cos'era quel ricordo? Cosa ci faceva quel tipo scontroso lì? Era lui il padre del bambino? Dove eravamo diretti quella notte? Cosa era successo? Perché stavamo così male? Era colpa dei miei genitori? Sciacquai la faccia, e l'acqua fredda mi fece respirare meglio. Ma non alla perfezione. Nello specchio difronte a me vedevo una ragazza confusa, dal respiro ansimante e dal petto dolorante.
<<Keyra, svegliati!>>
<<Come faremo?>>
<<Non potete farlo>>
Delle frasi iniziarono a infilarsi nei miei ricordi in modo violento, tagliente. Come dei coltelli dalla lama affilata, sentivo il respiro ancor più pesante. I polmoni fin troppo pieni ma anche fin troppo vuoti.
<<Siete troppo piccoli!>>
<<È nostra figlia, decideremo noi>>
<<Sta a lei la decisione>>
E ancora, come ronzii estenuanti, le parole danzano nella testa a suon di tacchi. Calpestando ogni briciolo di calma a me appartenente.
<<Va via!>>
<<Ci hai delusi, Keyra>>
<<Che vergogna, è uno scandalo!>>
Respira Keyra, me lo ripetevo. Cercavo di pensare solo a quella frase così semplice, formata da due parole e dodici lettere. Dovevo respirare. Ma come si faceva? Mi sembrava impossibile. Come avevo fatto a dimenticare come si respira? Come potevo? Era una cosa così semplice e naturale. Dovevo riuscirci senza intoppi. Ma non era così, era la cosa più difficile del mondo.
<<Key, respira>>
<<Ci sono io qui con te>>
<<KEY, NO!>>
Le ultime erano un rimbombo, forte e deciso. Un urlo disperato, alla ricerca di conforto nel nome chiamato. Da chi proveniva quell'urlo? Perché mi faceva così male il ricordo? Perché non sapevo più respirare? Mi accasciai a terra e la mia mano raggiunse il petto. Solo allora notai di star piangendo. Le lacrime mi bagnarono la mano, stavo affogando forse?
Respira Key, me lo ripetevo ancora.
Respira Key, è semplice.
Respira Key, c'è la puoi fare.
<<Keyra? Stai bene>>
Una voce femminile ma lontana riaccheggiò nella stanza, non vedevo nessuno. Forse per le lacrime.
<<Keyra, sono Milea>>
Sentii due mani afferrarmi il viso, quasi intente a risvegliarmi da una sorta di limbo.
<<Non so, di certo reagiranno meglio dei tuoi genitori >>
<<Ci sono io per te>>
<<Arsen, come faremo>>
E il rumore di uno schianto d'auto, forte come non mai, tuonava nella mia testa. Le tempie mi scoppiavano, così come i polmoni.
<<Keyra, stai avendo un attacco di panico. Mi senti?>>
Provai a rispondere, la voce non usciva. Iniziai a confondere la voce di Milea a quelle dei ricordi. Mi sentivo persa, smarrita.
<<Ferma qui, chiamo qualcuno>>
Non so dove trovai la forza ma afferrai le sue mani, prima che potesse allontanarle dal mio viso.
<<Se esci da , sei morta per noi>>
E da lì il buio più totale.

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