Do you like her

40 1 1
                                    

Faceva davvero caldo per essere giugno, non ne potevo proprio più di stare al sole. Ma quello era il prezzo da pagare per incontrare la dottoressa Jiulia al bar, magari lei poteva dirmi qualcosa. Era quello il vero motivo per il quale andavo: sapere qualcosa. Volevo imparare tutto ciò che lei sapeva di me, assimilarlo e renderlo mio a tutti gli effetti come se non mi fosse mai stato portato via. Magari lei sapeva, sapeva cosa era successo in passato, chi ero, sapeva magari come ero. Arrivai al bar, uno di quelli abbastanza tristi dai colori ospedalieri. Forse perché era proprio situato fuori un ospedale, il proprietario pensò bene di renderlo uguale? Mi accomodai ad un tavolino in fondo al bar e mi si avvicinò una giovane ragazza dagli occhi color nocciola e i capelli ramati.  Le sue ciglia le davano uno sguardo tenero e dolce, quasi ti facesse capire il tipo di accoglienza che davano lì dentro. O magari era l'unica persona gentile in quel bar.
<<Salve, cosa le posso portare?>>
Ero ancora sola e della dottoressa Jiulia non c'era ancora traccia, non potevo già ordinare. Sarebbe stato da maleducati.
<<In realtà aspetto qualcuno>>
Lo dissi quasi con vergogna, come se una ragazza incinta a sedici anni non potesse aspettare qualcuno. Come se fosse anormale. Non lo era, giusto?
<<Oh, va bene>>
E la ragazza andò via, con il taquino e la penna nera ancora tra le mani, pronta per andare a prendere un altra ordinazione. Io invece iniziai a guardarmi intorno, c'erano almeno una decina di tavolini e ne erano occupati più della metà.  C'erano persone affrante e persone felici. C'era chi aveva scoperto la vita e chi la morte. C'era chi era di routine e chi era spaventato dall'idea dell'ospedale.  C'era chi la sua diagnosi la sapeva già e chi tremava solo al pensiero di una possibile risposta medica. C'era tanta gente dai volti diversi, addolorati, spensierati,  dubbiosi.  Era strano come un solo luogo potesse contenere così tanto. Perfino un luogo poteva contenere più ricordi di me. Quel bar aveva visto  la gente piangere, innamorarsi, ridere, morire lentamente, urlare e tirare avanti. Un bar che aveva più ricordi ed emozioni di me, che in fondo ero così vuota.
<<Eccomi, scusa il ritardo>>
La dottoressa Jiulia si sedette al posto difronte al mio e chiamo subito la ragazza dai capelli ramati, sempre pronta a prendere ordini con il suo taquino tra le mani.
<<Io vorrei un caffè macchiato>>
Poi, dopo aver chiesto il suo caffè si girò verso di me.
<<Ehm, per me un tè alla pesca, per favore>>
La ragazza disse un "perfetto" e andò via, lasciando me e la dottoressa Jiulia da sole.
<<Keyra, sei al settimo mese. Come ti senti?>>
Era una visita quella? Mi aveva chiesto di prenderci un caffè per una visita?
<<Sto bene>>
Si poggiò con i gomiti sul tavolino, mi osservò per bene e si mise le mani tra i capelli che portò all'indietro. Incrociò, poi, le mani sulle gambe.
<<E a casa, le cose come vanno?>>
Va bene, era una visita psicologica forse?
<<Dottoressa>>
Mi fermò portando una mano davanti al mio volto in segno di stop.
<<Jiulia, chiamami Jiulia>>
<<Jiulia>>
Lo dissi stranita, sembrava avere dei seri problemi. In fondo, sembrava anche una pazza dal suo aspetto.  In effetti i suoi capelli dai colori autunnali erano raccolti da un mollettone ed erano del tutto spennati. Il suo trucco, che di solito aveva, seppur leggero non si notava più: era del tutto scomparso dal suo viso. La divisa era mal concia, aveva appena finito il turno forse.
<<Non guardarmi cosi, non sono strana. Ma non ci cascherò anche io al "non può sapere o rimarrà traumatizzata">>
La frase citata me la disse la dottoressa della quale il nome non ricordavo, e la imitò anche rovinandole la voce. Quasi fosse infastidita da quella donna. Però mi bloccai, che significava che non ci sarebbe cascata?
<<Non credo di aver capito>>
In quel preciso istante la giovane ragazza del bar, depose sul tavolino le nostre ordinazioni e andò via.
<<Che è tutta una finta, Keyra>>
Quale finta? A quale tutto si riferiva? Era davvero pazza.
<<Ma cosa sta dicendo>>
Iniziai a sorseggiare il tè alla pesca fresco mentre lei, tutto d'unfiato,  bevve il suo caffè.
<<Hai capito davvero bene, non hai udito male>>
Ma che significava quello che diceva? Che problemi aveva? A me lo aveva detto una dottoressa, una dottoressa proprio come lei. Stava screditando una sua collega?
<<Ma a me lo ha detto la dottoressa>>
Non mi fece terminare di proferire parola, i suoi occhi vagavano da me alla porta del bar. Sembrava quasi spaventata da chi potesse entrarci.
<<Keyra, ascoltami. Poi deciderai se credermi o no>>
Nel mentre mi parlava fece cenno alla ragazza di portarle il conto e pagò, dandole anche una mancia.
<<Tu puoi sapere tutto, ma no se non sei sicura di volerlo sapere. Non ti verrà alcun trauma. È tutta una farsa organizzata dai tuoi genitori>>
Va bene, forse non andavo davvero d'accordo con i miei genitori, ma dargli perfino dei bugiardi era esagerato. Perlopiù se si riferiva ad una questione clinica.
<<Sta accusando i miei genitori?>>
Alzai le sopracciglia, mi venne spontaneo. Ero davvero basita e lei sembrava non scherzare riguardo a quella cosa.
<<No, non li accuso. Ti sto raccontando semplicemente cosa è successo>>
Iniziai a ridere dal nervoso,  stava davvero dando i numeri. Era per forza ironica. Io però stavo dando più numeri di lei, talmente tanto che iniziai a pensare che i miei genitori avessero organizzato il tutto per scoprire io cosa ne penso di loro. Ma era impossibile, non poteva essere quella supposizione. Sembrava troppo fantastica da certi punti di vista. E fantastica non di bellezza, ma per quanto riguardava la realtà di quei fatti.
<<Dottoressa>>
<<Jiulia>>
Mi corresse di nuovo lei, quasi in procinto di lanciarmi una scarpa per il mio modo sbagliato nel chiamarla.
<<Jiulia>>
Ripetei.
<<I miei saranno pur gente difficile ma non mi mentirebbero>>
lei a quel punto si alzò e prese la sua borsa, che prima non avevo notato, incrociando le braccia al petto.
<<Senti, Keyra. Non credermi ma riflettici su. Sono sincera e solo allora, quando capirai quale sia la verità io potrò raccontarti tutto. Dalla prima all'ultima cosa. Ma se tu non ne sei sicura di una cosa così piccola, il resto per te sarà una storiella da raccontare in giro>>
E andò via, lasciandomi lì. Rimasi di stucco. Ma di che verità parlava? I miei non mi avrebbero mai mentito sulla mia salute. O almeno credevo. Cosa mi stava mettendo in testa quella dottoressa? Mi stavo facendo condizionare fin troppo.

Lost memoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora