Il percorso dagli uffici all'ospedale per l'ecografia fu breve, in pratica erano l'uno accanto all'altro.
<<Fa troppo caldo, non si può sudare così tanto>>
Furono le prime parole che pronunciai dopo esser uscita dalla macchina sotto lo sguardo divertito di Arsen.
<<Credo che tu lo percepisca il doppio perché sei incinta, per questo hai così caldo>>
Mi prese per mano e iniziammo a percorrere la stradina del giardino dell'ospedale, costellato di fiori colorati e panche per sedersi e respirare aria pulita. Che poi così pulita non era, siccome era nel bel mezzo della città.
Mentre pensavo a questo percepii un colpo dall'interno della pancia, era un colpo "doloroso" ma non troppo. Mi paralizai all'istante, non lo sentivo mai. Era una di quelle rare volte che lo sentivo scalciare. Poggiai la mano sul lato destro dell'ombelico e lo sentii nuovamente, più forte di prima.
<<Arsen, il bambino...>>
Non potevo crederci, la mia bocca era spalancata e sorridente mentre i miei occhi erano aperti del tutto e increduli. Arsen capì al volo e poggio la mano sul mio ventre e lo sentì, sta volta era più in basso.
<<Scalcia, Rapunzel >>
Anche lui osservava le nostre mani sulla mia pancia, innebriato di felicità e gioia, contaminato di incredulità e spensieratezza. Poteva sembrare una cosa così banale che un bambino scalciasse ma per noi, una coppia di giovani ragazzi ritrovatasi dopo un lungo periodo di lontananza era una cosa magica. Come se quel gesto, quel movimento del bambino fosse amore puro. Quel bambino era l'amore più puro che conoscessi, lo sapevo bene. Lui che ancora non era nato ma che mi aveva dato speranze fin dall'inizio, l'unica cosa che mi legava in modo diretto fin dal primo momento alla me del passato. Mi tornò in mente della Keyra di qualche settimana prima, stesa in un letto d'ospedale confusa, stranita e ignara di tutto ma che sapeva per certo una singola cosa: voleva tenere quel bambino ad ogni costo.
<<È...>>
Un'altra volta sentii la forza del bambino dentro di me, lo percepivo con il palmo della mano e lo potevo notare anche con gli occhi.
<<bellissimo>>
Arsen non osava distogliere lo sguardo dalla pancia e io gli accarezzai la guancia.
<<A cosa pensi?>>
Le mie parole lo fecero tornare alla realtà, come se la mia mano non fosse bastata.
<<A quanto sono fortunato, Rapunzel >>
A quelle sue parole le mie guance si tinsero di rosso, un calore avampò sul mio viso e sentii il cuore martellarmi nel petto.
<<Cosa c'è? Adesso ti imbarazzi?>>
Mi spostò una ciocca dietro l'orecchio ridendo e mi baciò la guancia.
<<Andiamo, deficente>>
Lo chiamai decicente per farlo sbrigare e magari per cambiare discorso. Odiavo arrossire, era imbarazzante. Ci trovammo nella sala d'attesa, circondati da genitori disposti per tutta la stanza e noi ci accomodammo su delle sedie. La prima volta che venni qua ero sola con Aisha e Jiulia. A quel pensiero mi venne in mente che si commosse a sentire il battito del bambino e solo in quell'istante capii il motivo: era la nonna.
<<Arsen, dov è tua madre?>>
Lui mi guardò stranito, come se non capisse cosa volevo fare.
<<È in ospedale, sta lavorando. Perché?>>
<<Puoi chiamarla? Vorrei che ci fosse anche lei>>
Probabile sentivo bisogno di averla lì per un appoggio materno, forse perché mi appoggiava più lei sulle mie scelte che mia madre, oppure perché lei mi mostrava un amore materno che mi fu vietato per una singola scelta. Ma Jiulia, la mamma di Arsen, mi metteva tranquillità e mi dava un senso di familiarità. Mi sentivo a casa quando ero con lei, come se mi avesse sempre accolta senza problemi e io sapevo, da quel che mi raccontarono, che era così. Che Jiulia si era presa cura di me anche in passato e lo faceva anche nel presente.
<<Ora ci provo, aspettami qui>>
E andò via per chiamare la madre. Rimasi lì sola, ma non ero triste come la prima volta, anche se il pensiero di non avere la mia mamma vicino era sempre lì, in un angolo profondo del mio cuore. Anche se non volevo ammetterlo, era così. Odiavo non poterla avere lì.
<<Keyra, ciao!>>
Dasy, la ragazza che era lì con la madre la prima volta, era davanti a me anche quella volta. Era sempre con la sua mamma, al suo fianco pronta a sostenerla. Una morsa allo stomaco mi fece deglutire prima di riuscire a salutarla.
<<Oh, ciao Dasy>>
Mi alzai e ci abbracciamo per quanto possibile, eravamo pur sempre due ragazze incinte.
<<Come stai? Come va la gravidanza?>>
Glielo domandai mentre ci sedemmo nuovamente guardandoci entusiaste negli occhi l'una dell'altra .
<<Va abbastanza bene, ma al nono mese mi sento di scoppiare completamente >>
Risi alla sua frase, potevo solo immaginarlo. Io al settimo mi sentivo già un palloncino sul punto di esplosione, figuriamoci al nono
<<E tu? Come va con la gravidanza? Sei qui da sola?>>
Il sorriso le incurvò le labbra mostrando i denti bianchi e splendenti.
<<Sto bene ma sento fin troppo caldo. No, sono qui con il padre del bambino e sua madre>>
Potei vedere un sollievo dal suo sguardo, come se fosse sollevata per me nel non vedermi sola.
<<Non sai quanto mi fa piacere, questa cosa>>
Le sorrisi, quasi a ringraziarla.
<<Dovremmo vederci anche fuori da questa sala>>
Annuì alla mia proposta e ci scambiammo il numero di telefono, sotto lo sguardo contento della mamma.
<<Rapunzel, mia madre sta arrivando>>
L'annuncio di Arsen fece capire che fosse tornato anche lui e si sedette al mio fianco, prendendomi la mani come se stare senza quel contatto gli facesse male.
<<Arsen, loro sono Dasy e sua madre. Le ho conosciute tempo fa, proprio qui>>
Arsen stese la mano e Dasy gliela strinse, la stessa cosa fece la madre. La porta dello studio si spalancò e un cognome venne chiamato, quello di Dasy. Lei mi salutò con un sorriso ed entrò, con la madre dietro di lei, sempre lì a proteggerla e a tenerla al sicuro.
<<Scusatemi, ero impegnata con un paziente ed era la fine del turno>>
Jiulia si sedette dall'alto mio lato, quello libero, e la sua voce riaccheggiò per tutta la stanza.
<<È ok, mamma. Nessuno ti spara se dai ritardo>>
Arsen sembrò quasi richiamarla, come se le volesse far presente quella cosa così scontata e banale. Jiulia sorrise, un pò spaesata e si portò la ciocca dietro l'orecchio. Poi il suo sguardo cadde sul mio grembo, un sorriso dolce e materno le comparve sul viso. Con lei al mio fianco mi sentivo un pò più normale in quella sala così materna.
<<Come va con il bambino? Arsen mi ha detto che si è fatto sentire>>
Si torrurava una ciocca di capelli con le dita, l'arrorolava attorno all'indice e la lasciava andare per poi ripetere lo stesso gesto nervoso.
<< Si è fatto sentire proprio prima, vuoi provare?>>
Lei annuì alla mia domanda e poggiò la mano sul mio grembo e in men che non si dica il bambino di mosse facendosi sentire all'istante.
<<Sarà un bambino super vivace>>
Il suo sussurro dolce e caloroso, mi fece sorridere e mi fece sentire meglio. Anche se era un sussurro stupido, riuscì a calmarmi.
<<Wilsion>>
Dasy uscì dalla stanza e mi fece un cenno per salutarmi, andando via con sua madre mentre la dottoressa mi chiamò. Iniziò a battermi forte il cuore, mi sentivo ansiosa. Lo ero più in quel momento che per la prima visita. Così, con gambe tremolanti e con la mano stretta a quella di Arsen, entrai nella stanza.
<<Prego, si stenda e alzi un po la maglietta>>
Feci come mi disse e una volta pronta iniziò con stendermi il gel freddo sulla pancia e prosegui.
<<Dottoressa, possiamo sentire il battito?>>
Il sussurro di Arsen, ammaliato dalle immagini del bambino, arrivò alle orecchie della dottoressa che annuì. Il ricciolino mi afferrò la mano, stringendola nella sua. Lo guardai, i suoi occhi erano fissi sul monitor e Alle sue spalle c'era Jiulia, un pò distante per darci i nostri spazi, con gli occhi lucidi proprio come la prima volta.
<<Ecco, sentite>>
A seguire di quelle due parole, dei battiti innocenti si sparsero per la stanza. Arsen strinse ancor di più la mia mano, posando un bacio sul dorso di essa e i suoi occhi lucidi mi fecero intenerire. Si stava emozionando per il battito bambino, il nostro bambino. Ma l'atmosfera venne rovinata dalla suoneria di un telefono, che squarciò il silenzio creatosi attorno a quel suono soave. Era il telefono di Arsen che, dopo aver detto "scusa" molto velocemente, uscì dalla stanza. Jiulia si avvicinò e mi prese per mano, quasi capisse il vuoto che il figlio mi aveva lasciato, quando mi aveva mollato la mano. Arsen entrò nuovamente e mi guardò, poi guardò la madre.
<<Io devo andare, ho una commissione da sbrigare. Mamma, Keyra viene con te a casa>>
Mi si avvicinò, senza spiegarmi la sua urgenza, mi baciò la fronte e andò via. Mi aveva lasciata in quel momento così bello, così magico, così amorevole. E forse un po vuota mi sentivo, o forse mi sentivo dinuovo sola come la prima volta. Dove mi immaginavo di averlo al mio fianco nonostante non lo conoscessi, dove immaginavo il possibile padre di mio bambino, dove la paura mi soffocava e la felicità mi dava quel po di ossigeno necessario che mi aiutasse a vivere.
<<Avete già scelto il nome?>>
La domanda della dottoressa mi spezzò completamente e sentii cocci di me cadere e perdersi. Forse ciò mi feriva più del previsto.In macchina di Jiulia regnava il silenzio, vedevo il rammarico sul suo volto per colpa del figlio. Mentre io mi sentivo abbastanza giù di morale.
<<Dopo ci parlo io con lui>>
Lo ripeteva da quando eravamo partiti dall'ospedale, senza mai fermarsi. Ma a me venne un flash in mente quando passammo fuori il bar dell'ospedale. Quando io e lei ci fermammo a bere un caffè e mi disse due frasi che mi segnarono molto.
"Non guardarmi cosi, non sono strana. Ma non ci cascherò anche io al "non può sapere o rimarrà traumatizzata""
"Che non ci cascherò", cosa significava esattamente? In cosa non ci sarebbe cascata?
"Che è tutta una finta, Keyra"
Cosa era una finta? Perché lei definiva che tutto lo fosse?
<<Jiulia, che intendevi con "tutta una finta"?>>
La vidi sospirare, ancora concentrata sulla strada davanti a lei quasi vuota, la sera stava per arrivare e il cielo chiaro si stava scurendo.
<<Keyra, tu potevi sapere tutto da quando ti eri svegliata>>
Quella risposta mi spiazzò, era impossibile.
<<Ma a me lo disse la dottoressa Lilya>>
Chinai il capo confusa, era incredibile quello che avevo appena ascoltato. Come poteva una dottoressa mentire su una diagnosi?
<<Tesoro, i tuoi genitori hanno molte conoscenze e tanti soldi>>
La vidi soffermarsi, stava pensando a come dire qualcosa senza sembrare spropositata con le parole pur di non ferirmi. Ma ero già ferita, i miei mi avevano mentito quindi? Una delle loro prime bugie, prima che scoprissi un po di cose su di loro? Un chiodo si insinuò in me, creandomi una crepa all'interno. La sentivo scorrere lungo tutto il corpo, ma non me ne capacitavo.
<<Hanno corrotto la dottoressa e lei, pur di avere soldi in più, ha mentito>>
La macchina si fermò davanti casa sua e slacciai la cintura, uscii dalla macchina e portai una mano al petto. Avevo bisogno di respirare, avevo bisogno di aria. Mi mentirono fin da subito, come era possibile? Non ci tenevano a me? Neanche un poco, probabilmente. La crepa di prima ne creò altre, più piccole e dolorose.
<<Keyra, tesoro. Mi dispiace così tanto>>
Le mani di Jiulia mi circondavano il viso, mentre i miei occhi minacciavano le lacrime che stavano per uscire. Non volevo piangere, non potevo.
<<Andiamo dentro, così ceni, fai la doccia e riposi>>
E con il fiato ancora corto, la seguii all'interno e feci come mi disse lei. Mentre di Arsen non c'era ancora traccia e la notte si faceva sempre più vicina, il tardo orario avanzava e nonostante io avessi cenato e fatto la doccia il sonno non arrivava. Mi giravo e rigiravo nel letto, non trovavo pace. Le lacrime minacciavano di uscire, in modo così doloroso che quasi mi bruciavano le guance a sentirle inumidirsi di lacrime salate provocate da un senso di tradimento e uno di vuoto. Il tradimento era da parte dei miei genitori, quello di vuoto da parte di Arsen che mi aveva lasciata sola in quel momento che stavamo condividendo, il primo di cui avrei avuto memoria.
<<Keyra, non riesci a dormire?>>
Jiulia, con la vestaglia grigia di seta in dosso, si avvicinò al letto del figlio dove ero stesa io e dove si sarebbe dovuto trovare anche lui.
<<Sono sicura che Arsen arriverà a momenti>>
Mi coccolò per un pò, con lunghe carezze alla testa, mi toccò i capelli e ciò mi dava un senso di sollievo, mi sussurrava che lei era lì per me.
<<Jiulia>>
<<Si tesoro?>>
La gola mi iniziò a bruciare in modo fulmineo, quasi si rifiutasse di parlare, quasi si rifiutasse di far sentire quel che dovevo dire.
<<Secondo te mi hanno mai voluta bene?>>
E li, chiusi gli occhi per provare a dormire. Ma percepii che anche Jiulia qualche lacrima l'aveva cacciata. Una di quelle lacrime amare per domandr a cui non hai risposta. Una di quelle domande che ti fa sentire impotente, perché non sai cosa dire o come agire. Era così che mi sentivo, impotente nei confronti dei miei genitori: non mi potevo far amare da loro con un bambino in grembo, ma capii che non mi avrebbero amato neanche senza.
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Lost memory
ChickLitDopo un terribile incidente, Keyra si risveglia da mesi di coma. L'unico problema è che non ricorda nulla. Quando prova a vivere dinuovo la sua vita in tranquillità e cerca di ritrovare i suoi ricordi andati perduti, un ragazzo prova ad insinuarsi n...