Passerà

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Antoinette si risvegliò con lo scroscio dell'acqua, ma un suono ritmico e docile, molto diverso dal richiamo del mare. Sbatté le palpebre, e puntò lo sguardo verso una volta oscura e senza stelle.
Qualcosa di duro le premeva contro la schiena, e le formicolavano le dita, come se fosse rimasta bloccata nella stessa posizione troppo a lungo. Era su un'imbarcazione, o almeno così suppose dai rumori e dal modo in cui si sentiva dolcemente cullata. Era scossa da brividi incontrollabili, e le ci vollero alcuni momenti di stordimento prima di realizzare il perché.
Il cielo che stava guardando non era il suo cielo. Era troppo vuoto, privo perfino delle nuvole.
Dov'erano le stelle, la luna?
Al posto dei veli di Notte, c'era un insolito tipo di tessuto a ricoprire la distesa sopra di lei – sembrava ruvido, quasi come roccia scolpita. Quel cielo cavernoso emetteva un fioco bagliore dall'interno, come se vi fosse riflesso sopra il chiarore della luna, ed il tipo di baluginio riflesso era piuttosto inquietante.
«Lascia che ti aiuti.»
Delle mani dietro la sua schiena la aiutarono a mettersi seduta. Antoinette agguantò il bordo della barca e vi si resse per restare dritta. Sentiva le schegge del legno che le si conficcavano nei palmi.
Era su una barca, dunque. Con Cheryl. Puntò lo sguardo a prua, dove una sagoma avvolta da una tunica immergeva un remo nel fiume sottostante, spingendoli in avanti. Era visibile solo la sua schiena, rischiarata da una lanterna. Era una figura smunta ed alta, ammantata da un abito di lino scuro e liso, ma in qualche modo ad Antoniette sovvenne il suo nome. Era su una barca. Con Cheryl. E Caronte. Allora voleva dire che...
«La nausea passerà,» la rassicurò Cheryl, e le posizionò un secchiello di fronte. Antoinette lo avvinghiò con entrambe le mani, e rimase a scrutarne la base, mentre lo stomaco le gorgogliava. Un qualche liquido ignoto sciacquava sul fondo del secchio, riflettendo il suo volto macilento ed i suoi occhi stralunati per la paura. Digrignò i denti e si impose di non vomitare. Non si sarebbe fatta vedere così, come una qualche ancella sbronza alle Dionisie.
L'oscillazione della barca non le fu d'aiuto. Chiuse gli occhi ed immaginò la forma di un narciso. Sei petali... contali... uno, due, tre, quattro, cinque, sei... disposti attorno ad una corona. All'interno della corona, sei stami carichi di polline... uno, due, tre quattro, cinque, sei... attorno ad uno stigma centrale.
Quando Antoinette riaprì gli occhi, la nausea era scemata quanto bastava da non essere più in pericolo di mettersi in imbarazzo. Spinse via il secchiello, che grattò contro il ponte, producendo un orribile stridio.
«Cos'ho che non va?» sussurrò, con un filo di voce appena percettibile in mezzo allo sciabordio dell'acqua contro lo scafo della barca. Si avvilì per la fiacchezza della sua voce, ma non era in grado di tirar fuori più aria di quella dai polmoni.
«Sei viva, dunque la transizione verso gli Inferi è... spiacevole,» le spiegò Cheryl.
Antoniette si aggrappò di nuovo alla parete dell'imbarcazione e sbirciò al di sopra del bordo. L'acqua era scura, ma c'erano piccole scintille di luce all'interno dei suoi abissi tenebrosi. Guardò con più attenzione e sussultò. Qualcuno la stava fissando di rimando. Il volto del defunto fu manifesto per un solo istante, a sufficienza tuttavia per restarle impresso nella mente, assieme al pallore ed al gonfiore della sua pelle e agli occhi privi di colore, ma cerchiati di viola. Agognò di nuovo il secchiello, ma era troppo lontano dalla sua portata, e non poteva scommettere che le sue gambe l'avrebbero supportata. Rimpianse di non essere sulla terra asciutta e baciata dal sole. E sentì la mancanza di sua madre.
«Cosa sono questi piagnistei?» si informò Antoinette. Le facevano battere i denti e correre dei brividi lungo la schiena – dei lamenti distanti, pianti addolorati, che sembravano aumentare di intensità man mano che l'imbarcazione avanzava.
«Le ombre sono inquiete stasera,» commentò Cheryl.
«Tutte le sere,» la corresse Caronte a prua. Lui e Cheryl risero all'unisono. Come facevano a trovare qualcosa di divertente in una cosa così terribile? La mano di Cheryl si poggiò sulla spalla di Antoinette, e le sue dita si chiusero come se non volessero più lasciarla andare. Antoniette era troppo debole per scrollarsela di dosso.
«Ci siamo quasi,» le comunicò Cheryl.
L'altra sponda del fiume si avvicinava rapidamente. La barca andò ad urtare contro un pontile, e Caronte la assicurò alla banchina. Si appoggiò al suo remo, con un cappuccio che gli oscurava il volto, mentre rimase in attesa che sbarcassero.
Prima che Antoinette potesse protestare, Cheryl la prese in braccio e la trasportò di peso sul molo. Alle loro spalle, Caronte mollò le cime della barca e si spinse via, un solitario guardiano che attraversava incessantemente la palude, da sponda a sponda.
Antoinette alzò lo sguardo verso quella specie di volta frastagliata sopra le loro teste. Delle fiaccole tracciavano il sentiero, ed avvampavano al loro passaggio, proiettando delle fiamme bluastre, prima di rispegnersi dietro di loro. Quando Antoinette sbatteva le palpebre, le luci divenivano sfocate e, ad un certo punto, dovette perdere i sensi di nuovo, poiché, quando riaprì gli occhi, erano su una carrozza. Le grida erano divenute più remote, ed ormai non erano che un brusio a stento udibile. Cheryl continuava a tenere Antoinette in braccio. La fragranza dell'asfodelo ancora la ammantava.
O era solo perché erano passati in mezzo ad una delle Praterie degli Asfodeli?
Antoinette non si fidava più dei propri sensi, né aveva ancora accettato l'ipotesi che potesse darsi che non stesse sognando.
La carrozza si fermò, e Cheryl spostò il peso, muovendosi di modo che la testa di Antoinette le ciondolò sulla spalla.
«Ce la faccio a stare in piedi,» disse, provando a suonare più convincente di quanto si sentisse. Cheryl abbassò lo sguardo verso di lei, con un sorriso sulle labbra.
«Come desideri.»
Poggiò Antoinette in piedi, e restò a guardarla mentre la ragazza barcollò e si abbarbicò al parapetto della carrozza.
«Perché ci siamo fermate?»le chiese Antoinette.
«C'è qualcuno che vorrei che conoscessi.»
Antoinette si appoggiò alla ringhiera, con l'affanno. Il pavimento insisteva a voler roteare sotto i suoi piedi.
«Portatemi a casa.»
«È questa la vostra casa,» annunciò Cheryl, senza la minima traccia di umorismo.
Antoinette si voltò verso di lei e riuscì in qualche modo a drizzarsi sulla schiena, anche se dovette restare appoggiata alla balaustra per sorreggersi. Alzò di nuovo gli occhi verso il cielo sformato. In quella terra desolata Antoinette non aveva aiuti da chiedere, né armi, né alleati. Avrebbe dovuto dire qualcosa di carino alla sua rapitrice. Qualcosa che rendesse Cheryl più incline a provare pietà nei suoi confronti e a liberarla seduta stante.
«A...andate a sod...soddisfare un caprone!» imprecò Antoinette.
Cheryl premette le labbra fra loro, come se stesse provando a non ridere.
«Devi sentirti meglio. Bene.» Cheryl la lasciò sulla carrozza e si incamminò.
Antoinette guardò in alto e si rese conto che si erano fermate di fronte ad un paio di alti cancelli neri, incastonati in mezzo ad una massiccia parete. Davanti alla cancellata sedeva uno smisurato segugio, con tre lingue di un rosso vivido che gli penzolavano da ognuna delle sue tre teste.
Cheryl abbracciò la testa più vicina a sé, ma le sue braccia non riuscirono a racchiudere l'intera circonferenza del collo, e gli diede un bacio sulla guancia. In cambio, il cane abbaiò entusiasta – il suo latrato riecheggiò in ogni dove – ed abbassò la testa davanti a lei, spingendole contro le mani. Tutt'e tre le teste gareggiarono per ottenere qualche carezza, e non demorsero finché Cheryl non ebbe elargito un'attenzione congrua ad ognuna di esse.
Antoinette non teneva in particolare simpatia i cani – travolgevano le sue aiuole fiorite ed inseguivano i conigli lungo tutte le file di insalate che lei piantava con tanta cura – così, quando Cheryl si voltò e la chiamò arricciando un dito, il suo primo istinto fu quello di rimanere nella carrozza, dove aveva almeno l'illusione di stare al sicuro. I cavalli se la cavavano leggermente meglio di lei: continuavano a spostare il peso avanti e indietro, sbattendo gli zoccoli a terra, ed il bianco nei loro occhi era ben visibile, ma erano addestrati fin troppo bene per abbandonare la posizione che gli era stata designata. Divenne sempre più lampante che non sarebbero andate da nessuna parte finché Antoinette non avesse fatto come Cheryl le aveva ordinato, così smontò dalla biga, reggendosi al parapetto fino all'ultimo momento utile. Tenne sollevato il lembo del proprio chitone con una mano per evitare di inciampare e si incamminò lungo il sentiero, fatto di una ghiaia che le scorticava i piedi nudi.
«Cerbero, ti presento Antoinette. Dev'essere trattata come un tesoro,» spiegò Cheryl, quando Antoinette si fece più vicina.
Ognuna delle teste ruotò per guardarla. Il segugio aveva un pelo folto e scuro, in mezzo al quale i suoi occhi gialli sembravano quasi scintillare. Era indiscutibilmente brutto, con una muscolatura massiccia nascosta sotto la pelliccia e lo scheletro deformato per accogliere il peso di tre teste separate.
Antoinette tremò sotto il suo scrutinio, non resistendo quando Cheryl prese una delle sue mani e la protese verso la bestia. Cerbero le sniffò il palmo con tutt'e tre i suoi nasi, poi le strofinò il muso contro la faccia, e per poco non la fece cadere a terra.
«Bravo ragazzo. Basta così.»
Cheryl diede un'ultima grattata ad ognuna delle teste e lasciò che Antoinette si riavviasse alla biga. I cancelli si aprirono dinnanzi a loro, e i cavalli partirono al trotto, lasciandosi Cerbero alle spalle.

***

Poco dopo che ebbero lasciato Cerbero, la biga prese velocità, ed il paesaggio le sfilò accanto in chiazze innaturalmente sfocate, troppo rapide perché Antoinette riuscisse a cogliere dei punti di riferimento che aveva attorno. Rallentarono solo quando furono nei pressi del viale che conduceva alla dimora di Cheryl.
Il palazzo sorgeva in cima ad una grossa collina, con le mura scure e scintillanti, come se fossero state ricavate interamente dall'ossidiana. A differenza della magione di Zeus, con le sue curve sinuose, che seguivano linee naturali, ed i suoi vialetti serpeggianti, l'edificio di Cheryl era tutto spigoli taglienti e linee parallele, glaciali nella loro simmetria. Cheryl guidò la biga verso una stalla, dove subentrò uno stalliere già in attesa. Non lontano da loro, si raggruppò uno stuolo di servitrici, tutte donne.
Cheryl si rivolse ad Antoinette:
«Debbo lasciarti, il dovere mi attende. Parleremo nuovamente a tempo debito.»
Antoinette non sapeva se sentirsi più sollevata od insultata. Il fatto che Cheryl l'aveva rapita e che la stava mollando così, in un battito di ciglia, era già di per sé un tantino seccante, per usare un eufemismo. «Aspettate,» la chiamò, afferrandola.
«Pazienza.»
Cheryl prese la mano di Antoinette e le diede un bacio sulle nocche, accarezzandole la parte inferiore del polso con le dita prima di lasciarle andare la mano. Antoinette si portò la mano in petto e stette a guardare Cheryl che ripartì. Fu solo quando la regina sparì alla sua vista che se la sentì di ricominciare a respirare. Le serve si accalcarono attorno a lei. «Venite dentro, starete congelando!»
«Ma...» fece Antoinette. «Cheryl...»
Una di loro le diede delle leggere pacche sul braccio. «La nostra regina mantiene sempre la parola data.»
Quello non era particolarmente rassicurante. Le donne la scortarono all'interno del palazzo vero e proprio, attraverso un dedalo di corridoi ed in una stanza da bagno incoronata di vapore. La spogliarono delle sue vesti e procedettero a lavarla da capo a piedi. Antoinette fu travolta da nuovi brividi, quando il vapore le accarezzò il corpo nudo, finché il gelo degli Inferi non si dissolse completamente, lasciando al suo posto soltanto il tepore dell'acqua. Le ancelle finirono di mondarla e la aspersero di olio profumato. La fragranza di asfodelo le fece risalire la bile in gola, ma tenne duro. Nondimeno, quando una ragazza cominciò a rimuoverle i calli dai piedi, Antoinette si mise a gridare.
«No! Come farò a camminare?»
«Perdonatemi, padrona, ma non si addicono alla vostra posizione.»
«Mi occorrono,» insistette Antoinette eppure, malgrado la sua posizione, venne ignorata.
Due delle serve la tennero ferma, mentre altre due lavoravano sui suoi piedi, grattando via i calli peggiori, prima di spalmare uno spesso strato di unguento per proteggere la pelle appena esposta.
Antoinette strillò e singhiozzò fino a che non le rimase altro che un soffio di voce. I calli erano ciò che la teneva ancorata alla terra, il mezzo con cui percepiva lo stato di salute della flora, ed ascoltava la lingua segreta della terra. Aveva scalato montagne, guadato fiumi con quei piedi. Forse le serve avevano ragione.
A che le sarebbe servito camminare a piedi nudi lì, in quella terra fredda e senza sole, se non ad aumentare il proprio cordoglio ad ogni passo?
Una volta che quel calvario giunse al termine, le ancelle le infilarono una tunica da sopra la testa e la condussero in una stanza buia, su un letto soffice. Malgrado le sue migliori intenzioni, Antoinette si addormentò prima ancora di riuscire a percepire il clangore di una chiave che ruotò nella serratura, chiudendola nella sua camera da letto.

Prigioniera Degli Inferi - ChoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora