Il fiume

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Fu risvegliata da un rumore nel cuore della notte. Rimase immobile sul letto, ponderando se chiamare Demetra a gran voce, ma poi si ricordò che non era a casa di sua madre. Si asciugò una lacrima dall'occhio e si mise seduta. Si era tolta via i sandali con un calcio, prima di crollare dal sonno, ma ora li rinfilò, memore dei frammenti di anfora disseminati sul pavimento.
La luce fioca della notte negli Inferi filtrava attraverso le sue finestre. Camminò verso la porta, calpestando delle schegge che le scricchiolarono sotto le suole, e provò a forzarla. La porta si aprì con un cigolio sinistro. Antoinette si era poggiata con tutto il peso sulla maniglia, e l'inaspettata assenza di resistenza la fece quasi capitombolare in corridoio. Fuori regnava il silenzio assoluto. Non riusciva a vedere servitori, né guardie, né alcun segno che le indicasse qualcosa di straordinario.
Era successo qualcosa?
Per quanto volesse prendere e mettersi a correre per fuggire da quel palazzo, non poteva andarsene così. Riaccostò silenziosamente la porta, lasciando un piccolo spiraglio, nel caso in cui si fosse richiusa automaticamente a chiave, e rimediò un imatio dal suo baule, prima di avvolgerselo attorno alle spalle. Raggiunse la toletta e prese un girocollo tempestato di gioielli, che si infilò al collo. Poteva darsi che avrebbe incontrato qualche serva da dover corrompere, anche se non era sicura che i mortali fossero ancora interessati alle ricchezze materiali nell'aldilà. Altri due oggetti catturarono la sua attenzione. Sul tavolo erano poggiati anche un pugnale ed una cintura cerimoniale, con un fodero attaccato. Prese entrambi e si allacciò la cintura attorno alla vita, prima di infoderare il pugnale. Era un coltello del tutto inutile per l'uso quotidiano, col manico impreziosito di gioielli, ma sembrava comunque abbastanza affilato per poter ferire o quantomeno minacciare qualcuno.
Fino a quel momento il massimo a cui si era spinta era stato alzare la voce con qualcuno.
Cosa le faceva pensare che sarebbe stata in grado di usare un'arma?
Provò ad ignorare il tarlo del dubbio dentro di sé e spalancò la porta, che produsse un ennesimo cigolio. Il corridoio era ancora deserto. C'era qualcosa che non quadrava. La porta era stata chiusa a chiave in precedenza.
Qualcuno doveva averla sbloccata – ma a che pro? La coscienza di Xenia aveva avuto la meglio su di lei? Antoinette faceva fatica a crederlo. Che quella fosse una trappola o meno, Antoinette non avrebbe potuto comunque sciupare quell'occasione. Attraversò difilata i corridoi vuoti, diretta in cucina. C'era un solo servo, che stava attizzando le braci del camino, così Antoinette si appiattì contro la parete e restò ad aspettare fino a che non lo sentì dirigersi dal capo opposto della stanza. Quando il ragazzo fu di spalle, Antoinette si intrufolò nella cella raffreddata e prese un anello di salsicce appeso al soffitto. Se lo mise attorno al collo, a mo' di sciarpa puzzolente e, quando l'inserviente era distratto, lasciò la cucina. Non le sfuggì che non incontrò nessun altro fra le cucine e l'uscita laterale, e quello non fece che accrescere la sua sensazione di disagio. Perfino le stalle erano deserte, ad eccezione dei cavalli, che la accolsero con dei sommessi nitriti.
«Ehi, giovanotto.»
Salutò un castrato che le pareva di ricordare che Cheryl avesse chiamato Alastor. Lo imbrigliò e gli posò una coperta sul dorso, prima di montare. Alastor seguì i suoi ordini, trottando fuori dalle stalle, nella frizzante aria notturna. Antoinette si pentì di non aver portato con sé una torcia. Una luminescenza pallida, vagamente assimilabile a quella di una luna piena, si riversava su di loro, eppure lei continuava a temere che Alastor potesse inciampare e disarcionarla. Invece, sembrò piuttosto lieto di essersi avventurato nelle tenebre, ed aumentò l'andatura non appena furono per strada. La fastidiosa sensazione che ci fosse qualcosa che non andava svanì.
Eppure, dov'erano le guardie di Cheryl, e tutti i suoi altri domestici?
Antoinette non poteva permettersi di lasciarsi tormentare dai suoi sospetti. Lanciò Alastor al galoppo, spronandolo al massimo della velocità, e rallentò solo quando furono vicini al grosso cancello. Cerbero era sdraiato, con le teste appoggiate sulle sue zampe, ma ne alzò una quando lei si accostò, drizzando le orecchie verso lo scalpiccio degli zoccoli di Alastor. Antoinette si tolse le salsicce dal collo e le divise in tre segmenti uguali. Ne lanciò uno ad ognuna delle teste di Cerbero, ed il segugio gigante cominciò a mordicchiarle allegramente. Poi fece schioccare la lingua, ed Alastor trotterellò lentamente via da lì. Si lanciò un'occhiata da sopra la spalla e si accorse che Cerbero stava ancora mangiando, incurante di lei. Una volta sinceratasi che la bestia non l'avrebbe seguita, spronò di nuovo Alastor al galoppo, e tirò dritta verso gli acquitrini, nel punto in cui si congiungevano i due fiumi Stige ed Acheronte.
Alla vista dell'acqua smontò, lasciando Alastor sulla strada. Si precipitò verso la sponda del fiume, dove vide un pontile ed una barca, ma senza Caronte. Non colse alcun segno di attività nemmeno quando puntò lo sguardo verso sud, in cerca di lui. L'acqua era placida, uno specchio scuro che rifletteva la sua sagoma spettrale, vestita interamente di bianco. Mollò gli ormeggi e saltò sulla barca, prima di brandire il remo. Percorse una breve distanza dal molo, poi si bloccò, come se l'imbarcazione si fosse incagliata. Antoinette gettò uno sguardo perplesso in acqua, usando il remo per spingersi contro la banchina. Ma la barca le oppose di nuovo resistenza. Non aveva la minima voglia di immergersi in acqua, ma non vedeva altre soluzioni.
Si tolse i sandali e li assicurò in vita, annodando i lacci alla sua cintura. Tirò il remo in barca e si sollevò il chitone fino al ginocchio, rimboccando il tessuto in eccesso nella cinta, prima di tuffarsi nel fiume. Si pentì immediatamente della sua scelta. L'acqua era più fredda di quanto avesse previsto, ed il peso del suo chitone fradicio le gravava addosso, interamente gonfio. Ciononostante, fece un respiro profondo ed andò sott'acqua, per tastare ogni lato della barca e scoprire in cosa si fosse impigliata. Dopo aver sondato vari punti dello scafo, si convinse di aver trovato il problema. Ritornò in superficie per riprendere fiato, e rabbrividì, mentre dei rivoli d'acqua le colavano lungo il viso. Restando a galla, sguainò il pugnale, prima di reimmergersi e di cominciare a tagliare una cima piuttosto fibrosa che, a quanto pareva, stava tenendo ferma la barca. Quando recise anche l'ultimo filaccio, la barca cominciò ad andare alla deriva, non più frenata. Antoinette risalì subito a galla e fece un respiro profondo, prima di aggrapparsi ad un lato della barca. Rinfoderò il coltello, poi si appese allo scafo con entrambe le mani e si preparò a salire a bordo. Stava ancora riprendendo fiato quando delle dita gelide e spugnose le agguantarono una caviglia, facendole perdere l'equilibrio.
Antoinette cominciò a sgambettare furiosamente, provando a calciare via il suo aggressore, ma non servì a nulla. Con uno strattone vigoroso, fu trascinata a fondo. Altre mani la ghermirono, tirandole i capelli, artigliandole le braccia. Lei si dimenava, scalciando e graffiando i corpi che la circondavano. Quella dei morti era una carne fredda e viscida. Sentiva la loro pelle inquietantemente liscia sotto le dita, mentre continuava a respingere il loro attacco. Le uscirono delle bolle dal naso, ma provò a restare vigile, e al contempo a non ingerire accidentalmente acqua. Al di sotto della superficie era talmente buio che Antoinette non avrebbe più saputo dire da che lato si trovassero il molo o la sponda del fiume.
Altre dita cadaveriche le lambirono una parte del viso, e le ci volle tutta la sua disciplina per non aprire la bocca e farsi entrare acqua nei polmoni. Uno dei defunti poggiò la sua bocca senza labbra sulla guancia di Antoinette, parodiando un bacio. Lei scattò all'indietro, ma si ritrovò altre mani addosso, che le strattonavano il chitone, le tiravano i gioielli che portava al collo e sulle spalle. Dei polpastrelli algidi ed ossuti sfiorarono la sua pelle ora scoperta, e Antoinette dovette digrignare i denti per frenare l'impulso di provare a gridare. Trafficò col pugnale che portava in vita ma, ammesso che fosse ancora lì, non riuscì comunque a raggiungerlo a causa dei lembi fluttuanti di tessuto che le ricoprivano la cintura. Annaspò, agitando l'acqua attorno a sé sino a farla divenire una schiuma bianca. Le bruciavano i polmoni, e lentamente i suoi sforzi persero di vigore. Sopra di lei baluginavano delle luci tenui, ma raggiungere la superficie, ormai, sembrava un sogno irrealizzabile. Le scappò qualche altra bollicina dalle labbra, mentre la sua mente cominciò a sbraitarle. Doveva respirare. Un morto fece correre le dita fra i suoi capelli, ma lei non fu quasi più in grado di percepirle. Sarebbe stato più facile continuare ad affondare ed accettare il suo fato.
Quella palude sarebbe stata la sua tomba.

Prigioniera Degli Inferi - ChoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora