Non riusciva a credere alla propria fortuna. Avrebbe voluto mettersi a sghignazzare al solo pensiero, ma tenne le labbra ben strette, ingoiando la sua crescente euforia.
Cosa portarsi?
Non avrebbe voluto prendere nulla da lì, ad eccezione dei vestiti che aveva addosso. Ismaros aveva promesso di aiutarla.
Antoinette sedette alla fine del letto. Quando si portò una mano al collo, si accorse che indossava ancora la collana d'oro di Cheryl. Vi fece correre le dita in mezzo, alla ricerca del gancio. Vi armeggiò per un po', ma non riuscì a trovare il segreto per sbloccarlo. Era ridicolo!
Era stata Cheryl a mettergliela addosso, il che voleva dire che poteva essere aperta. Alla fine, fu costretta a rinunciare. Si ripromise che l'avrebbe fatta restituire da un messo, dopo la sua fuga. Non avrebbe mai più concesso a Cheryl l'opportunità di chiamarla ladra.
Consumò la cena che era stata lasciata appositamente per lei, poi tirò la cordicella accanto al letto. Poco tempo dopo, qualcuno bussò alla sua porta.
«Avanti!» esclamò Antoinette.
Una ragazza aprì la porta e rimase nervosamente in piedi sull'uscio. Antoinette le allungò i piatti vuoti. «Vorrei del brodo,» le ordinò.
«Certamente,» ribatté l'inserviente, e sparì solerte.
Fece ritorno con una scodella fumante, che Antoinette le ingiunse di lasciare su un tavolo. Una volta che se ne fu andata, Antoinette cominciò a soffiare sul brodo, attendendo con trepidazione che si freddasse. Quando fu tiepido al tatto, vi versò dentro l'acqua del Lete, lo mescolò e verso il composto in una borraccia.
Approntata la sua preparazione, smorzò tutte le luci nella stanza di modo che, se fosse passato qualcuno, non avrebbe visto nulla di insolito. Tornò a
sedere sul letto ed aspettò, dandosi dei pizzichi di tanto in tanto per impedirsi di chiudere le palpebre. Non si azzardò a riaddormentarsi, non dopo quello che era successo al fiume. Il sonno avrebbe potuto aspettare, fino a che non fosse stata al sicuro in superficie.
Da sotto la porta che collegava la sua camera da letto a quella di Cheryl filtrava uno spiraglio di luce. Premette l'orecchio contro la porta e le parve di sentire il flebile graffio di un calamo.
Cheryl smetteva mai di lavorare?
Qualunque altra dea sarebbe stata ancora in luna di miele. Antoinette strisciò via dalla porta e cominciò a camminare in giro per la stanza, al buio. Occupò il tempo ripassando a mente i nomi dei luoghi e dei fiori, immaginando i panorami ed i profumi della terra, finché non fu quasi in grado di sentire in bocca il sapore salmastro dell'aria a ridosso del mare.
L'alba sembrava non voler mai venire ma, alla fine, delle pallide strisce di luce serpeggiarono sul pavimento. Aprì le imposte della finestra e lanciò all'esterno i suoi sandali. Si dondolò sul cornicione ed atterrò sommessamente in piedi, con la sua borraccia e la ciotola vuota sottobraccio. Si voltò e richiuse le imposte affinché, da fuori, nulla sembrasse sospetto.
C'era qualche inserviente in giro, ma nessuno nei paraggi. Si mise i sandali, si tirò l'epiblema sui capelli e tenne lo sguardo basso, incamminandosi a passo spedito verso le stalle.
Quando entrò, i cavalli ruotarono le loro teste, coi loro occhi profondi e liquidi nella luce grigiastra del mattino. Una mano le sfiorò la spalla, e lei per poco non si mise a gridare. Ismaros le poggiò una mano sulla bocca. Antoinette si irrigidì, ma poi si impose di rilassarsi, quando si accorse che si trattava di lui.
«Vi domando perdono,» sussurrò, lasciandola andare.
Il battito del cuore di Antoinette era talmente rombante che temette che li avrebbero smascherati. «Mi hai fatto prendere uno spavento.»
«Il carro è pronto.»
Ismaros la condusse da un lato della stalla, dove aveva agganciato un paio di cavalli ad un calesse. «Come intendete distrarre Cerbero?»
Antoinette gli fece vedere la borraccia e la scodella. «Qui dentro c'è un brodo e dell'acqua del fiume Lete,» gli spiegò. «Offrigliela, e lui dimenticherà il proprio scopo.»
Ismaros prese solennemente gli oggetti dalla sua mano.
«Una scelta saggia,» commentò. Subito dopo spostò un lenzuolo, rivelando una grossa cassa annidata in mezzo a diverse anfore.
«Lì dentro?» chiese Antoinette. Gli spazi piccoli non le andavano a genio.
«Non sarà per molto.»
Ismaros sganciò il coperchio del baule e lo sollevò. Antoinette salì sul carretto e si calò nella cassa. Dovette mettersi sdraiata su un fianco, con le ginocchia piegate e strette contro le spalle. Sul fondo del baule c'erano dei ciuffetti sparuti di fieno, probabilmente usato a guisa di materiale di imballaggio per le merci che dovevano esservi state trasportate in precedenza. Le fibre robuste le solleticavano il collo, e le fecero sentire la mancanza del suo letto soffice e confortevole, foderato di pellicce, nel palazzo di Cheryl.
«Neanche un fiato d'ora in avanti, mia signora,»sussurrò Ismaros ed abbassò il coperchio, facendola sprofondare nel buio.
Il suo respiro si sentiva fin troppo forte all'interno della cassa. Antoinette udì Ismaros montare sul carretto, al posto del cocchiere, prima di scuotere le redini. I cavalli cominciarono a muoversi, e Antoinette fu sballottata, quando le ruote finirono su un tratto accidentato di terreno.
Digrignò i denti e fece un profondo respiro. Era una situazione temporanea, si ripeté. Si strinse le ginocchia al petto, facendo delle smorfie ogni volta che, sobbalzando, le anfore ammassate nel carro tintinnavano.
Ismaros proseguì per un po' di tempo, fischiettando sommessamente fra sé e sé. Antoinette si domandò dove avesse già visto il suo viso prima.
Cosa gli aveva promesso la madre in cambio di un suo ritorno sana e salva?
Ismaros bussò sul baule.
«Ci stiamo avvicinando a Cerbero.»
Il carretto si fermò, e lei lo sentì scuotersi, quando Ismaros scese. Cerberos emise dei ringhi profondi e gutturali.
Ismaros mormorò qualcosa di incomprensibile. Antoinette tese le orecchie pe riuscire a sentire, distratta dal sibilo del suo stesso respiro.
Cerbero fece tre ululati mesti e martoriati. Il carro sbarellò nuovamente, quando Ismaros vi risalì, prima di far schioccare di nuovo le redini e di lanciare i cavalli al galoppo. Antoinette diede dei colpi dall'interno della cassa.
«Che è successo?»
«Ha bevuto,» confermò Ismaros, che sembrava a corto di fiato.
«Ma tutto quel fracasso! Avrà svegliato mezzo palazzo.»
La loro andatura forsennata non fu certo d'aiuto per lo stomaco di Antoinette, che fu sbatacchiata in ogni dove, all'interno della sua minuscola prigione. Si morse il labbro e si ripeté che, alla fine, ne sarebbe valsa la pena: dovevano solo conservare il loro vantaggio. Una parte di lei non riuscì a non provare pena per Cerbero e rimpianto per il suo tradimento. Con un po' di fortuna, il segugio non aveva sofferto.
Mantennero un ritmo sfrenato per un po' ma, alla fine, il carro cominciò a rallentare, prima di arrestarsi del tutto.
Antoinette si strinse ancora più forte a sé. Non c'era bisogno di andare nel panico. Sentì Ismaros parlottare, anche se non riuscì a distinguere le parole. Un altro uomo gli rispose.
Caronte?
Ma no, non avrebbero mai potuto usufruire di quell'attraversamento.
Antoinette spinse contro il coperchio del baule, sollevandolo giusto di un dito. Ismaros lo aveva ricoperto con un telo, e Antoinette riuscì ad intravedere solo delle vaghe ombre attraverso il tessuto.
«Avevi promesso di aspettare sul molo,» borbottò Ismaros.
«Che ti posso dire, Teseo? Non posso permettere che sia tu ad accollarti tutto il rischio. E la gloria,»aggiunse l'altro uomo.
Quale gloria?
E perché lo aveva chiamato con quell'altro nome... Teseo?
Antoinette udì i bordi del carretto scricchiolare. Doveva essere montato l'altro uomo.
Ismaros – Teseo – non le aveva menzionato alcun complice. A lei non piaceva affatto essere sorpresa.
«Piritoo, no!» esclamò Teseo.
Il panno venne tolto da sopra il baule, ed il coperchio si sollevò. Antoinette si schermò gli occhi dalla luce del mattino, coprendosi il viso con le mani.
«Sono mortificato per quest'indegno trattamento, ma dovreste potervi alzare senza rischi ora. Non ho incrociato nessuno nel mio tragitto fin qui.»
Sopra di lei incombeva un uomo, senza barba, con dei vispi occhi marroni, incastonati in un viso esposto alle intemperie. Piritoo, ad intuito. Alle sue spalle si stagliava il cielo cavernoso degli Inferi, fra il grigio ed il marroncino, che emetteva quel bagliore che si approssimava alla luce del giorno.
La sua vuotezza sembrò farsi beffe di lei, giacché quella volta era sì parte della terra di Gaia, ma allo stesso tempo qualcosa di completamente alieno. Antoinette aveva sperato – quantunque scioccamente – che, la prossima volta che avesse alzato gli occhi verso l'alto, avrebbe visto panorami celesti.
Prese la mano tesa di Piritoo ed uscì dal baule, guardandosi attorno. Avvertì, più che vederlo coi suoi occhi, il flagello oscuro del Tartaro nelle
immediate vicinanze.
«Non siamo al sicuro qui.»
Teseo fece schioccare di nuovo le redini, ed il carro riprese ad avanzare. «Non possiamo perdere il passo.»
«Hai mentito a proposito del tuo nome,» gli fece presente Antoinette.
Sedette sulla cassa che poco prima l'aveva ospitata, con l'epiblema ben teso attorno alle spalle, mentre lanciava delle occhiate dietro di loro, per accertarsi che nessuno li stesse seguendo.
«Su cos'altro hai mentito?»
Teseo la guardò fugacemente da sopra la spalla.
«Mi dispiace per quel piccolo raggiro. Era necessario per assicurarmi la vostra collaborazione.»
Ad Antoinette corse un brivido lungo la schiena, e strinse la lana del suo epiblema fra le dita. Aprì la bocca per replicare, ma Piritoo la precedette.
«Avete gli occhi di vostra madre,» le commentò.
«Chiedo scusa?»
Antoinette si voltò e si ritrovò Piritoo seduto molto più vicino a lei di quanto la decenza consentisse. La stava fissando, non come avrebbe fatto un mortale in adorazione di una divinità, ma con la stessa brama che aveva visto così spesso negli occhi di Cheryl.
Antoinette scivolò lungo la cassa, finché l'orlo di un'anfora non le si conficcò nel fianco.
«E tu chi sei?»
«Un figlio di Zeus, proprio come voi. Re dei Lapiti della Tessaglia,» annunciò Piritoo.
Lei spostò lo sguardo fra lui e Teseo, seduto sulla cassetta del cocchiere.
«Mia madre vi ha mandato a recuperarmi,» assunse lei, quasi come se, dicendolo a voce alta, sarebbe diventato vero.
Teseo sbirciò l'amico con gli occhi stretti in due fessure. Un monito.
«In un certo senso,» ammise Piritoo. Era un pessimo bugiardo. Antoinette si allungò e tirò il retro del chitone di Teseo.
«Fermate il carro.»
Anziché darle retta, Teseo usò un frustino sui cavalli per far scattare in avanti il carro, facendo perdere a Antoinette l'equilibrio. Piritoo le gettò una coperta addosso, la strinse e la rigettò nel buio. La rispinse di forza nel baule, pressandola bene sul fondo, prima di richiudere il coperchio.
Antoinette strattonò la coperta, graffiandosi gomiti e ginocchia nel tentativo di scoprirsi la testa. Quando ci riuscì, cominciò a battere contro il coperchio. «Fatemi uscire!» gridò, ma la cassa non si smosse. Doveva essercisi seduto sopra Piritoo. Antoinette riprese a gridare, in preda ad una furia sgrammaticata. Non c'era nessuno attorno che potesse sentirla e, anche se qualcuno avesse udito
le sue grida, molto probabilmente le avrebbe scambiate per quelle di una defunta irrequieta.
«Vi prego, non vi addolorate,» tentò Piritoo. «Quando saremo sposati...»
Cosa?
«... io vi ricoprirò delle sete più pregiate, di gioielli, di qualunque cosa desideriate.»
«Quello che desidero è decidere per me stessa!»
Piritoo farfugliò qualcosa che lei non comprese. Antoinette sferrò altri colpi contro il coperchio, con un tale sforzo che le si conficcarono delle schegge nelle dita.
Non era un legno particolarmente duro – abete, cresciuto nell'oltretomba. Antoinette si appoggiò alla parete della sua cassa, forzandosi di respirare lentamente. Aveva la gola secca. Le sovvenne troppo tardi dove aveva visto il volto di Teseo. Gli ateniesi tenevano in grande considerazione le sue effigie. Non era stato lui ad uccidere un qualche mostro? Era uno dei figli di Poseidone.
Dunque: erano entrambi semi-dèi. Eroi.
Chi altro sarebbe stato così stolto da avventurarsi da vivo negli Inferi?
Il carro imboccò un declivio, sbattendo Antoinette su un lato della cassa. Stavano scendendo a valle, e a gran velocità.
Quanto distavano dal grande fiume Oceano? Antoinette bussò di nuovo sul coperchio, e stavolta sentì Piritoo parlare, a voce talmente bassa che dovette sforzarsi per riuscire a decifrare le sue parole, in mezzo a tutto il baccano dei cavalli e delle ruote del carro.
«... mia moglie è venuta a mancare, da molto ormai. Teseo ed io abbiamo giurato che avremmo risposato solo la più bella delle figlie di Zeus. Abbiamo fatto un lungo viaggio per trovarvi.»
«Gli Inferi non sono posto per i mortali,» bofonchiò Antoinette.
«No. È per questo che non ci intratterremo oltre lo stretto necessario.»
Erano passati solo pochi minuti, ma Antoinette aveva già preso in odio la sua voce, viscida come un pancratiasto – uno di quei pugili che si cospargevano di olio. Lo avrebbe ucciso, prima di dover sentire quella voce per più di un giorno. Antoinette appoggiò la fronte al proprio braccio e chiuse gli occhi per combattere un'improvvisa ondata di nausea.
«Cheryl non vi lascerà andare.»
Piritoo scoppiò a ridere a quella frase, una blasfemia che fece correre ad Antoinette un brivido lungo la schiena.
«Cheryl è la più debole delle divinità reggenti. Non regge il confronto coi suoi fratelli, né coi figli di suo fratello.»
«Perché è una dea, anziché un dio?»
«Si capisce!» esclamò Piritoo.
Il coperchio della cassa scricchiolò, come se l'uomo stesse spostando il proprio peso.
«Crono avrebbe dovuto avere tre figli, non due. Cheryl sfida la sua natura di femmina, ostinandosi a governare senza un uomo a fianco. È per questo che gli Inferi sono sempre stati il dominio più debole.»
Antoinette sfiorò la collana che aveva attorno al collo, che aveva provato con tanta fatica a togliersi. Il metallo tiepido le scavò nei polpastrelli.
«Cheryl non ha scelto un re. Ha scelto me.»
Piritoo sbottò a ridere di nuovo. L'odio di Antoinette cresceva ad ogni momento in più che passava.
«Ha scelto bene, questo glielo debbo concedere. Ma una femmina non riuscirebbe mai a tenervi, dolce Antoinette. Voi siete stata destinata a cose ben più grandi.»
Una depressione nella strada fece avvallare il carro per un momento, e Antoinette sbatté la testa su un lato del baule. Gemette, si portò una mano sulla fronte e si accorse che era bagnata.
«Ti consideri più grande di Cheryl?»
«Come marito, sì. Quantomeno io soddisfo i requisiti minimi.»
«Ti credi più di quello che sei»
«Io sono un re.»
«Ti ridurrò tutte le ossa in polvere!» sbraitò Antoinette, sbattendo i pugni contro il coperchio.
Piritoo rise ancora. Antoinette non aveva mai chiesto ad una pianta di uccidere per conto suo prima ma, non appena avessero raggiunto la superficie, i suoi poteri sarebbero stati pienamente reintegrati.
Piritoo non aveva alcuna speranza di vincolarla: tutta quell'impresa era stata condannata ad un esito infausto prima ancora di iniziare.
Cominciarono a venirle i crampi ad una gamba, e le scagliarono delle fitte di dolore lungo la schiena. Flesse il piede come meglio poteva. Era stata così sciocca a presumere che fossero stati mandati da
Demetra, solo e soltanto perché le avevano offerto la libertà. Era una persona che si appigliava troppo avventatamente al ramo più vicino, senza vedere i pericoli che c'erano sotto, e che aspettavano solo che lei cadesse.
Sentì delle urla. Il carro sballottò da destra a sinistra, come se Teseo stesse seguendo un percorso a zig-zag. Quell'oscillazione scaraventò Antoinette in ogni direzione, e lei gridò.
In un attimo di frastornamento, si sentì come se fosse stata lanciata in caduta libera, ma poi la cassa impattò contro una superficie solida, e lei fu sbattuta su un fianco. Sentì delle anfore che andarono in frantumi attorno a lei.
Le ronzavano le orecchie, e si sentiva in bocca il sapore dell'icore. Doveva essersi morsa la lingua. Almeno non si muoveva più nulla, anche se aveva perso la cognizione di quale parte della cassa fosse quella superiore, e quale quella inferiore.
Il baule si spostò di nuovo, e Antoinette guaì, ricadendo un'ennesima volta su un fianco. Si aprì il coperchio, lasciando filtrare un filo di luce del giorno.
Antoinette allungò una mano, e le sue dita lambirono l'erba. Con rinnovato vigore, strisciò verso la luce.
Una volta che fu fuori dalla cassa, si alzò in piedi, strizzando gli occhi per la luce. Qualcosa rotolò verso di lei, ed Antoinette abbassò lo sguardo per trovarsi una testa mozzata, che gli si fermò a breve distanza dal piede.
Gridò alla vista degli occhi vitrei di Piritoo, e per poco non cadde, inciampando all'indietro contro la cassa, nella sua fretta di allontanarsi.
«Un regalo di nozze per mia moglie.»
Antoinette staccò gli occhi da Piritoo per puntarli su Cheryl, in piedi di fronte a lei, con indosso un chitone nero intriso di sangue lungo tutta la parte anteriore, che ora le stava appiccicata al corpo. Altro sangue le imbrattava un lato del viso. Aveva un aspetto vendicativo, come quello delle Erinni, e gli occhi invasati.
Doveva aver lasciato il palazzo in fretta e furia, senza indossare alcuna armatura. Le fece cenno di avvicinarsi con una mano cremisi.
«Vieni qui.»
Antoinette riabbassò lo sguardo su Piritoo. C'era un mare di sangue che imbeveva l'erba attorno a loro. Il suolo di un campo di battaglia era sempre arricchito dalla vita che vi era stata versata sopra. Si accostò a Cheryl con passo malsicuro. Non riuscì a trovare il coraggio di guardarla.
«Ti hanno fatto del male?» le domandò Cheryl.
Antoinette scosse la testa, ma fece una smorfia, quando quel movimento le ricordò di quanto fosse indolenzita, dopo tutto il tempo che aveva passato intrappolata.
«Sto bene. Siete voi ad essere ferita,» commentò, sbirciando un taglio sul braccio di Cheryl.
«L'icore è spillato dalle tue vene.»
Cheryl toccò la fronte di Antoinette, nel punto in cui le aveva inzuppato i capelli. Antoinette trasalì.
«Non riesco a sentire nulla.»
La voce di Cheryl si fece più gelida.
«Me ne sono accorta. Sarà meglio che rientriamo. Riesci a camminare?»
Antoinette annuì. Attorno a loro giacevano i rottami del carretto. Ad un certo punto, i cavalli dovevano essersi sbrigliati. Il carro era ribaltato, ed il suo contenuto sparpagliato ad arco. C'erano frantumi di terracotta disseminati in ogni dove.
Cheryl teneva la sua spada lungo un fianco. Del sangue mortale colava lungo tutta la lama e sgocciolava sull'erba.
Antoinette si sentiva come se ogni goccia che colpiva il terreno stesse cadendo sulla sua stessa pelle. Cheryl tirò fuori un panno ed asciugò la sua spada, prima di ringuainarla nel fodero che portava sull'anca. Non erano sole. Altri membri del seguito di Cheryl erano sopraggiunti con lei, e stavano aiutando ad allontanare i cavalli o a recuperare quello che era caduto dal carro.
Due donne stesero un telo pulito su un paio di corpi. Il sangue impregnò rapidamente il tessuto, le macchie sembravano come degli strani fiori che stavano sbocciando.
Antoinette si avvicinò un altro po' a Cheryl.
«Teseo è morto?»
Cheryl posò lo sguardo sui corpi.
«Ovviamente. Le loro vite sono state spacciate nel momento in cui sono entrati nel mio reame.»Condusse Antoinette alla sua biga, e partirono immediatamente, senza aspettare che i servi portassero a termine il loro macabro compito.
Antoinette si lanciò un'occhiata da sopra la spalla, sbirciando in direzione del luccichio sfavillante sulla cresta delle acque azzurre di Oceano. Erano arrivati piuttosto vicini ai confini dell'oltretomba. Un altro pizzico di tempo, e lei avrebbe potuto raggiungere la superficie.
Ma a quale costo?
Guardò la dea che aveva a fianco. Cheryl teneva lo sguardo puntato dritto di fronte a sé e le briglie lasche fra le mani. Doveva a malapena governare i cavalli: conoscevano la strada. La sua espressione era torva, e le si contraeva di tanto in tanto un muscolo sulla guancia.
«Cheryl? Grazie... per avermi salvata.»
Cheryl posò su Antoinette uno sguardo lugubre.
«Prendo atto della tua gratitudine.»
E percorsero il resto del tragitto in silenzio.
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Prigioniera Degli Inferi - Choni
FanfictionConosciamo tutti la storia... Ade rapisce Persefone, figlia di Demetra, e la conduce di forza con sé negli Inferi, per.... ecc. Ma vi siete mai chiesti come la storia sarebbe andata...se... SE il dio degli Inferi fosse stata in realtà una DEA bellis...