CAPITOLO VENTICINQUE

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Alison's pov

È notte, sono sola in una strada e sto correndo. Sono senza fiato.

Davanti a me vedo solo la strada, dritta, senza curve e deviazioni e soprattutto senza fine.

C'è uno strano silenzio intorno a me: non sento il brusio tipico di New York, il suono dei clacson, delle auto, delle persone che la popolano. Tutto ciò che riesco a udire invece è il rumore del mio respiro affannoso e il suono dei miei tacchi che colpiscono l'asfalto. Sento pure il leggero fruscio delle onde che si infrangono contro gli scogli, ma non capisco da dove provenga.

Continuo a correre. Sto scappando da qualcosa, ma non so da cosa.

Poi improvvisamente sento una voce dietro di me, qualcuno mi sta chiamando.

<<Ehi, dove vai, aspetta!>> urla una voce maschile.

La riconosco: è la voce di quell'uomo.

Provo a correre più velocemente, spaventata, non oso nemmeno voltarmi.

Sento i suoi passi dietro di me che si avvicinano sempre più.

Faccio fatica a muovermi. Mi sento sempre più pesante, come se stessi cercando di correre controvento.

Invece lui è sempre più vicino, a pochi metri da me.

Improvvisamente mi afferra il braccio e mi fa voltare di forza verso di lui.

Chiudo gli occhi per non essere costretta a vedere il suo viso.

<<Dove pensavi di andare Alison?>> mi chiede con voce dura.

<<Lasciami andare.>> dico.

<<Apri gli occhi, tesoro. Guardami.>> mi ordina.

Io scuoto la testa. Non voglio più incrociare il suo sguardo, mi disgusta, mi spaventa, mi terrorizza.

<<Fallo, Alison. Adesso.>> esclama, con tono perentorio.

Così lo faccio.

Però appena apro gli occhi ciò che vedo mi destabilizza.

Davanti a me non c'è quell'uomo, bensì un ragazzo biondo, con gli occhi verdi e un sorriso freddo e sprezzante. È Alex.

Quel ragazzo ha reso gli ultimi mesi della mia vita una continua corsa sulle montagne russe, facendomi sentire prima in paradiso e l'attimo dopo all'inferno.

<<Sai chi sono Alison?>> mi chiede.

<<Sì.>> rispondo.

<<Chi sono?>>

<<Sei Alex.>> mormoro.

<<Sai che tutto ciò che ti è successo stasera ti è successo a causa mia?>>

<<Non è vero, non c'entri nulla.>> dico.

<<Invece sì e lo sai anche tu.>>

Ci penso. È davvero colpa sua?

Razionalmente direi no, ma so che in realtà prima di lui ero molto più sicura di me stessa.

Eppure no, non è colpa sua. Anzi, la rabbia che provo nei suoi confronti mi ha aiutata a reagire.

<<No. Non centri nulla.>> ripeto.

Lui sospira, poi mi fa un'ultima domanda.

<<Mi ami ancora?>> chiede a bruciapelo.

Io non so che dire. Lo amo ancora?

Sono sempre stata sicura di amarlo, pure dopo tutto ciò che era successo io ero ossessionata da lui.

Però ora mi rendo conto che non è così.

Non pensavo a lui da un po' a dire il vero, tra il lavoro, la scuola, i turni extra, le chiacchierate con Bri e Vi e soprattutto i momenti con Matt io non avevo più tempo per lui. Non avevo più tempo per abbandonarmi a quegli inutili ricordi.

<<No, non ti amo più. Mi hai abbandonata e mi sono rifatta una vita. Non ho più tempo per te ora.>> confermo, convinta.

Il suo sorriso freddo si spegne e i suoi occhi diventano più scuri, neri, senza pietà. Sono gli stessi occhi di quell'uomo adesso.

<<Bene, Alison. Se non hai più tempo per me, non hai neanche più tempo da vivere.>> dice.

<<Cosa?>> sussurro, non capendo.

Lui con un cenno della testa mi dice di voltarmi verso destra e io eseguo: noto che sono sul bordo della strada, che è anche l'orlo di un precipizio. Infatti, come mi rendo conto solo ora, la strada è costeggiata da uno strapiombo, e sotto c'è il mare. Ora si spiega il rumore delle onde che sentivo.

<<Addio, Alison.>> mormora lui, poi con una spinta mi butta giù da precipizio.

Io inizio a cadere, urlo, guardo il mare sotto di me che si avvicina sempre di più.

Le sue acque sono scure, agitate, le onde sono impetuose.

<<Matt!>> strillo, non sapendo bene il perché.

Ripeto più volte il suo nome, mentre il mio corpo cade, avvicinandosi sempre di più al mare.

Chiudo gli occhi, pronta all'impatto, quando sento una voce molto familiare e rassicurante.

<<Alison! Cazzo, Alison, svegliati!>> esclama la voce.

Apro gli occhi all'improvviso e mi trovo davanti Matthew.

Mi guardo intorno, preoccupata, ma noto che sono a casa sua, nel suo divano e non sto precipitando giù da un dirupo. Era solo un sogno.

Sto ancora ansimando, ma sono sollevata. È successo tutto nella mia testa.

<<Oddio, biondina, mi hai fatto prendere un colpo.>> mormora lui, accarezzandomi i capelli.

Noto che ha ripreso a chiamarmi biondina. Non lo faceva da un po'.

<<Perché?>> chiedo.

<<Sono le cinque di mattina e hai cominciato ad urlare. È normale che io mi spaventi.>> risponde.

<<Stavo sognando.>> mi giustifico.

<<Lo avevo intuito.>>

<<Comunque scusa se ti ho svegliato, torna pure a letto.>>

<<Va bene, però vieni anche tu.>>

<<Cosa?>>

<<Non voglio lasciarti sola.>>

Annuisco e lo seguo nella sua camera, poi mi sdraio rannicchiata su un fianco, mentre lui si mette sulla sponda opposta del letto.

Per un po' nessuno dei due si muove ma dopo qualche minuto si avvicina a me e mi cinge il corpo con un braccio.

<<Ti da fastidio?>> chiede.

<<No.>> rispondo, avvicinandomi a lui.

<<Buonanotte allora.>> sussurra, per poi posarmi un bacio sui capelli.

<<Buonanotte.>> dico pure io, sorridendo e addormentandomi rannicchiata tra le sue braccia.

That Summer NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora