CAPITOLO QURANTATRE

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Charles's pov

Io e Victoria usciamo dalla discoteca, mano nella mano.

Lei sorride e mi sembra davvero così felice, come se aspettasse questo momento da tempo.

Saliamo sulla mia auto e partiamo.

Mentre guido appoggio una mano sulla sua e lei mi sorride di nuovo.

Non so cosa accadrà quando arriveremo a casa mia e a dire il vero non so nemmeno cosa voglio che accada.

Penso a ciò che potrebbero consigliarmi i miei migliori amici se fossero qui con me ora.

"Scopate, ovvio. Poi quando avete finito se volete parlate, ma per parlare c'è sempre tempo, quindi fattela di nuovo" direbbe Jack.

Quel ragazzo ha la sensibilità di un sasso, non mi fido del consiglio che mi darebbe.

"Non ascoltare Jack, non provare a fartela subito, soprattutto perché è ubriaca. Se ti piace davvero la prima volta deve essere più speciale, non così. Quindi ora guardate un film o fate qualcosa di carino, non lo so" mi suggerirebbe invece Matt.

Ha ragione, la nostra prima volta dovrebbe essere più speciale. Però guardare un film o qualcosa del genere sarebbe banale, lo facevamo anche prima, quando eravamo solo amici.

Mentre penso arriviamo a casa mia, così io parcheggio l'auto, poi entrambi entriamo in ascensore.

L'ascensore sale i piani lentamente, troppo lentamente forse.

Io e Victoria infatti non ci rivolgiamo la parola da qualche minuto e forse la situazione sta diventando un po' imbarazzante. Ci siamo baciati, certo, e io so di provare qualcosa per lei. Però non ci siamo ancora detti nulla a riguardo. Io so che non sono molto ubriaco, la sbornia è già praticamente passata, quindi ora potrei affrontare una conversazione del genere. Invece non so se lei sia sobria oppure no. Non so nemmeno ne abbia acconsentito a venire in casa mia solamente perché ha bevuto o perché davvero le piaccio.

Vorrei chiederglielo, ma prima è meglio se arriviamo al mio attico.

Mi volto leggermente verso di lei e le lancio uno sguardo veloce. Stasera è davvero bellissima. Indossa un vestito verde scuro con le spalline cosparse di piccoli brillantini che fa risaltare il suo incarnato olivastro e i suoi riccioli scuri sono sciolti sulle spalle. Le sue labbra inoltre sono contornate da un leggero sorriso che prova a trattenere mordicchiando il labbro inferiore con i denti.

Poi mi lancia un'occhiata, cogliendomi in flagrante a fissarla.

Mi sorride e abbassa lo sguardo.

Sembra quasi timida ora, mentre prima non lo era affatto.

Penso che non sia poi così ubriaca, altrimenti sarebbe più sfrontata.

Ricordo com'era la sera del ventisei agosto: molto più disinvolta, meno riservata.

E so anche come diventano le sue amiche quando sono ubriache, o almeno so ciò che mi ha raccontato Jack su Brianna: mi ha detto che era davvero sfacciata quella sera, così diversa dal solito.

Invece ora Victoria sembra la stessa ragazza di sempre, per nulla ebbra, ma sobria e composta, pronta ad affrontare una conversazione seria. E la faremo una volta arrivati nel mio appartamento, davanti ad un calice di champagne. Dovrei aver comprato del Dom Perignon proprio due giorni fa.

Guardo il monitor che indica l'avanzare dei piani: siamo al diciannovesimo, tra poco ci siamo.

Però, pochi secondi dopo aver distolto lo sguardo dal monitor, l'ascensore si ferma all'improvviso.

Lancio un'occhiata perplessa a Victoria che mi guarda a sua volta, confusa.

Non siamo ancora arrivati, perché ci siamo fermati?

Vedo che la sua bocca si apre per formulare una domanda, ma non fa nemmeno in tempo a dire una parola che le luci si spengono di colpo.

Siamo immersi nel buio più totale.

Silenzio.

Nessuno dei due dice nulla per qualche secondo, poi sento la sua voce.

<<Charles, che succede?>> mi chiede.

<<Non lo so, Vicky, ma tranquilla. Ora riparte, ne sono certo.>> rispondo, un po' preoccupato.

La cerco a tentoni nel buio, per rassicurarla, ma non la trovo.

Allora accendo la torcia del telefono e la illumino.

Vedo che è intenta a cercare qualcosa nella sua borsetta, probabilmente il cellulare per fare la stessa cosa che ho fatto io.

<<Allora, accade spesso?>> domanda lei, nervosa.

"No, mai" dovrei risponderle per dirle la verità, ma non voglio preoccuparla.

Così mi sforzo di sorriderle e annuisco.

<<Già, a volte capita. Stanno facendo dei lavori e certe volte c'è qualche blackout, ma non è mai nulla di grave. La luce si riaccende sempre dopo un po'.>> tento di rassicurarla io.

<<Il contatore del condominio dove si trova?>> mi chiede.

<<Penso vicino all'abitacolo del portiere del palazzo. Perché?>>

<<Bisognerebbe chiamarlo per farglielo riavviare. A volte salta la luce anche nel nostro palazzo e la riaccendo io stessa dato che non abbiamo un portiere. Però se voi qui lo avete devi chiamarlo.>>

<<Davvero sai farlo? Io non ci ho mai provato.>> dico, mentre compongo il numero del portiere sul mio cellulare.

Però naturalmente in ascensore non c'è campo, quindi non parte la chiamata.

Provo a mandargli qualche messaggio che però non si invia nemmeno.

<<Non va nulla.>> dico.

<<Dobbiamo aspettare che se ne accorga qualcun altro.>>

<<Sono le quattro di notte, non se ne accorgerà nessuno per molto tempo.>> le faccio notare io.

<<Già, hai ragione. Quindi non ci resta che aspettare.>> mormora lei, sedendosi a terra.

Io prendo posto affianco a lei e le cingo le spalle con un braccio.

Victoria appoggia la testa sulla mia spalla e non dice più nulla.

Rimaniamo in silenzio per quelle che paiono ore, ma in realtà so che si tratta solamente di pochi minuti.

La verità è che non so affatto cosa succederà ora e quando l'ascensore ripartirà, quindi non so quando saliremo in casa e potrò parlarle dei miei sentimenti.

Così prendo una decisione: non mi interessa se siamo in un ascensore bloccato, immersi nel buio e illuminati solo dalla pallida luce della torcia del mio cellulare. Io ora devo assolutamente dirle ciò che provo.

That Summer NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora