Capitolo 7

333 4 0
                                    

Helmut ci sorride e ci fa cenno di seguirlo.
"Non è distante, ma ci sono circa centoventi gradini da fare...però il panorama è bellissimo, e le stanze sono ampie e belle. Vedrete".
Nessuno di noi due replica, siamo frastornanti.
Ripenso alle persone appena viste, a tutto quello che ci ha detto Antea, guardo Tiberius.
"Eri diverso stamattina. Eri taciturno e introverso, invece poco fa mi sei sembrato tutt'altro che timido".
"Sono uno che sa adattarsi alle situazioni, se avessi fatto l'idiota con te mi avresti liquidato in un secondo!", ride.
"Cioè??"
"Sei una con cui bisogna misurare le parole, o almeno dai questa impressione".
Mi guarda, fa una pausa.
"E poi non sei il mio tipo, mi piacciono brune e indipendenti. Come Antea, ma lei sta con quella mummia, il principe ereditario, non amo le rosse, ma per lei farei volentieri un'eccezione".
"Stai scherzando vero? Non la sopporto", esclamo.
"Invece trovo Nastia bellissima", continuo.
Tiberius arriccia le labbra in un'espressione buffa.
"Sì, è bella, ma sembra così delicata e minuta, penso che solo a sfiorarla potrebbe andare in mille pezzi. Non mi piacciono le persone fragili, e poi è troppo bionda!" Esclama ridendo.
"Siamo quasi arrivati", interviene Helmut.
Mi ero completamente dimenticata della sua presenza, mi sento un po' in imbarazzo per i commenti che abbiamo fatto, chissà cosa penserà.
Saliamo l'interminabile rampa di scale, arrivo su senza fiato. Siamo in uno stretto loggiato la cui vista dà su un'ampia valle: il panorama è davvero incredibile, tutto intorno a noi si estende interminabile la campagna intatta, inframmezzata da morbide colline. La immagino con i colori della primavera: almeno avrò una magnifica vista, penso.
"Ma è rimasta così da quattrocento anni?" chiedo.
"Cosa?" domanda Helmut.
"Beh, la campagna qui intorno, non ci sono case", gli dico.
Ride.
"Non per vantarci ma siamo più bravi di voi a costruire. Sappiamo quasi azzerare l'impatto ambientale.
Il nostro campo di forza si estende per circa venti chilometri di raggio e siamo più o meno trentamila abitanti, come puoi immaginare di case ce ne sono, qua e là".
Io e Tiberius lo guardiamo sgomenti.
"Trentamila alieni??"
Helmut ci osserva con i suoi grandi e limpidi occhi celesti. È il ritratto dello stupore.
"Non so se possa rincuorarvi, ma se siete qua, siete alieni anche voi", puntualizza.
Poi sembra voglia aggiungere qualcosa.
"Non ho potuto non sentire, liberi di avere le vostre opinioni, ma...vi assicuro Lev non è una mummia. Ho almeno non lo era. È il mio miglior amico".
Do un'occhiataccia a Tiberius, ma Helmut non sembra seccato per le critiche al suo amico.
Con lo sguardo sembra tornare a ricordi lontani, sorride.
"Eravamo inseparabili lui, Gamon, Antea ed io. Due anni fa è morto tragicamente suo padre e lui non è più stato lo stesso, non è stato solo il trauma affettivo...lui ha radicalmente cambiato vita. Io gli voglio bene, ma è difficile, con Gamon quasi non si parlano più, mentre prima condividevano tutto. Antea non so, si barcamena, ma con una donna è diverso. E poi con lei non ne ho mai parlato".
Ci guarda. Ha un'espressione mite e triste.
"Scusate, mi fa male vederlo così cambiato", mormora.
"Bene, queste sono vostre", dice dandoci due chiavi e indicando le porte.
"Nella stanza c'è anche una piccola zona giorno con cucina rifornita di provviste. Altrimenti potete andare nel ristorante appena prima delle scale. O ovunque vi piaccia, finché siete studenti non dovrete preoccuparvi del vostro mantenimento", aggiunge.
Fa un'espressione concentrata, corrugando le sopracciglia e gonfiando le guance.
"Sì, credo di avervi detto tutto. Domani io o Gamon passeremo per accompagnarvi a scuola. In stanza troverete dei cellulari con i nostri contatti, ma vedrete che presto sarete pieni di numeri di nuovi amici", ci dice con un sorriso.
"A domani".
E si incammina trotterellando per le scale.
"Beh, pensano proprio a tutto. Non scherzano questi alieni!" Tiberius sembra entusiasta.
"Già", rispondo.
"Chissà se c'è anche il numero di Antea, preferirei mi accompagnasse lei a scuola..."
"Scordatelo, questi sono compiti di servizio, sicuramente li delega ad altri".
"Si, penso anch'io", e assume una espressione delusa.
"Mi fai vedere la tua camera? Non ho nessuna voglia di rifarmi tutte le scale per andare a mangiare giù!" Mi dice all'improvviso.
Eh??
"Non ci penso nemmeno. Hai detto che sto sulle mie. Beh hai ragione, buonanotte Tiberius".
"Ti ho anche detto che non sei il mio tipo. Non hai nulla da temere", scherza.
"Smettila di giocare sempre. Tu sembri felice di essere qui, io sono scioccata. Sul serio, scusami, ho bisogno di stare da sola. A domani".
Mi guarda con espressione dolce.
"Come vuoi, buonanotte. E come si dice, sogni d'oro".
"Tiberius?"
"Sì?"
"Per curiosità io in quale categoria rientro?"
Mi guarda interrogativo.
"Sì, le rosse, le brune..."
"Ahh! Tu sei castana, castana chiara", mi dice guardandomi come se osservasse un rospo da laboratorio.
"Questo lo sapevo anch'io", dico con una smorfia.
Mi guarda con quell'espressione da tonto caduto dalle nuvole che hanno i ragazzi quando non hanno capito niente.
"Va be', lasciamo perdere, come non detto. Notte".
"Notte".

Le due realtàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora