Capitolo 14

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Quando lo spinge dopo aver fatto scattare la voluminosa serratura, il grosso portone antico cigola acciaccato. Sono le sette del mattino, è lì da più di un'ora e ha visto l'alba stemperarsi in mille sfumature di rosa sulla facciata del secolare palazzo, non ricordava quanto fosse bello. Avrebbe potuto entrare prima, visto che ha le chiavi, ma è sicuro che Nastia si sarebbe svegliata: percepisce la sua presenza, come del resto fa lui. E poi gli ha fatto bene starsene al freddo del mattino a schiarirsi le idee.
Mentre sale fa scorrere lentamente le dita lungo il corrimano d'ottone dello scalone immacolato, ora è opaco e impolverato, ma quand'era bambino veniva lucidato ogni giorno: era lucente e scorrevole, perfetto per essere cavalcato. Lui non scendeva mai quelle scale a piedi, scivolava a velocità folle su quello stesso corrimano, per la disperazione di sua madre che era terrorizzata, non gli importava nulla del rischio di cadere da oltre dieci metri d'altezza, anzi forse era proprio quella la sfida, ripensa con un sorriso. Una sola volta si era spaventato, quando Nastia lo aveva convinto a portarla con sé, si erano sbilanciati e avevano rischiato di precipitare: il cuore gli si era fermato. Avrebbe rischiato la sua vita mille volte, ma mai per nessuna ragione quella di sua sorella, era la persona che più amava al mondo, insieme a suo padre.
Tutte le altre persone avrebbero anche potuto non esistere.
"Lev sei tu?"
Gli si stringe il cuore, è in cima alle scale, piccola e bellissima e non lo vede.
"Sì, sto salendo. Indovina cosa ti ho portato, ho trovato dei dischi di quasi un secolo fa, vecchi concerti credo...Beethoven".
Lei batte le mani in un gesto di pura gioia.
"È inutile che ostenti di sapere a malapena chi sia Beethoven, non con me almeno", gli dice mentre lo bacia.
"Che cosa c'è? Sei strano, mi sembri stanco", gli prende la mano mentre si avviano per gli interminabili corridoi.
"Ieri non riuscivo a dormire, ho passato la notte in laboratorio. Ho riconfrontato tutti i tuoi esami, non ne vengo a capo..." dice con un sospiro.
"Non te la prendere, stai già facendo troppo, e poi chi lo sa, magari la spiegazione non è in me, oppure al contrario è nel mio sangue, io sono fatalista, lo sai..."
"Smettila! Dimmi piuttosto, com'è andata con il ragazzo? È venuto? Lo vedi ancora? Questo è importante!"
"Sì, lo vedo perfettamente, nitido in tutto il suo splendore. Per fortuna che l'unica persona che riesco a vedere è di bell'aspetto, lo sai che sono un'inguaribile esteta".
"Mhm forse la chiave sta nel fatto che il suo sangue è molto diluito, in lui la componente terrestre è forte perché ha avuto la rivelazione molto tardi", riflette.
"Sì, l'ho pensato anch'io. Anche la ragazza vedo discretamente, non quanto lui, ma abbastanza", aggiunge Nastia.
"La ragazza? quale ragazza?", le chiede.
"Ma sì! La ragazza che è arrivata con lui!" esclama spazientita.
"Ah già", dice con un gesto di noncuranza, "me ne ero scordato".
Sa benissimo chi è la ragazza, sa come si chiama, quanti anni ha, cosa le piace, sa perfettamente quale è il sapore delle sue labbra.
Nastia osserva il fratello pensieroso, c'è qualcosa che non la convince. Non sa se la storia della telepatia dei gemelli sia vera, ma spesso conosce i suoi pensieri ancora prima che lui stesso riesca a formularli. E adesso c'è qualcosa che non va.
"Comunque credo che sia una novità importante il fatto che tu riesca a vedere...", fa uno sforzo per ricordare il nome.
"Tiberius, si chiama Tiberius e lei Opheline. Sono persone, te lo rammento".
Guarda la sorella sbuffando e tirandosi indietro i bei capelli bronzo che proprio in quel momento illuminati dal sole risplendono di riflessi ramati.
"Sono terrestri", replica con un vago tono di fastidio.
"Eh no! Se sono qua vuole dire che il nostro prezioso sangue è dominante, quindi ti puoi anche togliere quella smorfia di disgusto dalle labbra. E quando capirai che non siamo superiori ai terrestri? Non ti sopporto quando fai così"
"Sì, sì, si chiamano Tiberius e Opheline, d'accordo, non ho voglia di prediche. Dicevo che il fatto che tu riesca a vedere Tiberius cambia tutto, abbiamo qualcosa da cui partire almeno", le sorride, non vuole litigare.
"La mia stanza è sempre pronta? Ho bisogno di dormire", aggiunge.
Lei fa un gesto grazioso e gli indica di accomodarsi, gli tiene ancora un po' di broncio.
"A proposito, non ho potuto godere della vista di Tiberius a lungo, perché qualcuno si è affrettato a inserirlo nella lista delle sue prede..."
"Di cosa parli?" le chiede con un sospiro, immagina già dove andrà a parare.
"Della tua gentile consorte ovviamente", gli risponde con un sorrisetto volutamente falso.
"Ah no! Smettetela di coinvolgermi nelle vostre beghe, lo ho detto anche a lei!", e si allontana veloce prima che lei possa replicare.
Nastia e Antea non si sono mai sopportate fin da bambine, si sono sempre fatte la guerra senza esclusione di colpi. Erano in competizione su tutto, anche se a tratti sembrava quasi che potessero essere amiche.
Ma da quando loro madre si è risposata col padre di Antea, e soprattutto da quando due anni prima lui si è ufficialmente fidanzato con lei, la situazione è degenerata. Da allora sono liti e insinuazioni e dispetti continui, nei quali lui è puntualmente invitato a prendere posizione. Lo esasperano.
Tema ricorrente è l'estrema disinvoltura di Antea, Nastia trova intollerabile l'aperta esibizione delle sue simpatie per tutti i ragazzi che le ronzano intorno.
Gli è difficile spiegare a Nastia che lui è perfettamente a conoscenza degli svaghi di Antea, anzi che per lui ciò è un sollievo. Nastia non lo capirebbe mai, sono troppo diversi in questo.
Lui ha accantonato sentimenti e passioni e per raggiungere un suo equilibrio interiore, perché così dev'essere. L'unico sentimento che segretamente lo tormenta è la paura che Nastia cominci presto a non vedere più anche gli oggetti oltre le persone, che non veda più il loro mondo. Che si svegli un giorno nell'altra dimensione.
Fra i terrestri.

Le due realtàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora