Capitolo 16

177 2 0
                                    

Ho rimuginato tutto il tragitto sul racconto di Tiberius, sono nervosa e confusa per molte ragioni. Siamo arrivati al Castello, ci salutiamo ed io mi dirigo direttamente nell'ufficio di Fiona, una segretaria mi apre la porta.
È un piccolo studio pieno di faldoni ovunque, disordinato e anche piuttosto sporco, l'aria è densa di fumo. Chi lo occupa non è molto diverso.
Chissà perché mi ero messa in mente che tutti qua fossero bellissimi, e ieri a scuola quando mi sono accorta di essere attorniata da ragazzi normali e non da schiere di modelli e modelle, ho tirato un sospiro di sollievo: mi bastano i gemelli e soprattutto Antea a farmi sentire inadeguata.
Ma Fiona è brutta, mi sento in colpa per un sentimento così poco nobile, ma provo quasi ribrezzo a vederla, è concentrata sul monitor e sembra non essersi accorta di me, così ho tutto tempo per osservarla. Non saprei darle un'età, è di una magrezza estrema, sembrerebbe malata, la pelle è pallida e tendente al giallastro e il viso scarno è quasi interamente occupato da due enormi occhi acquosi che ricordano quelli del pesce al mercato. Del pesce non fresco.
I capelli sono di un indefinito color sabbia, tagliati corti in qualche modo, ho l'impressione che li tagli da sé, le sue dita un po' ingiallite da fumatrice accanita corrono veloci sulla tastiera, e sono talmente lunghe e ossute che mi rammentano i rametti nodosi di certi cespugli.
Alza lo sguardo improvvisamente.
Ho quasi un sussulto, ho paura di avere dipinto in faccia quanto io la trovi sgradevole.
Invece mi sorride, ed è un sorriso bellissimo, un sorriso che illumina immediatamente tutto il volto e si trasmette anche agli occhi da pesce facendoli brillare di viva intelligenza. Mi sembra quasi bella, la guardo sorpresa.
"Opheline se non sbaglio, accomodati cara".
Ha una voce gentile e autorevole.
"Come stai? Passato lo spavento?"
È la prima a chiedermelo.
"Lo so che sei traumatizzata, ma credimi il tempo rimedia a tutto, detto così non sembra una gran consolazione, ma se ci pensi è una fortuna. Se il tempo non avesse questa grande virtù nella vita moriremmo cento volte, di dolore, di rimpianto, di nostalgia, quando abbandoniamo il ventre materno, quando scopriamo che esiste la morte, quando finisce il primo amore che credevamo eterno...Vieni siediti e chiacchieriamo un po'. Su Orzo, sii gentile e falla accomodare".
E chi è Orzo?
Lo avevo scambiato per un largo cappello animalier, invece un grosso gatto col manto di un leopardo mi scocca infastidito uno sguardo verde mentre riluttante disfa la sua ciambella perfetta e mi cede il posto.
"Allora, cosa ti piace fare?"
Ecco ci risiamo. Perché deve per forza piacermi fare qualcosa?
"L'unica cosa che so è cosa non mi piace fare. Per il resto non ho la più pallida idea, neanche una. A scuola non ho particolari difficoltà, ma nemmeno particolari passioni, invidio quelli che già sanno con certezza cosa faranno nella vita, perché proprio non è il mio caso". Ecco l'ho detto. È la prima volta, ma arrivati a questo punto cos'ho da perdere?
Mi osserva pensosa.
"È la risposta più franca che mi sia sentita dare da anni. Sei molto analitica. Credimi, sono pochi quelli che sanno davvero cosa vogliono fare nella vita, e ancora meno quelli che hanno la maturità o l'intelligenza per ammetterlo. La maggior parte si trovano per caso o per necessità a fare il lavoro che fanno, pochi hanno la fortuna di fare quello che realmente amano, perché spesso non lo sanno nemmeno loro. Ma attenzione a non essere ipercritica verso gli altri e verso te stessa, nella vita si va anche per tentativi...Servono un po' di indulgenza e di coraggio, altrimenti rischi di vivere di rimpianti".
Mi sorride bonaria.
Ti piace leggere?", mi chiede.
"Sì...Soprattutto scrivere, ma so che qui non vengono incoraggiate le materie umanistiche..."
"Non è esattamente così, queste sono semplificazioni di Antea quando le fa comodo. Diciamo che la priorità è il progresso scientifico, ma il nutrimento dello spirito acutizza la mente, quindi in ultima analisi serve al nostro scopo. In parole povere...Cosa c'è cara? le mie mani hanno qualcosa di strano?"
Oddio le stavo fissando, muove quelle mani scheletriche come ventagli mentre parla. Improvviso una risposta:
"Fissavo il suo bellissimo anello, un opale".
Quasi peggio. Ora mi sono venute in mente le mani inanellate delle mummie ritrovate negli scavi archeologici.
Mi guarda indagatrice.
Abbasso gli occhi.
"Ti intendi di gioielli? Bene, anche questa potrebbe essere un'idea..." , riflette.
Qualcuno bussa ma non si prende nemmeno il disturbo di aspettare, entra.
È lui.
Sembra che non sia particolarmente felice di vedermi, si rivolge direttamente a Fiona.
"Buongiorno Fiona, Nastia ha trovato questi vecchi documenti, dice che forse potrebbero interessare a Bertrand..."
"Ringraziala tanto Lev, è sempre molto gentile", gli risponde mentre prende la cartelletta.
"Conosci Opheline? È appena arrivata".
Lui mi guarda di sfuggita facendomi un cenno: "Sì ci siamo intravisti ieri".
Intravisti? Ha una bella faccia tosta. Darei volentieri un bel ceffone a quella faccia d'angelo.
Fiona scorre brevemente con lo sguardo i fogli che le ha appena portato, poi si alza in piedi.
"Preferisco portarli subito a Bertrand, mi spiace cara, dovremo rimandare il nostro colloquio, ma ci tengo a rivederti presto. Intanto Lev ti accompagnerà prima alla redazione del giornale e poi al laboratorio dei preziosi, così inizierai subito a cercare la tua strada...".
"Che cosa??" diciamo all'unisono.
"Mi aspettano assolutamente al laboratorio di biologia, e poi ho una lezione".
"Niente che tu non possa rimandare Lev, porta i miei saluti a Nastia".
Gli occhi da pesce si sono fatti autoritari ed entrambi restiamo zitti mentre lei esce dall'ufficio.
"Sembra che continuiamo a incontrarci", mi dice irritato.
"Già. Anche perché è difficile non incontrare qualcuno se lo si aspetta davanti alla porta di casa".
Mi guarda coi suoi occhi grigi penetranti:
"Ti ho già chiesto scusa mi pare, è stato un attimo di debolezza, tutto qua".
Debolezza? Quanto vorrei togliergli quell'aria di indifferente superiorità.
"Ho solo puntualizzato che se cerchi qualcuno a casa sua non puoi stupirti se lo incontri. Per quanto riguarda il resto, non hai bisogno di scusarti, ho già dimenticato", dico guardando fissa davanti a me.
"Bene, tutto a posto allora. Sbrighiamoci ad andare in redazione così posso tornare ai miei impegni, sono già arrivato tardissimo stamattina".
"Posso trovare qualcun altro che mi accompagni, così ti risparmi la seccatura".
"Ti accompagno fino al giornale", mi dice senza aggiungere altro.
Facciamo due rampe di scale, poi prendiamo uno stretto ascensore. Non diciamo una parola, ora stiamo percorrendo un lungo corridoio sopraelevato con pareti di vetro.
"Non mi sembrava ti dispiacesse il resto però", mi dice a un tratto.
"Cosa?", rispondo impassibile.
"Se ti riferisci al bacio", continuo, "hai proprio ragione quando dici che non sai niente di terrestri, se mi fosse piaciuto avrei reagito in tutt'altro modo, credimi. Sono stata così tiepida perché il mio era un bacio di cortesia, pensavo fosse poco educato non ricambiarti".
La sua reazione è impagabile, provo una soddisfazione immensa. Mi guarda sconcertato, ma dura solo un attimo..
"Peccato, avrei una gran voglia di dartene un altro".
Sento già la salivazione aumentare. A che gioco sta giocando? Di solito quelli come lui li so sistemare a dovere.
"Risparmia i baci per la tua fidanzata", gli dico con un bel sorriso, sempre se non è impegnata con qualcun altro...penso. Mi guarda con un'espressione strana e accenna un sorriso con l'angolo della bocca.
Mademoiselle Opheline...i miei rispetti", dice facendomi un lieve inchino.
"Siamo arrivati, questa è la redazione del giornale. Non faticherai a trovare chi ti accompagni al laboratorio di oreficeria".
Resta a guardarmi per qualche secondo, sembra voglia dirmi qualcosa, ma poi mi fa un cenno di saluto e se ne va.

Le due realtàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora