Capitolo 11

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Sta ancora un po' sulle sue, e io nel rispondere evito di guardarlo.
"Niente, gli ho prestato una penna".
"Ah! Pensavo ne avesse una tempestata di diamanti! Invece la deve chiedere a te!", dice sarcastico.
"Sei acido", ora scruto i suoi occhi scuri.
"No, quello semmai dovrei esserlo con te per ieri sera", mi guarda e mi sorride. "Di lui sono forse un po' geloso, non ho mai avuto grandi possibilità economiche e ne ho sofferto, per questo lo invidio e mi irrita il suo atteggiamento distaccato, come se tutti gli altri fossero inferiori".
Non so cosa rispondere, i miei al contrario mi hanno sempre dato tutto, per quanto non facessi granché.
"Ehi per favore, non piombare nei tuoi pensieri!", mi prende sottobraccio. Adoro questo lato del suo carattere, fossi stata al suo posto dopo la scenata di ieri non gli avrei parlato per una settimana. Il rovescio della medaglia è che sembra non prenda nulla sul serio.
"Vieni, ti accompagno all'aula, mi sembri un po' disorientata, sei già in ritardo".
Ma come fa a muoversi disinvolto come se conoscesse questo posto da anni?
"Io sono appena stato nell'aula di fisica. È bellissimo, sono molto più avanti di noi. E questo mette definitivamente fine all'ipotesi che non ci dicessero il vero: la fisica è la mia passione, e ti assicuro che queste cose non le ho mai sentite! Non puoi avere idea!"
"Non ce l'ho veramente idea! Non ho mai capito niente di fisica nemmeno prima, figurati qua!".
Scoppia a ridere, è veramente bello, gli zigomi alti e il contrasto fra la pelle così chiara e gli occhi e i capelli neri: non fatico a credere che sia così corteggiato a dire la verità. Però è presuntuoso e terribilmente consapevole del suo fascino.
"Ma hai già finito? Le lezioni iniziano ora!", chiedo.
"Mi hanno detto che devo passare direttamente alla specializzazione, perché ero già all'ultimo anno. Suppongo sia più o meno come decidere cosa fare dopo le superiori, devo andare al colloquio con Fiona. Ma dopo quello che ho appena visto sono quasi sicuro di scegliere fisica".
"Chi è questa Fiona? Non ho sentito niente prima".
"Credo faccia una specie di test attitudinale, o un colloquio orientativo. Gamon non è stato di molte parole, e quelle poche non erano chiare. Comunque ho appuntamento con lei domani, ora sono libero e posso esplorare un po'". Sorride soddisfatto.
"Ah no! mi ero dimenticato quella seccatura!" Esclama.
Lo guardo interrogativa.
"Sai dove devo andare ora?", mi dice alzando gli occhi al cielo.
"No!"
"Non ricordi? Sono stato convocato dalla fata che suona l'arpa!"
"Ah già! Proprio non la sopporti eh?"
"Non è che non la sopporti, non la conosco nemmeno, solo mi sembra assurda come idea. Quello che non sopporto invece è l'atteggiamento altezzoso con cui mi ha praticamente ordinato di presentarmi là".
"Non mi sembra molto diverso dall'atteggiamento di Antea, e quello non ti dispiaceva mi pare..."
"Dici?", mi guarda.
"Purtroppo pare che lei non si dedichi alla musica, ma prima o poi scoprirò cosa abbiamo in comune...", mi strizza l'occhio e mi fa un bel sorriso mentre si allontana.
Direi che abbiamo fatto pace, e ne sono felice. È l'unico umano che conosca, perché, checché ne dica Helmut, io non mi sento aliena per niente.
Vedo finalmente davanti a me enorme la scritta Aule di Chimica, entro in una a caso e un'insegnante gentile mi guida nella mia classe.
Dopo due ore esco, e per la prima volta in vita mia avrei desiderato che la lezione non finisse: è stata coinvolgente e stimolante e non vedo l'ora che arrivi la prossima. Mi chiedo se veramente non sia questo il mio posto.
Osservo i lunghi corridoi per ritrovare l'uscita, per oggi ho terminato e domani vedrò anch'io la famosa Fiona. Chissà cosa mi aspetta.
"Oh ma chi si vede, la dolce Opheline". Riconosco perfettamente la voce e già mi innervosisco.
Mi giro ed è ancora più sfolgorante di come la ricordassi.
Antea indossa una camicia di seta verde con una profonda scollatura e una micro gonna di pelle nera che fa sembrare le belle gambe tornite ancora più lunghe. Calza degli stivaletti alla caviglia con tacchi più affilati di una lama.
Sembra una dea.
"Allora, è andato bene il primo giorno? E la casa? siete soddisfatti?"
Ha una voce insinuante e sicura.
"Io molto, Tiberius un po' meno..."
"Tiberius! dov'è il tuo bellissimo amico? Se ha problemi deve parlarne assolutamente con me. Ero venuta a prendere il mio fidanzato, ma pare sia già andato, non ho nessuna voglia di andarmene a casa, dammi il numero di Tiberius così mi spiegherà cosa c'è che non va mentre gli faccio fare un tour della città".
Sono allibita, io naturalmente non sono invitata al giro turistico.
"A presto dolce Opheline, ti consiglio di migliorare il tuo guardaroba, è così scialbo...".
Se mi chiama ancora dolce Opheline la strozzo.
Mi dirigo a grandi passi verso l'uscita per far sbollire la rabbia, proprio non la sopporto. Forse è il caso che anch'io esplori un po' la città dato che ci devo vivere, e poi mi serve un cappotto: nel mio guardaroba non era previsto, ma stamattina morivo di freddo e la mia giacchetta non è sufficiente.
Sono appena uscita dal portone d'ingresso e rivedo Antea su una potente macchina sportiva rossa fiammante.
Ovviamente.
Lei è seduta alla guida, e fuori dall'auto appoggiato alla portiera c'è Gamon.
Discutono animatamente, lui sembra molto alterato, mentre lei è sulle difensive. La strada è deserta, evidentemente tutti sono a lezione o impegnati in altre attività, mi sforzo di sentire, da qui non riesco però non voglio che mi notino.
A un certo punto lui apre la portiera ma subito dopo la richiude sbattendola con violenza e se ne va facendo un gesto per mandarla a quel paese. Lei parte sgommando a tutta velocità.
A quanto pare non sono l'unica a non amarla, e ora Gamon mi è molto più simpatico.

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