Capitolo 9

273 4 0
                                    


Toc Toc.
Ancora.
Sono passati cinque minuti, non demorde.
Ho pianto così tanto che non ci riesco più, evidentemente anche le lacrime hanno un limite.
"Chi è?" Rispondo con un sospiro.
"Ti prego, non so farmi nemmeno un uovo al burro!"
È la voce di Tiberius, fa il tono da supplica. In fin dei conti mi sento sola anch'io però.
"E va bene, ma che non diventi un'abitudine, ho bisogno dei miei spazi", gli dico schiarendomi la voce e controllando gli occhi gonfi nello specchio mentre mi avvio alla porta.
"Stai bene? Stavi piangendo?", mi chiede preoccupato.
Lo guardo meravigliata e anche vagamente irritata da tutta questa attenzione.
"Va meglio ora, credo. Su entra".
"Ehi, ma è uno scherzo?"
"Cosa intendi dire scusa?"
"Che la tua casa è bellissima e la mia fa schifo. Pensano di essere spiritosi?"
"Come schifo?"
"Scusa non saprei dire diversamente, la tua è una reggia. Le stanze sono ampie e belle aveva detto il boccoluto" dice imitando Helmut.
"Magari hai fatto troppo lo sbruffone oggi e questa è la punizione", suggerisco ridendo. Non me ne capacito ma ho bisogno di ridere.
"Si certo, cominciamo bene".
"Oppure...Com'era la tua stanza prima?", chiedo.
"Prima? A casa mia intendi? Simile a quella che ho ora. Speravo che almeno avrei avuto una stanza decente qua!"
"La mia era bellissima. Come questa".
Mi guarda.
"Vuoi dire che hanno ricreato la stessa tipologia di stanza che avevamo prima?"
Sollevo le spalle.
"Potrebbe essere un'ipotesi, no? Forse vogliono farci sentire a nostro agio".
"E pensano che mi piacesse da impazzire quella che avevo? Ecco lo sapevo. Fanno gli intelligentoni, ma sono degli idioti. Chi può essere felice di dormire in una stanza squallida e vuota?"
Scoppio a ridere.
"Dai siediti, non sono una super cuoca, ma all'uovo al burro ci arrivo, e poi la dispensa è fornitissima".
"Parla per te, nella mia probabilmente ci saranno solo acqua e pane vecchio!" dice allargando gli occhi.
Mi ha messo di buon umore.
" Che ne dici? Il quartier generale potremmo farlo qui".
"Quart...Ma di che parli? Tu mangi qui e poi te ne ritorni nella tua stamberga", rido.
"Non rigirare il coltello nella piaga! Quel posto è deprimente!"
"Puoi sempre lamentarti dei tuoi alloggi con Antea..." dico stringendo gli occhi.
"A proposito, ci pensavo mentre ammiravo la mia magnifica stanza", si siede.
"E se ci stessero prendendo in giro?"
"Cioè?"
"Sì, se tutte queste storie, quattrocento anni, gli alieni, l'altra dimensione fossero solo delle storie appunto?"
Sgrano gli occhi.
"Se fossero invenzioni", dico riflettendo, "come ti spieghi il castello?"
"Potrebbe essere un altro castello, semplicemente".
"Dici?", lo guardo perplessa.
"Ma è nello stesso posto però. E poi a che scopo?", obietto.
"Già. Ma chi lo sa, magari c'è una spiegazione, ci hanno drogati o che so".
Scuoto la testa. Mi sembra molto improbabile.
"Purtroppo credo che sia tutto vero...". Sono combattuta, sto per raccontargli del ciondolo, ma ho paura di scoppiare a piangere di nuovo. So di avere i nervi a fior di pelle.
"Hai pianto tanto, ti ho sentita, ero fuori sul loggiato", mi dice cambiando di colpo discorso.
"Senti ho ripensato a quello che mi hai detto prima", continua.
"Cosa?"
"La storia delle rosse, le brune. Sì insomma, ti ho detto che non eri il mio tipo, ma non intendevo dire che tu fossi brutta, o non mi piacessi, anzi. Piangevi per quello?"
Questo è il colmo!
Sono appena stata sballottata in un mondo alieno e per quanto ne so potrebbero vivisezionarmi domani, e questo pensa che pianga perché non sono il suo tipo!
E ha anche la faccia tosta di chiedermi di preparargli la cena.
Mi monta una rabbia incredibile.
È come se dovessi buttar fuori tutta l'ansia e la paura e il dolore che ho accumulato.
"Senti un po' bel tenebroso", dico parafrasando Antea, chissà se coglie l'ironia.
"Punto primo non preoccuparti, non sei il mio tipo esattamente quanto io non sono il tuo.
Punto secondo, se anche fossi stata vagamente, ma è solo un'ipotesi, attratta da te, qualsiasi attrazione sarebbe stata cancellata dalla scoperta di quanto sei stupido, presuntuoso ed egocentrico.
Punto terzo non mangerei con te neanche se fosse la nostra ultima cena prima della condanna a morte. Per cui tornatene pure nella tua stanza schifosa".
"Ma sei seria?" Mi guarda incredulo.
"Ti sembra stia scherzando?", sbraito.
"Quand'è così buonanotte di nuovo. Tu sei pazza". E se ne va.
Ho esagerato lo so.
Ma so anche che non cambierei una virgola di quello che ho detto, se lo meritava. Mi ha stufato con le sue arie da seduttore, e con quell'atteggiamento di uno che ha sempre la situazione sotto controllo.
E poi dopo il pianto e la sfuriata sono esausta, non ho nemmeno fame, voglio solo dormire.
A fare pace ci penserò domani.
Se ne avrò voglia.

Le due realtàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora