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Kat's point of view...

Mi sentivo bene, nessun orribile e raccapricciante pensiero affollava la mia mente. Delle braccia calde, possenti e rassicuranti mi tenevano stretta ad un corpo altrettanto caldo, altrettanto forte. Probabilmente quella sensazione di benessere dipendeva dall'eccessiva quantità di alcol ancora presente ne mio sangue, ma in quel momento non me ne importava niente.
Percepivo il suo respiro rilassato tra i capelli, le lunghe gambe nude erano intrecciate alle mie e il suo petto sfiorava la mia schiena ogni volta che inspirava.
Una parte di me sapeva che in un certo senso era sbagliato, sapeva che non avrei mai dovuto trovarmi in quel letto, con uno sconosciuto, con quello sconosciuto. Ma i miei sensi erano troppo annebbiati per poter prendere in considerazione il fatto che probabilmente avesse ragione, ero stufa di combattere contro me stessa, per una volta avrei lasciato stare.
Lui mi aveva parlato di qualcosa, ricordavo di avergli fatto delle domande e che lui ne avesse fatta qualcuna a me, ma poi mi ero addormentata e tutto era sparito.
«Harry?» sussurrai nel buio, lui si mosse appena.
«Mmh» mugugnò, le sue braccia mi avvolsero più stretta «no...non andare...» balbettò nel sonno.
Decisi di lasciar perdere e non provare a svegliarlo di nuovo, e comunque non sarei potuta andare da nessuna parte. Mi girava ancora la testa, e avevo il forte sospetto che se avessi provato a muovere qualche passo lontano dal letto, sarei caduta come un sacco di patate.
Ma nonostante lo smarrimento generale e il fatto che alla prima occasione fossi finita nel letto di Harry Styles, avrei voluto che quel momento non finesse mai, perché sapevo che una volta smaltita la sbronza tutto quello che stava accadendo nella mia vita sarebbe tornato a darmi dei problemi.

«Kat? Kat! Katherine?» lentamente i miei occhi misero a fuoco la faccia della segretaria d'ufficio.
«Scusa Gill, io...» stavo pensando a cosa delle quali avrei dovuto dimenticarmi -le uniche che riuscivo a ricordare, tra l'altro - e anche piuttosto in fretta, pensai irritata «dimmi» invece dissi.
«C'è tua sorella sulla linea due» mi avvisò.
«COSA?!» sbottai, probabilmente attirando l'attenzione dei miei colleghi di lavoro «come diavolo fa a sapere...Brook» sibilai stringendo i denti, non potevo credere che l'avesse fatto davvero.
Erano ormai due settimana che cercavo d'ignorare tutti quelli che a New York mi ero lasciata dietro, ero partita senza dare spiegazioni a nessuno o indicazioni su dove mi trovassi, né niente. Volevo sparire, diventare invisibile, sperando un giorno di riuscirci davvero.
Ma a quanto pareva, la mia migliore amica aveva deciso che dovevo continuare ad umiliarmi, come se scappare dall'altra parte del continente non fosse già abbastanza.
Gill si morse appena il labbro inferiore preoccupata «vuoi che le dica che sei occupata?» SI! Le urlai nella mia testa, ma non aveva alcun senso, ormai sapeva dov'ero e se avessi continuato ad evitarla me la sarei ritrovata tra i piedi.
«Non importa, Gill» forzai un sorriso «grazie» lei annuì mortificata, probabilmente aveva capito che non avevo nessuna voglia di parlarci.
«Quando hai finito raggiungimi nella sala ristoro, devo parlarti di un evento importante» mi avvisò congedandosi, la guardai andare via nel suo abito elegante, con i capelli biondi raccolti ordinatamente in cima alla testa e un filo di perle adornarle il collo. Nonostante avesse all'incirca quarant'anni, era una donna molto attraente e raffinata.
Sospirai e alzai la cornetta nello stesso momento in cui Simon e Brenda (guarda caso) si diressero nella sala per pranzare.
Schiacciai il pulsante che mi avrebbe collegato alla linea due e borbottai: «pronto, Lisa?»
«CE NE HAI MESSO DI TEMPO!» urlò dall'altra parte, feci una smorfia allontanando il telefono quel tanto che bastava per non diventare sorda.
«Lo so, fammi spieg-»
«Non me ne frega un cazzo delle tue spiegazioni, Katherine! Hai idea di quanto mi sia preoccupata per te?!» ruggì,.
«Che cosa vuoi che ti dica? Grazie?» risposi sarcastica.
«Non fare la stronzetta con me, signorina!» disse, ricordandomi disgustosamente nostra madre quando da bambine sorprendeva una delle due a fare qualcosa di sbagliato. Chi l'avrebbe mai detto nella vita, che poi avrei sorpreso io quella stessa donna a fare qualcos'altro di tremendamente sbagliato?
Elisabeth era la sorella maggiore, ma non era mai stata quel tipo di sorella maggiore: responsabile o protettiva, che ti sta dietro e ti guida nel corso della vita, ecc. Fino a quattro o cinque anni fa, era lei a fare questo genere di cose, andare chissà dove e sparire per settimane.
«Beh, mi dispiace...» Callie spuntò da un lato chiedendomi silenziosamente se avrei mangiato o meno, scossi la testa, ne avremmo avuto per molto «ma non so in che altro modo comportarmi, mi hai chiamato per sapere come stavo? Sempre uno schifo, purtroppo non si può cancellare quello che è stato» continuai.
La sentii sospirare «ma perché diavolo sei finita a Los Angeles, a casa di Brook? La mia porta è sempre aperta, lo sai benissimo» Lisa si era sposata da due anni e viveva nel New Jersey, in poche parole, non molto lontano da casa. Suo marito era il primo architetto dell'impresa edile di nostro padre, che mi avrebbe trovato molto più in fretta di quanto ci aveva messo, ammesso che sapesse già dove fossi.
Sperai con tutto il cuore che Lisa non avesse spifferato ancora nulla «papà sa dove mi trovo?» chiesi col cuore in gola.
Ci fu un attimo di silenzio, lei sospirò di nuovo e sobbalzai quando voltandomi alla mia destra trovai Niall che mi fissava masticando lentamente in un cipiglio curioso. In una mano reggeva un panino e nell'altra un manoscritto bello grosso, gettai uno sguardo alla scrivania dietro di me intercettando i piedi di Mason, sicuramente curvo come al solito sul suo computer mentre mangiava uno di quei pranzi d'asporto tailandesi che gli piacevano tanto.
«No, non ancora almeno» rispose mia sorella, tirai un breve sospiro di sollievo «ma non è giusto quello che stai facendo Kat, lui non c'entra niente con tutta questa merda. E in ogni caso, l'ha sbattuta fuori e ha avviato le pratiche per il divorzio» feci una smorfia, non volevo sapere nulla di quello che era successo da quando me ne ero andata, non ancora.
«Beh» lanciai un'altra occhiata a Niall, ma lui era già sparito oltre la parte di compensato rispettando la mia privacy «era ora che divorziassero, magari questa storia ha giovato a tutti...chi può dirlo» risposi sforzandomi di essere positiva, cercai addirittura di ridere, ma non ero mai stata molto brava a fingere.
«Kat ti prego, non dire stronzate» sibilò «sei lontana chilometri da qui, quando ci rivedremo? Quando tornerai?» sapeva perfettamente anche lei che era troppo presto per poterle dare una risposta concreta, ma probabilmente anche fra nove mesi o un anno sarebbe stata la stessa.
«Non ci penso minimamente a tornare Lisa, e spero tu voglia comunicarlo anche a nostro padre perchè non ho nessuna intenzione di lasciare questa città» nonostante sentissi terribilmente la mancanza della mia di città, Los Angeles era diventata un rifugio. Un posto dove mi avevano messo in una specie quarantena e che tutto sommato, tralasciando qualche fastidioso contorno, non era poi tanto male, forse mi piaceva addirittura.
«Lo sai anche tu che lui cercherà di farti cambiare idea» ribatté, già.
Mio padre era sempre stato una fonte di ispirazione e ammirazione per me, e lo era tutt'ora. Ma c'erano aspetti del suo carattere che odiavo e con i quali avrei dovuto fare i conti molto presto, anche se questa volta ero fermamente convinta della mia posizione e non l'avrei abbandonata tanto facilmente.
«È per questo che tu non gli dirai dove mi trovo, la mia vita è qui adesso. Quando sarà il momento gliene parlerò io.» risposi.
Lei si fece scappare un verso di scherno «La tua vita? Racchiudi la tua intera vita in una manciata di settimane?» mi accigliai.
«La mia nuova vita, allora» mi corressi.
Lei sbuffò «come preferisci»
«Adesso scusami, ma devo tornare al lavoro» le ricordai.
«Certo, si. Ti richiamerò e parleremo anche di questo, ciao Katherine» disse piatta. Conoscevo bene quel tono di voce, stava cercando di fare leva sui miei sensi di colpa. Ma questa volta sarebbe stato diverso, non m'importava più.
«Ciao Elisabeth» ricambiai alzando gli occhi al cielo.
Riattaccai e feci un lungo sospiro abbandonandomi sulla mia poltroncina girevole, fissai il soffitto maledicendo Brooklyn.
«Tutto bene?» intervenne Niall tornado ad affacciarsi, sapevo che l'avrebbe fatto.
«No» risposi, ma per il momento non ero sicura di volergli dire com'erano andati davvero i fatti «i miei genitori stanno divorziando, mia madre...ecco...» balbettai, lui alzò una mano.
«Va tutto bene, non devi dirlo se non vuoi. Mi dispiace» rispose posandomi una mano su di una braccio come a volermi confortare, lo apprezzavo, anche se gesti come quello spesso m'irritavano.
Era uno dei motivi per i quali ero andata via, non volevo la pietà di nessuno, non volevo che tutti quelli che conoscevo venissero a dirmi quanto gli dispiacesse per me e la nostra famiglia.
«Sono cose che capitano nella vita, anche io sono figlio di divorziati» Mason spuntò alle mie spalle, volontariamente «insomma, è stato davvero tragico all'inizio ma poi le cose migliorano. Io ero al liceo, sai...ero uno di quegli sfigati che-»
«Chissà perché non mi sorprende» commentò Niall ricevendo un occhiataccia da Mason e uno schiaffo sulla coscia da me.
«Comunque, inutile struggersi. Pensa alla tua vita» il ragazzo dai capelli rossi fece addirittura un sorriso, la mascella di Niall per poco non atterrò sul pavimento.
«Grazie Mason» risposi ricambiando il sorriso.
Lui annuì «figurati, ma adesso smettetela di perdere tempo e tornate al lavoro» risi facendo un saluto militare.
«Non si smentisce mai» borbottò Niall scuotendo la testa.
«È stato molto gentile invece» mi alzai e lui mi rivolse uno sguardo confuso «Gill voleva parlarmi» lo informai.
«Giusto giusto, la festa» disse lui, si sporse sulla sua scrivania e recuperò una busta da lettere bianca bordata in oro, sembrava estremamente elegante «ogni anno l'ufficio partecipa ad una festa, alla quale saranno presenti molto scrittori, giornalisti e uomini d'affari. Pensa che, di tanto in tanto si fa viva anche qualche celebrità, è una festa davvero esclusiva! Probabilmente Gill darà un invito anche a te» mi fece l'occhiolino.
«Meraviglioso!» commentò Mason sarcastico rimanendo nascosto ai nostri sguardi «ma è troppo tardi per darti un invito vero e proprio, penso che ti cederà il mio. Perché io non vado a queste stupide feste consumistiche per gente che non solo ha le mani bucate, ma nemmeno un briciolo di coscienza o amor proprio. In ogni caso puoi prenderlo, non mi offendo» aggiunse.
«Gesù Cristo» Niall imprecò «in ogni caso, Kat sarebbe una compagnia mille volte più piacevole»
Risi scuotendo la testa e li lasciai ai loro battibecchi -parecchio frequenti tra l'altro- e raggiunsi Gill nella sala.

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