5. Incrinature

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5.

"Te prego Saré, non piagne."-era disperato.
Se Joseph avesse potuto, si sarebbe fatto carico di tutte le sue sofferenze e le avrebbe interiorizzate, pur di vederla sorridere. Si sarebbe strappato il cuore dal petto, stritolandolo, sbriciolandolo, se ci fosse stata anche una minima possibilità che lei potesse provare anche solo un po' di sollievo. Se ci fosse anche solo la minima possibilità che i suoi occhi si illuminassero di nuovo.
Sarah piangeva, a malapena respirava tra un singhiozzo e un altro.
Lui la stringeva tra le braccia, il mento sulla testa, facendo di tutto pur di tenere i suoi pezzi insieme.
Joseph non sapeva che Sarah avrebbe venduto l'anima al diavolo anche solo per sfiorargli la mano. 'Che Sarah poche cose capiva del suo cuore, e forse dei suoi sentimenti, e forse della vita in generale, ma che Holden lo facesse battere, nutrendo ogni cellula del suo corpo, era tra quelle.
"Vorrei odiarti, perché... perché non ci riesco?"-singhiozzò, bagnandogli la spalla.
"Anch'io vorrei tu mi odiassi."-mormorò tra i suoi capelli, inebriandosi del loro odore: odorava ancora di nuvola.
"Non ti odierò mai. Te lo giuro."-gli promise.
Holden si lasciò scappare un risolino ironico:"Non sai quanto è facile iniziare ad odiarmi. So essere molto convincente quando mi ci metto."
"Ho visto chi sei: è impossibile odiare la tua anima."-mormorò, staccandosi per guardarlo negli occhi.
"Mi fai una promessa?"-le disse, prendendole il viso tra le mani.
Lei annuì.
"Non posso chiedette de aspettamme, non so' nessuno, non me merito questo. Ma promettime che starai bene."
Sarah abbassò il viso, non rispose.
"E sai perché? Perché tu sei tutto ciò che uno come me ha sempre desiderato: tu me scaldi. Ed io, fino alla fine del programma, non farò che pensare a te. E questa è una promessa che io faccio a te."-qualche secondo di silenzio, poi ricominciò.-"Non mi piacciono le telecamere piccolì, non mi piace dare la mia vita privata in pasto ai giornali. Io te voglio vive fuori da qua, e lo so che ci vorrà tempo, ma forse te passerà. Sarei scostante in questi mesi, e tu non lo meriti. Ma una volta fuori da qui, se tu proverai ancora le stesse cose..."-e lasciò la frase in sospeso.
"Tutto ciò è ridicolo."-riuscì a dire la minorenne.
"Ti prego, capiscimi."-poggiò la fronte alla sua.
"No Jo, mi dispiace, non ti capisco. Io non ti aspetto."-disse, glaciale, incatenando lo sguardo al suo. Non piangeva più, ma le sue guance erano rigate dai fantasmi delle lacrime ormai asciutte.
Holden si irrigidì.
"Non so chi pensi tu sia, ma io non mi metto in stand by per nessuno, se provi qualcosa per me, la provi adesso, non tra 5 mesi."
Era salda, metodica, quasi inespressiva. Ma era tagliente, e Joseph sentì il suo cuore incrinarsi, il respiro dimezzarsi.
"Detto ciò, amici come prima. Non ti odio, non ti allontanerò, non ti farò pesare le tue decisioni, ma non ti aspetterò."
"Non te l'ho chiesto."-boccheggiò. La sua maturità lo investì nuovamente, destabilizzandolo.
"Invece sì, lo hai fatto."

Una canna tra le labbra, Joseph guardava Roma dal Belvedere del Gianicolo. Osservava le luci della città, si sentiva il frinire dei grilli intervallati da qualche motorino sporadico, guardò la luna che era a malapena una spicchio quella sera, circondata da tante piccole lucciole. Si nascondeva, la luna, come stava facendo lui.
Sentiva il calore sul corpo di quel venerdì di fine maggio. Era il 24 maggio, Amici non era finito neanche da una settimana e lui lo aveva vinto.(🤘🏻)
Era riuscito a trovare un momento di pace in quei giorni pieni di caos e interviste solo nel cuore della notte, eppure tanto in pace non si sentiva: i suoi pensieri lo stavano facendo annegare.
Riviveva tutti i momenti passati con lei, i più semplici, della vita quotidiana, quelli che gli mancavano di più. Non vederla più la mattina che vagava per la cucina, stropicciandosi gli occhi, era stato più duro del previsto. E non la sentiva e vedeva proprio da quella finale, in cui era arrivata anche lei, ma che era stata battuta proprio da Joseph.
"E il vincitore della categoria canto di Amici23 è..."-disse Maria, solenne.
Sarah aveva il viso nascosto nell'incavo del collo di Holden, quest'ultimo aveva gli occhi chiusi e non sapeva cosa desiderasse di più, se la sua vittoria o il sorriso della ragazza che in quel momento gli stringeva la vita.
Immaginava le carte girare e poi un boato, mentre Maria diceva:"Holden!"
Joseph aprì gli occhi, notando la sua carta sullo schermo e il pubblico in visibilio.
Lasciò la bocca socchiusa, mentre Sarah gli saltava in braccio, entusiasta per lui.
"Te lo meriti Jo. Sei sempre stato il migliore."-gli mormorò nell'orecchio, mentre lui la teneva stretta e affondava il viso tra i suoi capelli, chiudendosi gli occhi e beandosi di quella sensazione: lei tra le sue braccia e lui con la vittoria in tasca.
"Tu te lo meritavi di più, piccolì."
Sentiva la libertà che riusciva a concedergli un briciolo di respiro; aveva creduto di desiderare solo quello: uscire da quella casetta in cui lo avevano relegato, come se fosse un carcerato.
Aveva contato le settimane, e poi i giorni, non vedendo l'ora di mettere piede sul vero asfalto di Roma. Eppure avrebbe rifatto di nuovo tutto, se avesse significato stare con lei.
Aspirò un pezzo di fumo che evidentemente Tancredi non aveva tritato bene e iniziò a tossire.
"Oh fra, hai perso l'abitudine?"-rise suo cugino, dandogli una pacca sulla spalla.
Erano entrambi appoggiati al muretto con i gomiti. Erano soli, erano anche le 4 di notte ormai.
Joseph si girò, dando le spalle al paesaggio, appoggiandosi con la schiena e asciugandosi le lacrime dovute alla tosse.
"Ma quale abitudine, nsai manco trità npo' de fumo, li mortacci tua."-disse, tenendosi la gola con le mani, la voce ancora rauca.
Tancredi rise, poi però lo guardò serio.
"A che pensi? Guarda che t'ho visto a guardà il nulla, c'è qualcosa che te turba."
"Nce niente Tancré, so stanco. Nsto fermo n'attimo."-sbuffò, il che era anche vero.
"Nte credo, hai sempre fatto le ore piccole."
Calò il silenzio. Joseph passò la canna a Tancredi, che nel frattempo si era spenta. Il cugino la riaccese.
"C'ho perso la testa appresso a Sarah."-confessò.
Gli aveva già anticipato dei suoi sentimenti per la ragazza, ma non aveva mai reso noto quanto fosse seria la situazione.
"No scusami io nte capisco, ma non avevi detto che lei te sta sotto?"
"Stava, che ne so mo. Poi so' sicuro che era 'cottarella pe' lei."-fece spallucce.
"E allora scusa, ma 'e tieni le palle? Famme npo' toccà."-rise, allungando una mano e stringendogli le parti intime.
"Ma sarai deficiente?!"-sbottò, dandogli uno schiaffo sulla nuca e guardandolo truce, mentre Tancredi rideva.
"A me sembra che le tieni. Cosa aspetti a scriverle? Che ne sai se era una cottarella?"
La faceva facile, suo cugino. Non capiva quanto il suo cervello riuscisse ad autosabotarsi senza che Joseph neanche ci provasse, era un talento naturale.
"C'è de più eh? Non c'entra solo quella cosa che me dicesti, che pe te veniva prima 'a musica, che nvolevi distrazioni."-lo analizzò, guardandolo. Holden aveva lo sguardo fisso in terra.-"C'è de più."-ripeté solenne.
Tancredi lo capiva senza che lui proferisse parola, gli bastava guardarlo, osservare come si tormentava l'orlo della maglietta con i polpastrelli, e collegava tutti i pezzi.
"È la fotocopia sputata di Cecilia."-tornò a guardarlo, e i suoi occhi erano in tempesta. C'era un vero e proprio nubifragio in atto, Joseph annegava, solo la mano ormai fuoriusciva dall'acqua.
"Dai fra..."-mormorò Tancredi, guardandolo intenerito.
Lui sapeva quanto avesse sofferto per Cecilia, quanto tutta la loro relazione fosse passata da idilliaca a tossica nel giro di poche settimane e di quanto lui era stato incapace di lasciarla andare. Sapeva di tutte le litigate e le lacrime che Holden aveva versato per quella ragazza.
Sapeva di tutte le volte che l'aveva perdonata, tornando da lei, per poi pentirsi e correre via, distruggendosi sempre un po' di più.
"I capelli, gli occhi, le guance. Me pare de vedecce lei. Ride sempre, è costantemente allegra, parla co tutti. È lei in miniatura. Io me sto a mette paura."-si nascose il viso tra le mani, per poi portarsele nei capelli e tirarli leggermente.
"Io non la conosco Sarah, Jo. So solo però che ogni persona è diversa, e ognuno de noi c'ha qualcosa che ce contraddistingue."-tirò l'ultimo tiro dalla canna, giunta al termine. Spense il mozzicone sul muretto.-"Non è reato avere un prototipo, te piacciono le ragazze così."
"No, nstai a capì. Io non voglio rivive' niente. Per poco ce rimanevo Tancré, e tu lo sai."
Nel periodo antecedente alla fine della relazione e per i successivi mesi, Joseph aveva accumulato talmente tanto stress da non riuscire a dormire: era stato 3 giorni senza chiudere occhio. Occhi già gonfi per le lacrime versate. Al terzo giorno aveva iniziato ad avere le allucinazioni ed era stato costretto a prendere dei sonniferi.
E poi ancora veniva colto spesso da attacchi di panico, tic e scatti d'ira incontrollati.
Delle volte aveva creduto di non farcela.
E Tancredi era lì, a tenerlo quando tremava, a fargli compagnia quando era sveglio e a prendersi pugni per farlo sfogare.
"Jo, stamme a sentì. Solo perché una persona ti ha fatto male, non significa che tutti vogliano. Non puoi vivere nella paura."
"Nce riesco."-disse lapidario.
"Ce somiglia, okay, e magari è la versione migliore. Che ne sai? Io non t'ho mai visto così. A malapena vi siete baciati, eppure ce stai appresso da mesi. Per chiunque altra te sarebbe passato prima."
Non sapeva che ora fosse, ma Joseph aveva notato il cielo iniziare a divenire più chiaro, segno che stava per sorgere il Sole.
"Rimarrai sempre cor dubbio se non fai niente. Datte na possibilità de vive' qualcosa de bello, poi se non va' starai male, ma passerà. Com'è passata Cecilia."-continuò.-"Lei non si è comportata bene, t'ha mancato de rispetto, ma non so' tutte così. Non so tutte destinate a farte sta male."-pochi momenti di silenzio, poi gli posò una mano sulla spalla, stringendo appena:"T'aiuto io, ce sto io se non va."
"È piccola."-tentò di dire, ma i suoi occhi urlavano "grazie".
"Vabbè ja basta co ste stronzate, nce credi manco tu. Quanno 'a rivedi?"
"Domani. Martina ha organizzato 'na serata sul suo terrazzo. Dovremmo esserci tutti. Nsapevo se andà, te dico a verità."
Si girò nuovamente verso l'orizzonte, osservando il cielo colorarsi di arancione, rosso e rosa, con qualche punta di viola. Era sempre mozzafiato, l'alba.
"Vacce."-disse solo Tancredi, girandosi con lui e mettendogli una mano tra le scapole.-"Stamme a sentì. E se te sentirai 'e gambe molli quando la vedi, te sei risposto da solo."

"Ma allora vieni?"-lesse Holden sul display del telefono. Erano le 17:03 e ancora non aveva confermato la sua presenza.
Non che si sentisse il protagonista della festa, non voleva lasciare nessuno sulle spine, ma ogni 10 minuti cambiava idea.
Subito dopo, un altro messaggio:"No perché ce sarebbe da anda a prende Sofi, Lil e Sarah in hotel..."
Ancora un altro messaggio:"Non mi odiare, non abbiamo calcolato bene i passaggi. Salvami da questo impiccio."
Joseph sbuffò, aprendo la chat e confermando la sua presenza, sperando non si sarebbe pentito della sua decisione.
Spense il display, stendendosi sul letto.
Latte, uno dei suoi due gatti, gli saltò sulla pancia, acciambellandosi.
Holden lo guardò, sorrise e lo prese in braccio, alzandosi. Gli diede un bacio, poi con voce acuta esclamò:"Ma io amo solo te, che me frega delle pischelle."
Sentì un miagolio da giù, rendendosi conto della presenza di Aria.
"Sisi, amo anche a te."-disse poi, lasciandole una piccola carezza, mettendo a terra Latte e andandosi a fare una doccia, con la speranza che con l'acqua sarebbero andati via i pensieri.

Quando parcheggiò difronte all'hotel, iniziò a pentirsi delle sue scelte. Scrisse a Sofia di scendere, cercando di non cedere alla tentazione di accendere nuovamente il motore e correre via.
L'orologio segnava le 22:10, era già in ritardo di 10 minuti, ma evidentemente le ragazze erano più in ritardo di lui.
Scese dalla macchina, accendendosi una sigaretta. Nonostante fosse sera, a Roma ormai faceva caldo e sentiva la t-shirt iniziare ad aderire alla sua schiena.
A metà sigaretta alzò il viso e notò Sofia e Angela venirgli incontro, e non mancò di notare un assente all'appello.
Non ebbe neanche il tempo di controbattere, perché vide spuntare l'oggetto dei suoi pensieri dalla porta dell'hotel.
Cercava di correre sui tacchi per raggiungere le sue amiche, ed era evidente quanto tentasse di non inciampare sui sanpietrini.
Holden dischiuse leggermente le labbra, la sigaretta che si consumava con la fievole brezza estiva.
Aveva la pelle leggermente abbronzata, spruzzata di brillantini dorati, e il corpo fasciato da un vestito bianco (da considerarsi già corto) con uno spacco laterale quasi inguinale. Sembrava un angelo.
Non la vedeva da appena una settimana, eppure gli sembrava fossero passati mesi.
"Chiudi la bocca Maestro, entrano le mosche."-rise Sofia.
Non la ascoltò, a malapena era presente mentre salutava le sue vecchie compagne con un bacio sulla guancia, perché non riusciva a staccarle gli occhi da dosso.
"Ciao!"-esclamò Sarah, solare, aprendo le braccia per abbracciarlo.
"Ciao Saré."-sorrise, stringendola, forse un po' troppo per una semplice amicizia.
Non aveva notato che aveva una giacca appesa al braccio, che era quella che lui le aveva regalato dopo la finale.
"Ehi, hai finito?"-bussò Joseph, facendo capolino dalla porta.
"Sto cercando di chiudere la valigia."-gli rispose Sarah, la quale si trovava a terra, seduta su una valigia che aveva l'impressione di star per scoppiare.
"Ma quindi questa non ci entra proprio?"
Entrò nella stanza azzurra con la giacca bianca e verde in mano, la giacca che lei aveva praticamente usato ogni giorno per 8 lunghi mesi.
Sarah rise mentre Holden gliela porgeva.
"Me la stai regalando?"-gli chiese, mettendosela sulle gambe.
"L'hai messa più tu che io. Poi volevo qualcosa che ti ricordasse di me."-mormorò l'ultima frase, una mano dietro la nuca, imbarazzato.
"E tu non vuoi qualcosa che ti ricordi me?"-si alzò dalla valigia, le braccia incrociate sulla pancia mentre manteneva la giacca.
A dividerli erano le parole che non si erano mai detti.
"Non mi dimenticherò mai di te."-sussurrò appena in risposta.
"Buona fortuna per stasera Jo."
"Buona fortuna Saretta. Che vinca il migliore, ed io credo sia tu."-le confessò, lasciandole un bacio sulla fronte e uscendo dalla stanza.
Joseph buttò il mozzicone ormai finito a terra, aprendo la portiera, poi notò che anche Sarah si era seduta nei sedili posteriori.
Si sedette al posto del guidatore, girandosi dietro:"Seh vabbè servizio taxi? Ma una nse po' mette avanti?"
"Sa' vai tu, io mi scoccio. Già sto seduta."-borbottò Angela, l'accento casertano marcato.
"Io sto in mezzo."-alzò le mani Sofia.
"Ma dai, a me già fanno male i piedi."-si lamentò, ma subito dopo scese dalla macchina, per sedersi davanti.
Joseph trattenne il respiro quando il vestito le si arricciò sulle cosce, lasciandole completamente scoperte.
La luce della Luna metteva in risalto le sue lentiggini, mentre il vento che entrava dal finestrino aperto le scompigliava i capelli.
Joseph dovette ricordarsi più volte di guardare la strada, invece che perdersi nella grana, nei dettagli della sua pelle, i quali non facevano altro che alimentare il fuoco che ogni volta lei, semplicemente guardandolo, accendeva nel suo cuore.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera, finalmente un orario consono!
So che non sono molto costante con gli aggiornamenti, non me ne vogliate.
Non ho molto da dire, spero solo vi sia piaciuto!
Alla prossima!
(Disclaimer: mi sono accorta solo ora di aver ambientato Capodannno in musica a Roma e non a Genova, fate finta si sia svolto a Roma, ops!)

Atelofobia; an holdarah fanfiction.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora