2.
"Non lo riesco a dire, scusa se non parlo, è che non so da dove iniziar... nah, n'me convince."-mugugnò Holden mentre canticchiava, premendo lentamente i tasti del pianoforte.
Aveva la fronte corrugata e un quaderno davanti con mille cancellature.
"Finalmente hai buttato giù qualcosa?"-sentì una voce. Era quella di una piccola bionda ancora minorenne.
Si poggiò sul pianoforte sorridendo, poi aggiunse:"Perché stai scrivendo qui e non in sala?"
"Perché le pareti so' sterili e non me ispirano..."-bofonchiò velocemente, tamburellando la penna sul piano-"Visto che stai qua, me poi di' 'n sinonimo di iniziare?"-le chiese, mentre continuava a suonare la melodia e borbottare.
"Inteso come? Com'è la frase?"-si interessò, sbirciando sul quaderno.
"Nun sbircià."-disse glaciale. Sarah perse il sorriso e Joseph si pentì un po', ma non diede a vederlo.-"Volevo scrive:-Non lo riesco a dire, scusa se non parlo è che non so da dove...-"
"Mh... prova partire."-ragionò.
Holden canticchiò nuovamente la strofa, non disse nulla, ma scrisse sul quaderno e continuò con la melodia, ignorando completamente la ragazza dinanzi a lui.
"Prego eh. Posso leggere?"-disse ironica, prendendo il quaderno.
Joseph balzò in piedi.
"Dammelo."-proruppe, strappandoglielo dalle mani.
"Piano. Scusa."-disse solo, mettendo i palmi avanti in segna di resa, l'espressione stranita.
Sarah scosse la testa, borbottando qualcosa che sembrava molto un "chi ti capisce" e allontanandosi.
"Sei troppo brusco."-disse Christian, seduto sulle scalinate, alzando gli occhi dal suo pc.
"Non può ascoltare la canzone."-sentenziò semplicemente parlando tra i denti.
"Ha 17 anni ed è una ragazza sensibile, Jo. Non puoi parlare a lei come parli ad una Lil qualsiasi, il suo cuore non ha protezioni, vede ancora il mondo con gli occhi di una bambina."-gli spiegò con molta calma.
"Qualcuno dovrà farle capire che posto realmente è il mondo."-sbottò.
"E perché dovresti farglielo capire proprio tu? Lei ti ammira."
-Non voglio che mi ammiri e basta- avrebbe voluto dirgli. Invece lasciò cadere il discorso.
"Un respiro in mezzo al vento, sai di nuvola..."-ricominciò a canticchiare la canzone, ignorando completamente il suo compagno di stanza.
Erano più di due mesi che stava facendo di tutto per esserle distante. Aveva messo gli occhi addosso a quella ragazzina da quando l'aveva incontrata ai casting.
Gli occhi dolci e sinceri e le lentiggini a sporcarle il naso, i capelli biondi e la risata allegra, il sorriso di chi era capace di fidarsi di chiunque le volesse dare un po' di affetto: questo era tutto ciò che gli era saltato all'occhio quando le si era presentata.
Era solare ed era capace di intrattenere una conversazione anche con il cassiere del supermercato. Era bella e sapeva di esserlo, ma non in maniera sfrontata: sapeva di essere guardata e di essere probabilmente oggetto di desiderio, eppure sembrava avere costantemente la testa tra le nuvole immaginandosi un mondo di favole in cui nulla poteva ferirla.
La guardava ed era capace di sciogliere il suo cuore che tempo addietro era completamente andato in ipotermia; Joseph era convinto fosse morto, non lo sentiva battere da un po', eppure quando la guardava sentiva un piacevole calore, e sentiva un lieve rimbombo nella cassa toracica.
E nonostante il piacere di quel lieve tepore, era terrorizzato. Lei era fondamentalmente una bambina, ammirava il suo sguardo trasognato e al contempo provava una grande repulsione; forse semplicemente era diventato leggermente cinico col passare del tempo, eppure il guardare costantemente il mondo con gli occhi di chi crede di vivere una favola lo riteneva irragionevole e a tratti demenziale. Ma, ancora, la vedeva ridere e buttare la testa all'indietro mentre i capelli le incorniciavano il viso fanciullesco e dimenticava le sue paure: poi smetteva e veniva trasportato alla realtà, una realtà in cui lei aveva appena 17 anni e lui 23, in cui lei era in piena tempesta adolescenziale e lui era ormai immerso nella vita adulta fino al collo, con tutto ciò che ne comportava.
Si illudeva di non provare nulla per lei, e delle volte ci credeva pure, eppure gli sembrava quasi impossibile ignorarla, delle volte cedeva e poi se ne pentiva.
Tuttavia, Joseph Carta era anche un ragazzo evidentemente incoerente, perché la canzone in stesura, e che da lì a due settimane avrebbe cantato dinanzi al pubblico di Amici, era dedicata a lei e lei se ne sarebbe accorta.
Era un periodo in cui peccava di originalità e ispirazione, eppure gli era bastata una mezz'ora di un pomeriggio qualsiasi passato con lei, che era stata in grado di calmare il suo attacco d'ansia velocemente e senza alcuna difficoltà, e come un lampo il suo cervello aveva iniziato ad elaborare il testo per la sua melodia. Ed il testo parlava proprio di lei.
Parlavano poco perché lui la ignorava volutamente, eppure quelle poche volte che succedeva, si sentiva aprire il petto e poteva visionare il suo cuore nelle mani di lei, che lo tenevano delicatamente e che piano piano batteva, gocciolando il ghiaccio sciolto. Si sentiva capito, ma non sapeva come potesse succedere: era troppo piccola per rendersi conto del dolore che portava lui, eppure lo notava. O forse era lui che si immaginava tutto e in realtà quella ragazzina era solo una ragazzina e lui si autoconvinceva di cose inesistenti.
"Ragazzi stasera ceniamo insieme!"-esclamò Valentina entrando nella sala relax, risvegliandolo dalla sua psiche. Probabilmente stava avvisando tutti coloro che incontrava.-"Abbiamo deciso alle 20:30, ci siete?"
"Vale me fa male la testa."-borbottò il maestro.
"Jo, già l'altra volta te ne tornasti in stanza, solo, poi ti ho visto sgattaiolare e farti un panino alle 23. Ci siamo tutti, vero Chri?"-gli chiese aiuto.
"Io ci sono."-acconsentì alzando i pollici.-"Solo se non cucina Giovanni però."
Provocò l'ilarità dei due ragazzi.
"Nono, tranquillo, cucinano Simone e Gaietta."-lo tranquillizzò, poi si avvicinò ad Holden ancora seduto al piano.-"Bro, ti prego. Isolarti ti porterà solo all'esaurimento. Già siamo chiusi 24 ore su 24 qui dentro, non peggiorarti la situazione. Parliamo un po', magari mettiamo un po' di musica, balliamo, cantiamo, suoniamo. Che ne dici?"
"Come faccio a ditte de no se me guardi così?"-le sorrise, facendosi convincere.-"La prossima volta a Capodanno però."
Mew sorrise e lo abbracciò, andando ad avvisare coloro che ancora non sapevano dell'iniziativa.
"Che pazienza."-sibilò, leggermente divertito. Mida sogghignò.
"Stasera proporrò di fare qualche gioco imbarazzante così ti pentirai della tua scelta."
"Fraté sono a tanto così dal prenderti e sbatterti la testa sul piano."-lo minacciò, alzandosi e puntandogli contro gli spartiti.
"Mh, è sempre stata una mia fantasia sessuale."
Successivamente si lasciò andare ad un gemito goliardico ed il giovane gli lanciò una bottiglietta d'acqua addosso.
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Atelofobia; an holdarah fanfiction.
FanfictionHolden vive nel terrore del passato e del futuro e nell'incapacità di lasciarsi andare nel presente. Sarah vede ancora il mondo con gli occhi di una bambina, lasciandosi attraversare dalla vita. I punti di vista di due ragazzi ai poli opposti della...