9. Rimedi

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9.

Sarah aveva sempre pensato che gli uomini, mentre guidavano, fossero attraenti. C'era qualcosa nella loro concentrazione, nel gioco di pedali e nel cambio di marcia, che la attirava.
Avevano tutti questo sguardo corrucciato, come se fossero gli unici in strada a saper guidare.
Forse era la sicurezza che emanavano ad accenderle qualcosa dentro.
Ed ora guardava Joseph, fuori il buio (come l'ossidiana) imperversava, ma la Luna splendeva più che mai, e si accorse che i suoi occhi riflettevano la luce delle stelle; erano luminosi, una sfumatura di giallo che avrebbe descritto come un ibrido tra il colore del miele e quello delle fresie.
Aveva la mano destra sul volante, proprio al centro, mentre con la sinistra si tamburellava sulla coscia. Vedeva i pensieri vorticargli attorno alla testa.
Si chiese se lui si desse mai un momento di pace, se ogni tanto si lasciasse libero di spegnere il cervello.
"Sei teso?"-gli chiese, la bocca semichiusa.
"Mh?"-scosse la testa, invitandola a spiegarsi.
"La mano."-disse solamente, indicandola con il capo.
"Devo esse sincero?"-lasciò andare un respiro, gli occhi fissi sulla strada.
"Se vuoi, a tuo rischio e pericolo."-scherzò.
"Vorrei toccarti, ma c'ho paura de correre. Nte voglio spaventà."
Si fermò al semaforo rosso e volse il capo, guardandola.
"Tu te sei fidata de me senza chiede spiegazioni, ma io voglio dartele."-le disse poi.
Aveva gli occhi imploranti, come quelli di un bambino quando chiede il gelato, la bocca schiusa. Il petto si alzava e si abbassava.
"Jo io voglio solo vedere come va."-fece spallucce, eppure aveva le spalle chiuse, come a volersi proteggere. Poteva passare come imbarazzo, ma in realtà era paura di ciò che il suo corpo percepiva ogni volta che era vicino a lui.
Semaforo verde.
"Io invece già te vedo nel mio futuro."-sparò, spostando nuovamente lo sguardo sulla strada mentre svoltava a sinistra.
Sarah sobbalzò a quella frase.
"Ed è presto. A malapena ce semo baciati, e non nelle migliori circostanze, eppure io te vedo. Te vedo nitida. Te vedo chiara. Tu ce sei e basta."
Joseph aveva questa capacità nel parlare: riusciva ad avvolgerti in un abbraccio, ti lasciava una carezza sul viso. Aveva questo tono deciso, e al contempo dolce, lieve, che Sarah riusciva a vedere concretamente le parole uscirgli dalle labbra e perdersi nell'aria.
Che fossero canzoni o parole, lui era capace di prendere i suoi pensieri tra le mani e, nonostante fossero un po' incasinati, districarli uno ad uno e spiegarteli, rendendoli comprensibili.
E la cosa che più la stupì fu che, se qualcun'altro le avesse detto quelle esatte parole, probabilmente sarebbe scappata a gambe levate, correndo mentre diceva questo è impazzito.
Eppure si parlava di Joseph e, nonostante la sua sorpresa nel sentirgli dire ciò, si rese conto che a lei quell'idea piaceva, e anche molto.
Le piaceva pensare di stendersi sul letto di casa loro e accarezzare Aria e Latte, e le piaceva l'idea di andare al supermercato e chiamarlo perché non trovava la farina, mentre lui le rispondeva al telefono che a malapena ricordava dove aveva lasciato le scarpe, figurarsi ricordarsi il reparto della farina.
Per quanto avesse voluto, il suo cuore aveva bisogno di stargli vicino. C'era qualcosa dentro di lei che in qualche modo la riconduceva sempre a lui. E sfortunatamente lei lo aveva già capito il 31 dicembre, il giorno in cui gli disse che non lo avrebbe aspettato: sapeva di star mentendo, perché la sua bocca tremava e il cuore piangeva. Avrebbe voluto avere un po' di dignità, avrebbe voluto stargli lontano, eppure le sembrava così impossibile.
Lui la curava.

Sarah era in piedi, davanti all'entrata della stanza di Holden, i piedi scalzi e i capelli raccolti in una coda, da cui fuoriusciva qualche ciocca.
Stringeva tra le braccia il suo cuscino e aveva gli occhi umidi.
"Saré, ch'é successo?"-mormorò Joseph, che da steso si sedette velocemente sul letto, proteso verso di lei. Fece per alzarsi, ma Sarah si avvicinò.
La stanza era buia, Ayle e Giovanni dormivano. La sveglia segnava le 3:57, Sarah non credeva neanche di trovarlo sveglio.
"Posso dormire con te?"-disse flebilmente.
"Certo Saré."
Nonostante il buio, riuscì a scorgere il suo sorriso che trasudava tenerezza.
Joseph si stese nuovamente, facendole spazio.
Sarah posò il cuscino sul letto e gli si stese affianco, mentre Holden l'avvolgeva con un braccio.
Sarah si rannicchiò contro il suo petto, mentre Joseph le carezzava i capelli, lasciandoci un bacio.
"Che c'è? Ti va di dirmelo?"-le sussurrò.
"Ho fatto un incubo. Mi odiavi."-disse solamente, la voce attutita dalle mani strette a pugni sulla sua bocca.
"Eh, qua me devo preoccupà io."-rise leggermente.-"Dormi Saré, ce sto io."

Atelofobia; an holdarah fanfiction.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora