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La festa è in una mostruosa casa moderna a forma di scatola con vetrate enormi e un arredamento da Mad Men. È l’epitome del gusto Candlehawk. Posso solo immaginare cosa direbbero i miei amici e le mie sorelle se
entrassero qui. Normani mi guarderebbe con quell’aria di sufficienza che ha preso da sua madre. Ally storcerebbe il naso come se ci fosse odore di scoreggia. E Camila...
«Benvenute» dice un ragazzo alto dall’aria tormentata con una birra artigianale in mano. Lo riconosco subito. La sua camicia sembra
volutamente stropicciata e i suoi capelli sono fintamente scompigliati, tenuti a posto con non so quale marca di gel per ragazzi. «Non ti conosco. Mi chiamo Prescott. Questa è casa mia.»
Non mi stringe la mano, quasi come se la nostra presentazione dipendesse
da ciò che posso offrire in cambio. “So che non mi conosci. Io sono Lauren. Questa è la mia ex ragazza”.
«Lauren» dico, facendogli un cenno.
«Vai a Candlehawk?»
«No. Grandma Earl.»
Ride. Ride di gusto. Lucy mi guarda, mi mette una mano sul braccio come se avesse paura della mia reazione...
«Tu non esci mica con una ragazza di Grandma Earl?» chiedo con decisione. «O ti dimentichi di questo dettaglio quando le risucchi la faccia?»
«Lauren» sibila Lucy.
Prescott mi guarda come se fossi un buffo animale domestico che ha appena pisciato sul suo tappeto. I suoi occhi sono annebbiati; ha già bevuto molto. Ma poi ricomincia a ridere, rovesciando la birra nella mia direzione.
«Sei sfacciata» dice. «Puoi restare.»
Non ho idea di cosa rispondere e Lucy mi trascina via prima che possa farlo.
Al centro della casa, accanto a un caminetto che sembra uscito da una lussuosa baita da sci, i ragazzi di Candlehawk sono in fila. Non riesco a capirne il perché, finché non vedo una parete decorata con piccole candele e cactus che spuntano dagli scaffali. È uno sfondo per i selfie. Stanno aspettando in fila per fare delle foto.
«Che figata» dice Lucy. «Guarda che bello!»
Un gruppo di amici si lascia alle spalle i telefoni e si raduna davanti al muro dei selfie. Uno dei ragazzi si scompiglia i capelli, e poi lascia la mano lì. La ragazza accanto a lui apre la bocca per ridere, ma non ride davvero. Si
limita a mantenere la posa. Mi sento circondata da zombie.
«Possiamo farci una foto più tardi» dice Lucy, ignara del mio sconcerto. «Prima beviamo qualcosa.»
Mi prende la mano e io la lascio fare. Ci spostiamo in cucina, dove diverse persone danno un’ovvia occhiataccia ai nostri abiti. Lucy fa finta di non accorgersene, ma si liscia la camicia sotto la giacca di pelle. Mi
conduce verso un bancone pieno di bottiglie di liquore e di bibite gassate.
«Tieni» dice mettendomi in mano una lattina. Non è un suggerimento. Penso a Camila che l’anno scorso partecipava a queste feste con Jennifer e capisco perché volesse ubriacarsi durante le feste. Ma so anche dove questo
ha portato.
«Sto bene, in realtà» dico a Lucy. «Ho un po’ di mal di gola. Vado a prendere dell’acqua.»
Lucy sembra sorpresa, ma non insiste. Si prepara un drink e ne beve unnbel sorso.
Io mi sto versando l’acqua dal lavandino quando nientemeno che Jennifer Pascal si avvicina a me strisciando. Sento i suoi occhi addosso
come se fossero un raggio laser.
«Abbiamo della San Pellegrino, sai» mi dice.
Bevo un sorso dell’acqua del rubinetto. «Mi va bene questa, grazie.»
Lei stringe gli occhi. «Perché sei qui?»
«Volevo scoprire come si vive in Paradiso.»
Mi fissa, non divertita. «Immagino che la tua fidanzata non sia felice di sapere che sei qui con Lucy Vives.»
Improvvisamente mi rendo conto di quanto sia pericoloso che Jennifer  mi veda qui con Lucy. Potrebbe rigirare la cosa in qualsiasi modo voglia. Come potrei mai giustificarlo?
«Camila sa che sono qui» mento. «Ho accettato di dare un passaggio a Lucy.»
Jennifer sbuffa. «Quella ragazza avrebbe bisogno di un autista privato.»
«Chi sei tu per giudicare?» dico con tono deciso, alludendo alla multa per
guida in stato di ebbrezza che lei e Prescott hanno rischiato di prendere l’anno scorso.
Le guance di Jennifer si colorano. Le sue narici si dilatano.
«Qual è la vera ragione per ci sei qui?»
«Te l’ho appena detto.»
«Oh, non fare l’innocente, Lauren » sibila. Lancia uno sguardo sprezzante in direzione di Lucy. «Sei qui con la tua ex e mi dici che all’ape regina non importa? Dimmi, perché stai con lei, soprattutto dopo che ha fatto quella stronzata con il carro attrezzi l’anno scorso? O vuoi così disperatamente
diventare popolare che ci sei passata sopra?»
Mi bruciano le guance. Non riesco a pensare a nulla da dire.
Jennifer mi fa un sorrisetto altezzoso. Butta la mia acqua nel lavandino e si allontana.

***
Lucy ci sta andando giù pesante con l’alcol in un modo che suggerisce che lo faccia regolarmente. Sta chiacchierando con alcune ragazze che riconosco della sua squadra, ma gli occhi non le brillano più come prima.
Sembrano cercare una via d’uscita dalla conversazione.
Quando una di loro cambia argomento e parla della sua ultima vacanza sulla neve, Lucy si zittisce e si avvicina a me.
«Perché stavi parlando con Jennifer?» mi chiede. Posso sentire la brama nella sua voce, quel disperato bisogno di essere all’altezza. Una combinazione di risentimento e di invidia nei miei confronti. È così che si è sentita per tutto questo tempo?
«Era lei a parlare con me. Senti, possiamo andarcene da qui?»
«Ma siamo appena arrivate» dice Lucy. All’improvviso sembra ubriaca.
«Non vuoi conoscere i miei amici? Non ti stai divertendo?»
Mi guardo intorno. Le ragazze del basket ci hanno abbandonate.
Tutti gli altri non si accorgono della nostra presenza; un ragazzo urta letteralmente la spalla di Lucy e continua a camminare. È così che è andata per lei ultimamente? Se l’avessi saputo una settimana fa, mi avrebbe fatta
felice. Ora mi sento solo male per lei.
«Che ne dici di fare una pausa, solo per un minuto?»
Anche Lucy si guarda intorno. Riesco a capire il momento esatto in cui si rende conto che siamo state escluse, perché si aggiusta la giacca di pelle ed evita i miei occhi.
«Andiamo» dico gentilmente. «Troviamo un posto tranquillo e parliamo.»

***
Al piano superiore, si trova un soppalco aperto che funge da sala TV. Guido
Lucy a sedersi sul divano con me, le nostre ginocchia si toccano a malapena attraverso i jeans. Siamo girate verso la finestra che dà sul cortile buio.
Lucy beve un altro sorso del suo drink. Studio l’espressione del suo viso, l’opacità di quegli occhi un tempo brillanti.
«Sei sicura di essere felice, Lucy?» Per una volta, non lo sto chiedendo a me stessa. Sono sinceramente preoccupata per lei.
«No. Sto di merda» borbotta. «Non mi piace nessuna di queste persone. Non mi fido di nessuno di loro come mi fido di te.»
Il sentimento di compassione mi assale di nuovo. Voglio confortarla. Non riesco a ricordare perché sono arrabbiata con lei.
«Ho odiato guardare quel video» prosegue Lucy. «Tu e Camila che vi baciavate all’Emporio. Mi sono sentita come se qualcuno mi avesse strappato via gli organi. Non riuscivo a smettere di guardarlo anche se mi
faceva stare male.»
Respiro e le prendo la mano per confortarla. «Lo so. Mi sono sentita allo stesso modo guardandoti baciare quella ragazza alla festa di Jennifer. È stata dura per entrambe.»
«Non so come hai fatto a voltare pagina così in fretta. Un attimo prima sto parlando con te dopo la partita di inizio anno e l’attimo dopo esci con quella stronza.»
Mi sento avvampare. La mia mano si raffredda nella sua.
«Sei diventata una persona che non riconosco più.» Deglutisce e si asciuga gli occhi. «Pensavo di conoscerti. Pensavo che ci amassimo.»
Ho l’improvvisa, strana sensazione di essere fuori dal mio corpo. Non ho bevuto nulla, ma il mio cervello si sente annebbiato e distaccato. Come sono arrivata qui? Seduta sul divano di pelle di questa elegante villa di
Candlehawk, cercando di far del male alla ragazza che amavo e sacrificando la mia integrità per farlo?
«Lucy... Dovrei andarmene. Il mio posto non è qui.»
Lucy scuote la testa. Il suo drink si rovescia sul tappeto. «No, Lauren, ti prego, resta. Sei l’unica persona cui tengo.»
«No, ascolta, dovremmo andarcene. Questa festa non è un buon posto per te». Le do un piccolo strattone alla mano, ma lei non si muove. Lucy tira su con il naso. Ora sta davvero piangendo. «Mi ami ancora?»
Apro la bocca, ma non esce nulla.
«Ti prego, Lauren?» implora, con gli occhi ubriachi puntati sui miei. Poi, prima che io possa reagire, lei si slancia su di me e mi bacia. Con forza. All’inizio rimango congelata. Poi il mio corpo si sveglia. Ho immaginato
questo momento un milione di volte. Un’ultima possibilità. Un ultimo bacio. Sa di liquore, ma le sue labbra sono calde e familiari sotto le mie. Mi spingo di nuovo contro di loro. Lei apre la bocca e sfiora la lingua contro la mia.
No, fermati. Non è più quello che vuoi.
«Lucy, non posso» dico, spingendola via. Mi pulisco la bocca con una mano tremante. Che diavolo sto facendo? Perché sono ancora seduta qui?
Ho una voglia matta di andare a casa, ma non posso lasciarla. Non così ubriaca. Non così sola.
«Vieni, Lucy» le dico, tirandola giù dal divano.
Al piano di sotto, tutto è più chiassoso di prima, più rumoroso e meno controllato. Nel salotto in penombra, un gruppo di persone è piegato su un tavolino, senza dubbio intento a sniffare qualcosa. Nella stanza principale,
un tizio sta pisciando sul muro mentre i suoi amici ridono come iene.
Aiuto Lucy a infilarsi il cappotto, la accompagno fuori dalla porta sul retro e la sistemo nella mia auto. Si addormenta immediatamente e io provo una sensazione agrodolce quando la guardo sul sedile del passeggero, come ho fatto un milione di volte in passato.
La riaccompagno a casa e la sveglio una volta che abbiamo raggiunto il suo vialetto. Lei si sveglia di soprassalto, con gli occhi persi e confusi. Non mi abbraccia, si limita ad annuire e a scendere dall’auto.

She Drives Me Crazy. Mi fa impazzireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora