Chapter seventeen - The feeling I don't recognize

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-like angels

Se questa era un popolo felice, perché ero confusa?

Iside's pov

- Alle superiori

Aveva ancora le mani sopra le mie spalle quando vidi dentro i suoi occhi. Sì, lui era preoccupato, tanto preoccupato. 

Il mio cuore batteva all'impazzata ed io, con uno sguardo confuso, mentii ad ogni cosa che mi chiedeva: <Non è il mio sangue.> In quel momento però non ero per nulla credibile, infatti non lo guardavo in faccia. Era spontaneo il fatto di non guardarlo, ma come lui mi aveva insegnato, bisogna in guardare in faccia le persone per far capire che non si mente. Lui lo sapeva, anche meglio di me, che quello era il mio sangue.

<Non mi mentire> disse alzando un sopracciglio e prendendomi proprio quel polso. Ansimai.

Ogni cosa adesso mi era chiara. Il suo viso era contrario all'idea che io mi ero fatta del male. Lui non voleva nemmeno sentirmi dire il motivo, perché si sarebbe dato tutta la colpa. Lui avrebbe pensato che lui fosse stato il problema, ma lui non lo era. Lui avrebbe pensato che non avrebbe mai dovuto ordinarmi di uccidere quella persona. Ma l'aveva fatto perché si fidava. Pensava che sarei riuscita a tenere il peso di una persona uccisa. Anche se ne avrei dovute uccidere tante di persone anche peggio di quella signora, il primo omicidio non si dimentica mai. Non mi dimenticherò mai di quella signora, dell'ansia che avevo quando l'accoltellai. Lui continuava a fidarsi, ma nella mia testa credevo che non mi avrebbe più trattato come prima, invece no.

<Iside, è colpa mia?> allentò la presa e mi lasciò cadere il braccio di fianco al mio bacino. Quella era una delle poche volte che mi aveva chiesto se la colpa fosse stata sua. La colpa non era sua, non lo sarebbe mai stata, perché alla fin fine avevo deciso io di uccidere quella signora, e avevo deciso io di farmi del male. Era anche stata una delle poche volte che piansi. Chiusi le palpebre e alcune lacrime caddero a terra. Mi avvicinai il più possibile fino ad abbracciarlo.

<No, non è colpa tua> ammessi affondando nel suo petto. Si stava così bene lì, tra le sue braccia. C'era quel caldo accogliente che scalda l'emozioni. Ero così contenta, ma anche così arrabbiata.

<Non piangere, Ficcanaso, le lacrime non ti donano> ricambiò l'abbraccio e appoggiò la sua testa sopra la mia. Chi era il superiore in quel momento? Sembrava che ci fossimo dimenticati delle nostre posizioni, perché lì, tra le sue braccia, non mi sentivo inferiore, né superiore. Mi sentivo come se lo zainetto che vedevo allo specchio fosse sparito. 

Mi asciugai le lacrime e mi allontanai da lui sorridendo. <Devo andare in classe> mentre dissi queste parole la campanella suonò segnando l'ora di andare al prossimo corso: Storia.

Anche Layth faceva il mio stesso corso di Storia, infatti mi lasciò via libera. Prima mi accompagnò a prendere le ultime cose che avevo lasciato a Matematica, poi mi accompagnò all'armadietto ed infine andammo in aula. Ivan non frequentava Storia a quest'ora.

Entrammo in aula e aspettammo il professore. A me non è mai piaciuta Storia, quindi mi annoiava il pensiero di farla per un'intera ora, ma mi rallegrava che dopo ci fossero state due ore di inglese e poi il pranzo.

🌃

Le ore passarono fino alla tarda nottata. Era il nostro momento. La notte era il momento di tutti noi per finalmente far vedere chi volevamo veramente essere. Avevamo finalmente avuto una seconda possibilità per cambiare le nostre identità. Tutti l'avevano accolta, ma io mi aggrappavo a quelle poche cose che sapevo fossero vere su di me. Sapevo fossero già state create da qualcun'altro per me. Sapevo che se avrei lasciato la corda, avrei dovuto ricostruire un'intera vita di sofferenza ma anche di felicità. Avrei potuto costruire una nuova realtà, una nuova immagine, ma non ce la facevo. Non ero mai riuscita ad essere sicura di una cosa creata da me, se rinventavo la mia identità, non sapevo cosa ne sarebbe più successo. Probabilmente mi sarei persa dentro il mio labirinto, probabilmente avrei smarrito la strada di casa, o forse sarei rimasta assente emotivamente per tutta la vita rimasta.

Era bella la notte quando cercavo di ricrearmi, ma era brutta la notte quando non ci riuscivo. La Luna guardava i miei sforzi, lei guardava il mio sudore cadere per terra. Lei mi fissava attentamente come se fossi l'unica sua luce, d'altronde lei credeva fossi il suo Raggio di Luna.

Puntavo contro il manichino quando qualcuno mi chiamò. Layth era dietro di me che sussurrava: <Seguimi, Ficcanaso> ed infine si girò per poi andare in un angolino. Feci come mi aveva chiesto. Strano da dire, ma mi trovsvo più disponibile nei suoi confronti, come se fossi il burattino che lui padroneggia.

<Che succede?> chiesi vedendolo appoggiarsi al muro con le braccia incrociate. Portava una maglia a giro maniche nera, la quale metteva in risalto i muscoli delle sue braccia, e indossava dei pantaloni di tuta. Il suo sguardo non era fisso verso me, ma vagava per l'aria.

<Vogliono invaderci, vogliono ucciderci tutti> sputò quelle poche cose non sensate permettendomi di fare più domande:
<Ma chi? E perché?> guardai i suoi occhi con sguardo confuso.

<C'è un altro gruppo mafioso, Iside> i supi occhi scattaronno nei miei. Lì mi accorsi che lui sarebbe rimasto al mio fianco, che non saremmo scappati, ma che avremmo combattuto fino alla morte. Io non avevo più paura di uccidere, d'altronde non si può aver paura del proprio scopo. <Il gruppo che ci aveva assalito quel giorno era una delle truppe che ci avrebbero mandato. Zero, non so se sei più pronta, ma dobbiamo agire con un piano. Sterminarli tutti sarebbe il mio scopo> ammettendo ciò si avvicinò a me e mise una sua mano sulla mia spalla.

<Sono pronta, Boss.>

Lui sorrise e poi disse: <Domani inizieremo a elaborare un piano> finì il discorso per poi aprirne un altro che sarebbe stato più breve: <Come va la mano?> Prese quella e tolse le bende. La ferita era finalmente secca mentre le nocche erano ancora rossastre. Lui le accarezzava con delicatezza. Le sue dita erano così fredde che pensavo fossero cubetti di ghiaccio che non si sarebbero mai sciolti.

Lui, sì, stava cambiando. Cambiava sempre più velocemente quando ero con lui e così facevo pure io. Era un gesto spontaneo, uno di quei gesti che non si può comandare col cervello. Non avrei mai voluto essere così con lui, eppure qualcosa cambiò sia dentro me che dentro lui. Non sapevo cose mi stava succedendo, sapevo però che c'era qualcosa che mi attraeva, un qualcosa che mi spaventava.

'Cos'è?'

______/\______

#WEALLBELIEVETHATTHE TWOOFTHEM...

Io credo... io credo...

Se solo sapreste quanti piani ho in testa mi ucciderete.

🙂🙂🤭

Io contenta perché le scuole stanno finendo.

Ehehehehehehe.

Se avete qualche domande inerenti al libro fatemele qui. Sono pronta a rispondere 🥹🥹.

Comunque, più scrivo questo libro, più mi rivedo in Iside 🥹🥹🥹.

C'è una percentuale del 99,9% che io metta lo scontro tra le due mafie nel capitolo venti. Solo perché ho grandi piani.

Non mi uccidete dalla voglia di saperli, please.

Comunque, grazie per star leggendo una storia ✨️veramente innocente✨️ e vi lascio alle vostre Sacre cose.

Bye bye, Pittrici della Notte 🌃🖌.

💙💙

𝐿𝑎𝑑𝑟𝑖 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑡𝑒 - 𝑀𝑒𝑙𝑜𝑑𝑖𝑎 𝑀𝑜𝑟𝑡𝑎𝑙𝑒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora