CAPITOLO 6

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VIOLET... 

CORSI A CASA. Aprii la porta con massima accuratezza cercando di fare meno rumore possibile, se mia madre mi avesse visto in quelle condizioni avrebbe fatto domande. Domande che anche io mi pongo senza trovare risposte. 

Entrai in casa e potei notare che mia madre non c'era. Andai in camera mia, tirai giù le serrande. Non volevo più pensare a nulla, volevo solo dormire. Mi misi il pigiama e mi infilai sotto le coperte. Imposi a me stessa di non piangere, almeno non per una persona della quale non mi importava, come James.

Rimasi a fissare il soffitto per svariati minuti dopo i quali mi alzai e mi misi alla scrivania per scrivere.  Perchè la professoressa tra tutte le persone della scuola aveva scelto proprio me per fare questa stupida poesia?

«L'amore è... L'amore è quella cosa...» Iniziai a buttare giù versi. «No, quella cosa è brutto... L'amore è quella sensazione...» Non sapevo ne cosa ne come scrive. Soprattuto, come potevo fare una poesia su una cosa in cui nemmeno credevo? Nemmeno so cos'è l'amore!

Restai a contemplare il foglio bianco quando il telefono mi vibrò in tasca. Sullo schermo appariva un numero sconosciuto, decisi quindi di ignorarlo e tornare a pensare che cosa poter scrivere in quella cazzo di poesia. Il telefono continuò a vibrare per cinque minuti e alla fine risposi.

«Pronto?» Ero nervosa. La poesia era riuscita a togliermi dalla testa lo stronzo di James ma mi aveva innervosito il dover scrivere su un tema banale come l'amore.

«Ti sei dimenticata qualcuno a casa mia» Riconobbi subito la voce. La voce roca e profonda che avrei potuto distinguere tra miliardi.

«Se n'è andata Maya?»

«Si, è andata via subito dopo di te»

«Arrivo, tempo dieci minuti e sono da te" Attaccai perima di sentire di nuovo la sua voce e perdermi in quel suono ipnotico. Mi misi le scapre e andai a casa di James.

Arrivai al citofono, stavo per suonare, ma non avevo idea di quale fosse il suo cognome. Decisi di chiamarlo.

«Sono sotto, mi apri?»

«Sì. Il cognome è Miller.» 

«Wow, hai lo stesso cognome del protagonista del mio libro preferito!» Nemmeno io seppi il perchè di quell'intervento del tutto senza senso.

«Mi fa piacere, ma ora muovi il culo e vieni a riprenderti il cane che io ho da fare.» Disse brusco.

A quel punto citofonai. Appena mi aprì salii per le scale arrivando al suo appartamento.

Allungai la mano per bussare, ma lui fu più svelto di me e mi aprì all'istante. Rimasi incantata a guardarlo. James era uno di quei ragazzi che quando cammini per strada non puoi non notare. 

Un po' per la sua altezza, un po' per la bellezza, un po' per i modi di fare. Rimasi sull'uscio della porta. Dato che aveva da fer presupposi che non volesse perdere tempo facendomi entrare a casa sua. Quello che fece invece fu inaspettato. Si scansò per farmi passare.

«Prima non ho avuto nemmeno il tempo di farti vedere casa»

«Ma non avevi fretta?»

«Sì, fretta di chiarire le cose.» Fece per continuare ma lo bloccai.

«Non servono scuse inutili, tu sei libero di fare ciò che vuoi. Basta che poi non ci finisca in mezzo io.»

«Ok, qindi tra noi è tutto apposto?»

«Punto uno: non esiste alcun noi. Punto due non è e non sarà mai nulla apposto. Certo, ci sopporteremo fino alla fine dell'anno, ma sarà solo questo sopportarci a vicenda. Niente di più, niente di meno.» Dissi categorica. «Ora scusa ma devo andare a scivere una cazzo di 'poesia sull'amore» Mimai le virgolette. James mi passò il guinzaio.

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