CAPITOLO 16

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JAMES...

CHE COSA DOVEVO FARE? Lei mi stava raccontando della sua vita, dei suoi problemi ed io? Avrei dovuto confessare anche io tutto? Avrei dovuto consolarla?

Non sapendo che fare le passai un braccio sopra le spalle stringendola in un abbraccio. Lei a quel punto non potè più resistere e scoppiò a piangere. Posò la sua guancia sul mio petto lasciando che le lacrime scorressero. Chinai la testa e le diedi un leggero bacio sulla nuca. Tra le lacrime mi si rannichiò vicino, posando una mano chiusa a pugno sopra al mio cuore, che iniziò a battere come non mai.

Quel piccolo momento di intimità venne spezzato dal fastidioso suono della campanella.                   Violet si alzò senza fiatare andando verso l'aula di letteratura. 

Si girò per un istante. 

«Non dirlo a nessuno.» Fu il flebile sussurro che le uscì dalle labbra. Si voltò, lasciandomi da solo con il peso del suo macigno ancorato addosso.

Non riuscivo a credere che una ragazza come lei potesse porare dentro di sè così tanto dolore. 

Una ragazza che vista dall'esterno sembra una persona fredda e distante da tutti, che se ne frega degli altri. Ma se poi appena scavi un po' più in profondità trovi un mondo. Un mondo di calore, empatia e gentilezza. Un mondo dove anche le paure e insicurezze di fronte alle sue sembrano cavolate. Un mondo dove non sei giudicato da niente e nessuno. Un mondo dove però possono entrale solo pochi prescelti.                                                                                                                                           Ed io volevo essere tra quelli.


Violet...

Arrivai al luogo dell'indirizzo. Davanti a me c'era un grandissimo cancello in ferro battuto. Rimasi a fissarlo una decina di minuti. Mi avvicinai al citofono per suonare. Rimasi confusa quando, al posto della vice di James, al citofono, mi rispose una voce maschile che però non era quella di James.

Il portone si spalancò rivelando un rigoglioso giardino verde smeraldo, tappezzato qua e la da piccole margherite gialle. Seguii il sentiero di mattonelle arrivando a un portico rialzato.

Sentii la stessa voce che mi aveva risposto al citofono dirmi di entrare. Varcata la soglia mi ritrovai in soggiorno. Nonostante fosse tardo pomeriggio dalle finestre filtrava moltissima luce. Mi guardai un po' intorno. Notai che non c'erano foto. Le pareti erano addobbate da quadri e dipinti. 

 «Non pensavo saresti venuta sul serio Pantera» Mi voltai riconoscendo subito la voce di James.  

«E sentiamo, perché mai non sarei dovuta venire?» Lo stuzzicai. Nel mentre sentii lo stesso portone che prima si era aperto, sbattere nell'infisso.

 «Beh, ok che sei una pantera, ma non pensavo fossi davvero così coraggiosa.» Oh James, se solo sapessi quanto devo essere coraggiosa ogni giorno, cambieresti idea su di me.

«Chi era il ragazzo che mi ha aperto?» Chiesi indicando il portone.

«Nessuno.» Il suo tono faceva trapelare che invece era qualcuno, e anche di importante. Ma dal modo il cui il suo viso si era incupito capii di non indagare oltre.

Ci dirigemmo verso la sua stanza che si trovava al piano superiore.

La stanza nella quale mi ritrovai era esattamente come l'avevo immaginata.

Davanti alla porta c'era una grandissima finestra che dava sul giardino. Le pareti grigio chiaro donavano un aspetto più grande alla stanza. Il letto, posto in un angolo della stanza era di dimensioni spropositate, probabilmente un King-size. Era anche quello grigio ma di qualche tonalità più scuro. 

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