CAPITOLO 17

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VIOLET...

ERO SDRAIATA SUL LETTO, QUANDO MI SQUILLÒ IL TELEFONO.

«Ei Vivi! Stasera andiamo in disco?» 

«Non posso, oggi torna papà»

«Sempre la solita. Non c'è un cazzo di giorno in cui puoi fare ciò che ti propongo. Sei una palla.» Mi attacca il telefono in faccia.

La richiamo subito.

«Scusa, mi dispiace tanto. È solo che non vedo mio padre da tre settimane.»

«Si certo, tutte scuse Vi. Se ti sto tanto sui coglioni dimmelo e basta.» Sbuffa.

«Ma cosa dici! Non mi stai antipatica. Se vuoi chiedo a mio padre se posso ok?»

«Mah, è il minimo dato che io non ho nemmeno detto a nessuno quelle di quegli strambi tagli che ti fai sui polsi perché 'non riesci a sopportare il dolore'» 

Aveva ragione, era solo merito suo se tutta la scuola non ne sapeva nulla. 

«Ok, ti faccio sapere.» Concludo la chiamata.

Io però volevo stare con papà...

Il lunedì seguente, a scuola, lei venne da me.

«Perché non sei più venuta sabato? Eh piccola troietta di merda! Eri troppo occupata a starre dietro i comodi del paparino eh? Sai che c'è? Ora dirò a tutti cosa fai. Vediamo se ti guarderanno allo stesso modo.» Poi alza la mano e mi colpisce in pieno viso. 

«Questo è per  non essere venuta sabato.» Poi mi diede un altro schiaffo. «Questo è per tutte le volte che non hai fatto come ti avevo detto. E questo è perché ti sei scanzata dal mio bacio quella sera» Mi colpì un ultima volta per poi voltarsi lasciandomi sola sul pavimento del bagno delle ragazze.

Avevo gli occhi offuscati dalle lacrime, il respiro mi veniva a mancare per i costanti singhiozzi. Presi la lametta dalla tasca dei jeans, affondandola nella -ormai piena di cicatrici e segni- pelle del mio polso. 


A risvegliarmi dall'incubo fù il fruscio delle lenzuola accanto a me. Mi misi seduta guardando intorno. 

A quanto pare non ero l'unica ad aver avuto un incubo.

Mi avvicino alla figura di James. Era davanti alla finestra spalancata, tra le dita teneva un mozzicone di sigaretta. Il suo sguardo era fisso sulla luna.

«Vedo che ho scelto bene il tuo soprannome Lupetto.» Mi appoggio all'intelagliatura della finestra, rivolgendo lo sguardo su di lui.

Ha i lineamenti tesi, di chi è reduce di un bruttissimo sogno.  

Mi avvicino leggermente di più e appoggio la testa sulla sua spalla. 

«Anche te un incubo?» Sussurro continuando a fissare la luna.

«Già» Confessa con un po' di malinconia. 

Con la mano iniziò a carezzarmi la testa facendomi tranquillizzare totalmente. Presi un respiro profondo, mi voltai guardandolo negli occhi.

«Che cos'è che può scombussolare a tal punto un tipo duro come te, James Miller?»

Nei suoi occhi comparve una strana luce, quasi... malinconica. Il suo petto iniziò a muoversi velocemente, i respiri si fecero sempre più affrettati e brevi.

Merda. L'incubo che ha avuto lo stava portando ad avere un attacco di panico.

«Ei, ei. James, guardami» Prendo il suo viso tra le mani. Una lacrima traditrice solca sul suo viso. «Guardami.» Ripeto con più dolcezza. 

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