𝓥𝖊𝖓𝖙𝖎𝖈𝖎𝖓𝖖𝖚𝖊

747 82 135
                                    

🌌Undicesima lezioneNon puoi avere paura dell'abisso, se esso è dentro di te

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.



🌌
Undicesima lezione
Non puoi avere paura dell'abisso,
se esso è dentro di te

Quando sento le parole dell'oratore, non riesco a comprenderne subito il significato.

«Il castello è sotto attacco?» ripeto. Scuoto la testa e mi allontano lievemente. «No, non può essere. C'è il ricevimento, le persone stanno solo festeggiando...».

«No». L'oratore lascia il mio viso, si appoggia ancora al muro per non cadere e io finisco per appoggiarmi insieme a lui. «Non c'è tempo, devi... devi ascoltarmi».

Leggo senza difficoltà le parole che si è impedito di dire: devi fidarti di me.

L'osservo cercando d'impedirmi di pensare che è proprio quello che mi ha chiesto di non fare. Mi ha detto di non fidarmi di lui e io ho risposto che non lo avrei fatto. Adesso, in quel corridoio buio con il suo corpo piegato da chissà quale droga, mi rendo conto di aver mentito a entrambi.

«Ne sei sicuro?» mormoro.

Lui annuisce faticosamente e una smorfia gli fa socchiudere gli occhi. Ha il labbro gonfio come se avesse lottato e una macchia rossa sullo zigomo che si trasformerà in un livido.

La sfioro involontariamente, ma quando sento il suo respiro sul mio dito mi stacco all'istante. «Dobbiamo avvisare tutti» mormoro, lanciando un'occhiata alla sala dei ricevimenti.

Sto già pensando a come gestire la cosa, a quante persone posso far passare attraverso i passaggi segreti, a come reagirà mio padre vedendo l'oratore fuori dalla sua cella, quando all'improvviso tutte le porte laterali della sala sbattono di colpo.

Accade tutto velocemente: un attimo prima sto osservando alcune persone danzare al centro della sala, quello dopo il rumore secco del legno sbattuto blocca il mio flusso di pensieri.

Sobbalzo, ma non ho la prontezza di reagire perché la scena di fronte ai miei occhi è assurda. O qualcuno li ha avvisati dell'attacco, oppure...

Grida si levano da dietro le porte e ho l'impressione che lo stomaco mi si rivolti, che la vista cali all'improvviso. Mi accorgo di essermi mossa solo quando la mia spalla sbatte contro il legno duro dei battenti. «No» urlo, mentre dall'altra parte della parete sento i tavoli rovesciarsi e bicchieri andare in mille pezzi. «No!».

Inizio a battere sulla porta, a tirare il chiavistello. C'è la mia famiglia lì dentro.

C'è la mia famiglia.

È tutto quello che riesco a pensare mentre tiro un calcio al legno, ma questo resta solido di fronte a me. Ci sono Jonas e Bailey e i miei genitori...

Il rumore della lotta si amplifica ancora, con oggetti pesanti che si schiantano alle pareti, nuove urla, rumore di spade che s'intrecciano. Colpisco più forte ma niente, niente sembra avere effetto su quelle dannatissime porte. Tiro ancora un pugno, mentre le lacrime iniziano a scendermi sulle guance, le mani bruciare in tutti i punti che ho colpito.

L'oratoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora