𝖀𝖓𝖔

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Sir Wilderfall mi guarda. «Benvenuti alla faglia».

Resto immobile per un'infinità di tempo, ripercorrendo i lineamenti familiari di chi non vedevo da mesi ormai. Di chi mi ha cresciuta, di chi mi ha insegnato tutto quello che so su Zidale e sul continente. Fisso gli occhi caldi del mio tutore che mi sorridono, che mi dicono di avermi riconosciuta ancora prima che fossi io a farlo, che forse mi aspettavano da tempo.

Fisso Sir Wilderfall e all'improvviso tutto ciò che sento è un tuono di rabbia che risuona dentro di me.

Mi volto di scatto.

Altri maledettissimi segreti. Altre maledettissime bugie.

«Alhena!».

La sua voce mi segue e fa voltare Zale nella mia direzione. Non guardo neppure lui, so di essere così livida in volto, che ho l'impressione di poter scoppiare da un momento all'altro. Di potermi tranciare in mille pezzi ed essere spinta via dal vento furioso che mi schiaffa i capelli.

Sir Wilderfall, l'uomo che doveva essere alla corte del Protettore del continente, sta con i ribelli.

Arrivo fino al margine della faglia prima di voltarmi di scatto e tornare sui miei passi. Il potere su di me vibra così intensamente, che ho l'impressione che la mia pelle tamburelli al ritmo del mio cuore; ho l'impressione che sfrigoli a contatto con l'aria come se fossi una carica elettrica pronta a tuonare in mille direzioni.

Avanzo verso Sir Wilderfall, ancora fermo nel punto in cui mi ha trascinata sulla faglia, fregandomene dell'espressione tesa sul suo volto. Me ne frego di lui, me ne frego di essere finalmente alla faglia, me ne frego dei ribelli che si sono voltati a guardarmi. L'aria turbina attorno a me, s'interseca con il potere che si solleva dal mio corpo, sento il disperato bisogno di liberarlo, sento...

Zale si piazza di fronte a me e i suoi occhi argentati m'inchiodano.

«Controllalo».

Sono così arrabbiata, così unita con il potere, che impiego un po' a mettere in ordine le sillabe che sono uscite dalla sua bocca.

«Controllalo» ripete, incrociando le braccia al petto. «Avere il potere significa saperlo gestire».

L'ennesima ondata di rabbia mi scuote. «Ho il potere perché tu hai deciso di darmelo» sibilo.

«E ti fa incazzare?». Zale si avvicina di un passo, passa la lingua con furia su quelle labbra cesellate. «Sei incazzata con me perché ti ho dato il potere?».

È quella domanda a riscuotermi, o forse è la serietà del suo volto, l'intensità dei suoi occhi piantati nei miei. Mi sta provocando e non appena lo capisco, ho l'impressione che la mia mente e il mio corpo stiano tornando alla realtà. Percepisco ancora il potere ma non sono più un tutt'uno con lui. Sento le ombre che mi scorrono sulla pelle ma non modificano l'equilibrio dello spazio attorno a me. L'aria torna a essere respirabile, il vento soffia ancora ma non vortica più come prima.

L'oratoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora