𝕯𝖎𝖈𝖎𝖆𝖓𝖓𝖔𝖛𝖊

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Quinta lezione
Quando nulla ha senso, tutto ci sfugge


Il corridoio in cui mi trovo è freddo e buio, e la luce non riesce a penetrare lo spesso strato di polvere che ricopre le finestre.

Sono già stata qui.

So che è così, anche se niente dell'ambiente circostante mi ricorda qualcosa.

Guardo le stanze aperte, che hanno una forma familiare, guardo i soffitti senza luci perenni. Sono a casa, ma non lo sono davvero.

La ragazza bionda che sto seguendo corre di nuovo.

Corre come se i suoi piedi sapessero perfettamente dove andare.

Corre come se, per anni, avessero disegnato i solchi nella pietra assottigliata del corridoio.

Apre la porta come se le sue unghie avessero graffiato il legno scuro del battente un milione di volte.

Anche lei è a casa senza esserlo davvero.

Si volta e il mio corpo s'infilza sul posto. La conosco, anche se non la conosco davvero.

«Torna a casa, Alhena» mi sussurra, accarezzandomi il volto. «Torna a casa».

Mi sveglio di soprassalto, stringendo le coperte tra le dita. Impiego qualche istante a rendermi conto che sono nella mia camera da letto e che fuori è buio.

Dèi, cos'è successo?

Ho la gola impastata come se avessi urlato, ma sono sicura di non averlo fatto mentre il buio inghiottiva la sala dei ricevimenti. Non avevo paura, non pensavo che mi avrebbe uccisa. Ero solo... solo sollevata.

Mi allungo verso il comodino e afferro il bicchiere d'acqua che Bailey lascia sempre accanto al mio letto. Non so quanto sia passato dal ricevimento, ma è chiaro che qualcuno mi abbia riportata qui. Probabilmente è stata lei, mi avrà protetta con la sua magia mentre tutto esplodeva.

L'impulso di cercare Jonas e i miei genitori mi spinge ad appoggiare i piedi a terra. La pietra fredda mi fa rabbrividire e basta quella sensazione – il freddo – a farmi tornare in mente ciò che stavo sognando.

La ragazza della cerimonia.

Non solo sembrava essere ancora in questo castello, ma ha pronunciato il mio nome.

Non appena lo realizzo, salto giù dal letto e corro alla porta. La spalanco e il riflesso delle luci perpetue mi fa socchiudere gli occhi. No, nel mio sogno c'era più buio, non poteva essere in questo corridoio.

Richiudo la porta alle mie spalle e inizio a camminare a piedi nudi verso l'androne delle scale. Devo cercare un posto più isolato, un posto che non abbia tutte queste luci fastidiose messe da mio padre.

L'oratoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora