🥀Untouchable🥀
«Non fidarti mai di me, Lehna».
Una principessa ribelle.
Un prigioniero talmente potente da uccidere chiunque lo sfiori.
Una promessa infranta così tanti anni prima da non temerne più le conseguenze.
Fino ad ora.
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🖤
L'oratore conosce il mio nome.
Lo so, la cosa non dovrebbe sconvolgermi: sono pur sempre la figlia del re. Tuttavia, non conosce solamente il mio nome per intero, mi ha chiamata Lhena, lo stesso nomignolo che usava Sir Wilderfall quando ero piccola.
Mentre esco dalla mia stanza, mi chiedo se il mio tutore tornerà prima o poi dal suo viaggio nella capitale. È via da così tanto ormai, che inizia a mancarmi. Mi mancano le sue lezioni, il suo tono borbottante, ma anche la tollerante apertura alle mie domande più curiose. Se fosse per mia madre, io dovrei solo tenere la testa china sui libri.
Faccio scattare la serratura della porta con un trucco che mi ha insegnato Bailey. È magia primitiva, una tipologia di magia che non risiede nelle persone ma negli oggetti che un mago ha incantato.
Ed è divertente.
Quando me lo ha insegnato come regalo per il mio quindicesimo compleanno, ho passato un intero pomeriggio ad azionare quel meccanismo. Provo la stessa inebriante scarica di adrenalina anche adesso, mentre attivo l'ingranaggio con la mano. Tendo le dita, anche se l'indice mi fa ancora un po' male per lo scontro con l'oratore, e ruoto lentamente il polso in senso orario.
Con un suono sordo la serratura si blocca e, quando mi volto, faccio un salto di venti centimetri per la paura.
Caorl, il braccio destro di mio padre, è a pochi metri da me.
«Principessa» mi saluta, distaccato.
Aspetto che si avvicini prima di rispondere e cerco sul suo volto i segni di chi ha appena visto un'umana utilizzare la magia. Non potremmo farlo, Bailey finirebbe in guai seri per avermelo insegnato, anche se mio padre è il primo a utilizzare la magia a suo piacimento. Lo testimoniano le luci perpetue che tracciano la pianta del castello. Non sono così forti da disturbare il sonno ma permettono di orientarsi in caso di attacco a sorpresa. Se non sapessi come mio padre ha ottenuto il suo potere, gli darei del folle.
«Caorl» replico quando mi affianca.
La sua espressione neutra e impassibile non mi suggerisce nulla. Se mi ha vista, ha deciso di graziarmi. «Posso accompagnarla a cena?» domanda formale.
«Prego». Gli faccio cenno d'incamminarsi lungo il corridoio dalla tappezzeria rossa, che divide in due l'ala dedicata alla famiglia reale. L'ho sempre odiato quel corridoio. Niente passaggi segreti e troppe possibilità di essere intercettati. Proprio come in quel momento.
«Non vi ho vista alla celebrazione, oggi» commenta con fare affabile.
Troppo affabile.
Caorl è un combattente, non si dà alla politica e posso contare sulle dita di una mano le volte che si è rivolto a me. Se mi ha cercata è sicuramente perché vuole qualcosa. «Cosa festeggiavamo?» domando vaga.