𝕯𝖎𝖈𝖎𝖔𝖙𝖙𝖔

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Quarta lezione

L'amicizia è il prezzo del potere


Vedo Hans all'ultimo, solo quando si posiziona di fronte a me e il suo volto copre la visuale sull'oratore.

«Possiamo parlare, Alhi?» ripete più incerto.

I capelli lisci non sono raccolti nel suo solito codino e la piega profonda sotto i suoi occhi mi fa sospettare che non dorma da giorni. Anche se l'impulso è quello di chiedergli dove sia stato, resto zitta e gli faccio cenno di scendere dal balconcino.

Mentre percorriamo le scale, il mio mento sfiora la spalla nel tentativo di cercare l'oratore ma è già stato accerchiato dalle guardie scelte. So che non avrò l'opportunità di parlare con lui stasera e so anche che non lo vorrebbe, così cerco di dimenticarmi che ci troviamo entrambi nella stessa stanza e torno a guardare Hans.

«Mi dispiace per l'altro giorno» inizio a bassa voce, avvicinandomi.

«No». Hans blocca duramente i miei tentativi di scusarmi e fa un passo indietro. Si allontana. «Non hai nulla di cui scusarti».

Resto immobile per qualche secondo, destabilizzata da quel movimento. So che non è stato casuale, ma cerco di togliermi di dosso la sensazione d'inquietudine e riprendo a parlare normalmente. «Mi hai solo presa alla sprovvista» continuo, facendo nuovamente un passo in avanti. «Stanno succedendo tante cose e io... non sapevo da che parte iniziare».

Da quando conosco Hans, abbiamo sempre fatto così: litighiamo, a volte ingigantendo anche i problemi, ma poi la distanza ci fa sempre capire che sono solo un mucchio di stronzate, perché noi non sappiamo come sia, vivere senza l'altro.

Per quello, quando si scosta di nuovo, sento la terra traballare sotto ai miei piedi.

Hans arretra e l'aria diventa improvvisamente troppa. C'è troppo spazio, troppo distanza tra i nostri corpi. «Non avrei dovuto parlare» dice, guardandomi appena. «Non avrei dovuto chiederti di restare e, soprattutto, non avrei dovuto confondere i ruoli».

«Che ruoli?» mi lascio scappare.

Sento il potere bruciare sul braccio ma lo ignoro, perché quello che sta dicendo Hans non ha senso. Siamo cresciuti insieme, sono sgattaiolata fuori dalla mia stanza innumerevoli volte per verificare che fosse tutto intero dopo gli allenamenti alla foresta di Wook, ho tenuto una salvietta bagnata per ventiquattr'ore sulla sua fronte quando la febbre lo aveva colto all'improvviso e ho cavalcato con lui fino ai confini di Zidale ogni volta che mia madre mi faceva uscire di testa.

Quindi no, non ci sono ruoli tra di noi. Abbiamo rinunciato ad averli molto tempo prima.

«Sei una principessa» dice serio, come se si fosse accorto della mia discendenza solo in quel momento, «e io mi occupo della tua protezione. Chiederti di più è stato fuori luogo».

L'oratoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora