CAPITOLO DUE

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Passarono delle settimane dopo quell'incontro. Simone non si presentò più al bar per dei giorni. Le sue giornate le passava tra una visita e l'altra e non aveva più avuto occasione di ritornare al Roma Cafè. In quel giovedì però si concesse però una pausa, uscì dal suo studio medico e si ripresentò al bar dove lavorava quel scavezzacollo di cui non sapeva il nome e chiese un caffè amaro. Fu lo stesso Manuel a servirlo di nuovo ma appena vide che era il perfettone che si era presentato qualche settimana prima, divenne nervoso cercando di stare sulle sue. Poi però, Simone lo interpellò perché proprio non ce la faceva a non stuzzicarlo.

«Chi si rivede.» disse con tono compiaciuto.

«Devo lavorare, non ho tempo di perderme in chiacchiere co te.»

«Siamo nervosetti stamattina?»

«Questi 'nso affari che te riguardano, dottorino.»

«L'altra volta mi ha parlato con il voi, ora perché con il tu?» ridacchiò divertito.

«Me stai distraendo. Devo lavorare.» disse tenendo stretto il vassoio e le mani avvolte nei guanti.

«Allora se devi lavorare perché stai ancora al mio tavolo?» non ricevette nessuna risposta. «Vedo che porti ancora i guanti.»

«E quindi? Me voi fa ancora l'interrogatorio? Nu te dirò er motivo.»

«Si, voglio farti l'interrogatorio, quindi posso farti una domanda o c'è qualche problema?»

«Non ho tempo, dottorino dei miei stivali.»

«Mi dici che non hai tempo però sei ancora qua davanti.» lo spiazzò. Del resto Manuel nonostante facesse l'antipatico davanti al suo cliente quasi abituale del Roma Cafè, aveva comunque un certo interesse ma non glielo disse.

«Vabbè, dimme.» si sedette al tavolo del perfettone.

«Qual è la cosa che ti fa più paura?»

«Toccà cose e contaminarme.»

«Mmh, e se facciamo una lista di tutte le cose che hai paura?»

«Scusa ma nu te seguo.» disse alzando un sopracciglio.

«Hai un blocknotes con te?»

Annuì. «È quello degli ordini ma lo girerò al contrario.»

«Bene, inizia. Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi per compilare la lista.»

«Okè, insopportabile so tutto io.» E così Manuel iniziò a scrivere le paure della sua misofobia. Almeno aveva ascoltato il consiglio di Matteo che gli aveva dato settimane prima. Quando ebbe finito di scrivere, girò il blocknotes e lo avvicinò allo specialista.

«Bene, vediamo.» le lesse con attenzione cercando di avere un quadro completo della situazione.

1- Toccare le maniglie.
2- Lasciare che gli altri tocchino le mie cose.
3- Comprare un libro in libreria.
4- Tenersi alle maniglie o ringhiere del treno o della metropolitana.
5- Mangiare al ristorante.
6- Stringere la mano a qualcun'altro a mani nude.
7- Toccare le cose degli altri senza disinfettarli.
8- Bere da un bicchiere dove ha bevuto un altro.
9- Lasciare che qualcuno entri nella mia stanza.
10-

«Hai lasciato il numero 10 vuoto... ma per adesso lasciamolo così. È un chiaro segno che tu sia affetto da una fobia, bisogna intervenire, quindi da questo momento in poi farai tutte le cose che hai elencato.»

«Eh?» disse l'altro sconvolto. «No, non lo farò. Sto bene come sto, grazie.»

Simone lo vide alzarsi ma gli pregò di risedersi e di ascoltarlo. «Non hai mai sentito parlare della terapia dell'esposizione? È questo il nome del trattamento ed è evidente che sei affetto da una misofobia. Quindi c'è da dire che quando avrai completato la lista, sarai completamente guarito.»

«Perché te spingi così tanto pe uno che nu conosci affatto? Cioè nu conosci manco er nome mio.»

«Sono Simone Balestra, psicoterapeuta, piacere.» sorrise a labbra chiuse.

«Manuel Ferro.» serrò le labbra.

Mysophobia | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora