CAPITOLO QUATTRO

257 17 10
                                    

Da quel giorno al bar, Manuel non indossò quasi più i guanti o almeno ci provava. Aveva ancora quel timore di infettarsi, ma cercava di non pensarci. Un pomeriggio mentre passeggiava sulla via del ritorno a casa, vide causalmente Simone in un negozio di abbigliamento ma evitò di entrarci. Non voleva recargli altro disturbo, soprattutto dopo quello che stava facendo per lui. Ma Simone non era stupido, lo aveva già adocchiato da fuori la porta del negozio. Così uscì dopo aver pagato e chiamò in lontananza il corvino.

«Ferro!»

Manuel si voltò e lo salutò con un cenno al capo dato che aveva le mani occupate da due buste della spesa. «Dottor Balestra.»

«Oh ti prego, non chiamarmi in quel modo. Dammi del tu.»

«Come mai da queste parti?» disse cambiando argomento.

«Compere. Tu invece?»

«Spesa pe stasera.» ridacchiò.

«Stai facendo progressi, non stai portando i guanti.» gli sorrise ampiamente.

«Merito suo dopotutto.» sorrise a labbra chiuse al castano.

«Man mano supereremo tutte le cose che hai scritto nella lista.»

«La vedo molto difficile.» abbassò lo sguardo.

«Non essere pessimista, pian piano arriveremo fino alla nona poi la decima dovrai decidere tu cosa fare.»

«Poi ce penserò.» serrò le labbra. Ci fu un evidente silenzio d'imbarazzo ma parlò nuovamente Manu. «Le va de venì a cena da me? Se non ha impegni.»

«Manu, dammi nel tu per piacere. Comunque, accetto. Insomma, proveremo a sbloccare la seconda cosa scritta nella lista.»

«Spero de riuscirce come la prima.»

Simone lo rassicurò facendogli un occhiolino ed entrambi si incamminarono verso casa. Nessuno dei due spiccicò parola sulla via del ritorno e una volta arrivati, Manuel prese a mani nude le chiavi di casa ed entrò seguito da Simone che vi era dietro di lui.

«Allora...» Simone iniziò ad adocchiare vari oggetti esposti sui mobili e mensole.

«Per favore, nu toccà le cose mie.» disse il corvino già partendo prevenuto.

«Sbagliato e già siamo partiti male Manu. Devi permettermi di toccare le tue cose o qualunque altra cosa, non sono mica un microbo vivente.»

Manu prese a ridere appena un po' serrando le labbra e iniziò a preparare la cena.

«Le piace l'amatriciana?»

«Secondo te? Cioè sono di Roma e secondo la tua idea non mi potrebbe piacere l'amatriciana?» disse mentre toccava un portafotografia ove vi raffigurava sua madre.

«Nu tocc-» si fermò a parlare.

«Manu, che cosa ti ho detto?»

«S-Si, è solo che...»

«Non preoccuparti, non infetto nulla.»

«D'accordo, me trovi n'cucina.»

Simone ispezionò tutta la casa toccando qualsiasi cosa vi era sotto i suoi occhi. Poi entrò in cucina, dove Manuel era alle prese con l'amatriciana. «Serve una mano?»

«Ehm no!» Tolse di corsa i guanti nascondendoseli dietro la schiena.

«Manu, che cosa nascondi là dietro?»

«N-Niente!» era leggermente allarmato.

«Dimostramelo.» disse serio.

«I-Io...» sospirò.

«Hai di nuovo i guanti, non è così?»

Sospirò abbassando lo sguardo. «Perdoname...»

«No, mi avevi detto che non li indossavi più. Perchè menti?»

«Ho ancora paura, cerca de capirme.»

«Ma se l'abbiamo superata quella prova, perchè ti tiri indietro?»

«Vabbè, okè, non li userò più pe davvero.»

«Sarebbe meglio.» fece sedendosi al tavolo.

Manuel tornò a cucinare senza guanti facendo dei respiri profondi, doveva farcela, doveva combattere con tutto se stesso per stare al cento per cento bene.

«Ho toccato molte delle tue cose.» se ne uscì infine Simone.

«C-Cosa...?» deglutì rumorosamente voltandosi verso il maggiore.

«Esatto, l'ho fatto, spero non ti dispiaccia.» gli fece un occhiolino.

«Nu dov-» fu interrotto.

«Non ti dirò cosa ho toccato, ovviamente.» alzò un angolo delle labbra. «Altrimenti le pulirai come tuo solito.»

«Come mio solito?» aggrottò le sopracciglia. «Me sto a pentì d'averla invitata Dottor Balestra.» rise.

«Che spiritoso che sei.»

Dopo un'ora la cena fu pronta ed entrambi mangiarono prima in silenzio, poi Simone fu il primo a parlare dopo tanto. «Come hai iniziato ad avere questa fobia?» disse imboccando una forchettata di bucatini all'amatriciana, alzando lo sguardo per guardare Manuel.

«Ero al terzo anno di liceo, quando fu inserita una materia nuova.»

«Sarebbe?»

«Chimica. Ero entusiasmato de studiarla ma poi è successo quel che è successo.»

«Per caso è successo durante un esperimento?»

«S-Si...»

«E prima di allora, non hai mai provato a curarti?»

«Pe me era mejo vive co questa fobia.»

«Non è esatto, ora stai lottando.»

«Veramente Simone, spero de riuscirce.» si accorse di averlo chiamato per nome e si imbarazzò ad una certa. «Scusi, Dottor Balestra.»

«Scuse negate, chiamami Simone.»

«Okè, Simone.»

«Comunque, lascia fare a me e segui i miei consigli. Sarò un ottimo medico per te.»

Sentì la speranza invadergli il cuore. Le parole di Simone lo rassicuravano più di qualsiasi altra persona.

Mysophobia | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora