CAPITOLO SETTE

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Un'Audi nera opaca arrivò a casa di Manuel verso le 12:30. Suonò il clacson un paio di volte e Manuel capì che si trattasse di Simone e che quindi era appena arrivato. Quel giorno aveva indossato il suo solito completo in tuta grigia e scarpette, nonostante facesse un caldo afoso. Prese gli occhiali di sole indossandoli, le chiavi di casa, la tracolla che portava sempre con se e uscì dall'appartamento. Scese le scale con un portamento un po' svogliato e fu proprio il guidatore ad aprirgli la porta.

«Sali.» disse con una voce più profonda.

Salì in macchina chiudendosi la portiera e guardò Simone alla guida vestito con una camicia bianca e pantaloni con mocassini neri. Il corvino lo squadrò dalla testa ai piedi e per un momento rimase con la bocca un po' schiusa.

«Che c'è? Hai visto un fantasma?» ridacchiò.

«Meglio se parti va', perfettone.» abbassò lo sguardo sorridendo a labbra chiuse.

Con un sorrisetto che la diceva lunga, partì e mise delle musica in sottofondo. Poi Manuel parlò improvvisamente. «Che cosa me farai magnà oggi?»

«Qualsiasi cosa tu voglia.»

Sospirò, tornando ad avere di nuovo l'ansia.

«Paura?»

«Eh npo', nu magno ar ristorante da parecchio tempo.»

«Vedrai che andrà tutto per il meglio.»

Tutto d'un tratto il corvino spalancò gli occhi, ricordandosi di non aver preso il portafogli sul comodino in camera sua. «Mortacci! Torna indietro subito Simò.»

«Perché?» alzò un sopracciglio Simone.

«Ho dimenticato er portafogli mio.» lo guardò.

«Ah ma non preoccuparti, pagherò con la mia carta di credito.»

«Ma Simò... perché tanto disturbo?»

«Ti ho detto che non devi preoccuparti, Manu.»

Il più piccolo si zittì e guardò la strada attraverso il finestrino. Simone lo guardava di tanto in tanto e si mordeva l'interno della guancia in continuazione.
Credo di essermi innamorato di te, pensò, perché ogni volta che vedeva Manuel il suo cuore andava in tilt. Entrambi si piacevano ma nessuno dei due lo sapeva. Se il corvino non avesse avuto quella fobia, avrebbe tanto voluto accarezzarlo, fargli i grattini alla nuca e tante, tantissime coccole. Avrebbe voluto baciarlo, assaporare quella sua incantevole bocca che sembrava un bocciolo di rosa. Avrebbe voluto assaporare la sua saliva, far scontrare ardentemente, ripetutamente e veementemente la lingua alla sua gemella. Avrebbe voluto abbracciarlo, spogliarlo e toccargli ogni millimetro di pelle, fare l'amore con lui. Simone non si era mai innamorato veramente di nessuno fino ad allora. Aveva avuto qualche storiella di poco conto, ma niente di così serio tanto da innamorarsi del suo stesso paziente. Manuel era proprio la sua metà. Il pezzo mancante del suo cuore. Ci fu un lungo silenzio fino ad arrivare a destinazione. Simone scese dalla macchina e chiuse la portiera dal suo lato facendo poi il giro attorno al mezzo e aprì quella di Manuel che prese poi a scendere. Seguì il maggiore fin dentro al ristorante, prendendo posto in terrazza dove ci si vedeva tutta Roma.

«Ti piace qui o preferisci dentro?»

«No, qui va bene...» posò la tracolla sulla sedia vuota alla sua sinistra e si sedette di fronte a Simone.

Anche il castano si sedette e prese il menù in mano. Manu invece se ne stava con lo sguardo basso a rigirarsi i pollici. Aveva un peso sul petto enorme, forse paura? Ansia? In ogni caso era una sensazione spiacevolmente brutta.

«Sei povero di parole oggi. C'è qualcosa che non va?»

«No, va tutto bene Simò, grazie.»

«È per ieri?»

«Non ho dormito molto bene stanotte.»

«Eri un po' irrequieto?»

«Si, forse per la prova di oggi qui al ristorante.» mentì e alzò lo sguardo, guardandolo in viso.

«Non aver paura, supererai anche questa.» sorrise ampiamente mostrando la dentatura perfetta.

Arrivò poi il cameriere e Simone prese tutta roba a base di carne, dal primo al secondo. Dopo una buona mezz'ora, i piatti arrivarono e Manu non riuscì a mangiare almeno non subito. Simone lo guardava sott'ecchi mentre mangiava. Poi però, il corvino prese le posate tra le mani ed era quasi pronto a mangiare la roba ordinata. Deglutì stringendo il coltello nella mano sinistra in un pugno come a prendere coraggio fece un respiro profondo. Afferrò un pezzetto di carne arrostita e pian piano la imboccò. Man mano prese a mangiare come se non avesse nessuna fobia, come un ragazzo normale a tutti gli effetti.

«Bravissimo.» sorrise nuovamente Simone.

Il riccetto davanti a lui alzò lo sguardo e aveva il musetto tutto sporco di sugo di carne e allora il castano prese un fazzoletto, allungò il braccio e glielo pulì. Manu rimase sorpreso da tale gesto, che non se lo aspettava minimamente.

«Com'è allora?»

«B-Bono, nu magnavo cibo der ristorante da molto tempo.» bevve poi un po' d'acqua.

«Sono contento che tu abbia preso coraggio. Meriti di guarire Manuel.»

«Smettila Simò.» abbassò lo sguardo.

«Mh? Che c'è adesso?»

«Me metti in imbarazzo...» sussurrò piano e dolce.

«Sei così dolce.»

«Smettila, cazzo.» ma una piccola risatina se la fece.

Passò un'oretta, Simone pagò il conto e uscirono dal locale, salendo nuovamente in macchina.

«Dove annamo adesso?» chiese Manu.

«In giro, lo vuoi un gelato? Lo mangiamo assieme.»

«Okè, ma stai spennendo troppo pe i gusti mia.»

Simone rise e mise nuovamente in moto l'auto e andò a Roma centro. Parcheggiò in un garage a pagamento e con Manu si diresse verso la gelateria. Entrambi presero un gelato alla frutta e iniziarono a passeggiare di fianco a fianco per la città trovandosi poi davanti a sua maestà Il Colosseo.

«Me ce voleva n'uscita così...» parlò il corvino.

«Sono felice che ti sia piaciuta.»

«Come posso sdebitarme...»

«Nulla, Manuel.»

«Allora grazie veramente de tutto Simò, senza de te nu sarei qua.»

«Voglio solo che tu stia bene.»

Mysophobia | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora