CAPITOLO SEI

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«Io n'ce torno a casa co er trenino.» sbottò Manuel irritato dalla proposta di Simone.

«Manu, se faccio questo è solo per il tuo bene.»

«No grazie, ce retorno a piedi.» fece per oltrepassarlo ma fu preso dalla corda della tracolla.

«Devi fare ciò che ti dico, altrimenti questa cosa non ti passerà mai.» lo guardò serio.

«E se nu volessi farlo? Che cosa farai eh?»

«Prendiamo sta cazzo di metropolitana e non fiatare.» se lo trascinò con se e fece due biglietti. Aveva l'incazzatura a mille mentre Manuel continuava a borbottare tra se e se e a pentirsi di aver fatto quella scelta così tanto azzardata. Una scelta, una sola scelta che gli avrebbe cambiato per sempre la vita. Da un lato voleva guarire mentre dall'altra no. Non voleva recare troppo disturbo a nessuno.

«Nu me poggerò mai alle maniglie della metro a mani nude.» sbottò nervoso.

«Allora cadi e fatti male, non ho altro da dirti.»

Manuel deglutì e con lo sguardo basso, nei suoi occhi gli si formarono le lacrime. Stava quasi per piangere e non voleva davanti a tutti quelli presenti mentre aspettavano la metro. Restò in silenzio per molto tempo fin quando non sentì la campanella suonare, segno che il mezzo stava per arrivare. Fece dei respiri profondi e quando Simone si alzò dalla panchina, fece lo stesso anche lui, seguendolo. Il mezzo era gremito di gente, nessun posto a sedere e l'unica alternativa era stare spiaccicati come sottilette sulla gente sconosciuta. Manu spalancò gli occhi a quella vista mentre Simo lo tirava con se per la tracolla. Trovarono un posto semplice vicino alla porta scorrevole. Manuel era con le spalle poggiato ad una semi-vetrata con dietro una piccola ringhiera e Simone davanti a lui tenendosi alla maniglia. Erano vicinissimi, a pochi centimetri di distanza. Manu alzò lo sguardo e incontrò quello del suo dottore perfettone insopportabile che continuava a fissarlo con serietà. Il suo cuore iniziò a battere all'impazzata senza nessun motivo apparente alcuno però quello sguardo gli trafisse l'anima e schiuse le labbra inumidendole di saliva con l'ausilio della lingua. Improvvisamente però ci fu una frenata dove Manuel stava per cadere e che per istinto dovette per forza tenersi alla ringhiera.

«Alla fine ti sei dovuto mantere alla ringhiera.» disse Simone guardandolo intenso, uno sguardo di cui non ha mai rivolto a nessun altro.

«D-Dovevo... sarei potuto cadere.» si morse d'istinto il labbro inferiore.

«Hai superato la prova, bravo.» sussurrò profondo sporgendosi all'orecchio dell'altro.

Dei brividi lo percorsero su tutta la spina dorsale e non capiva cosa gli stesse succedendo. Infatuazione? Amore? Non lo sapeva. Ma una cosa era certa: che quando era accanto a Simone si sentiva bene, come se avesse qualcosa in comune con il più grande ma che non lo dava mai a vedere. Un'altra frenata e Simone gli andò dritto dritto addosso, non facendolo apposta.

«Scusa, è stata la frenata.»

«Nu fa gnente...» deglutì e lo guardò di nuovo ma stavolta dritto negli occhi.

«Hai qualcosa da dirmi?» alzò un sopracciglio.

Stava per aprire bocca ma fece no con la testa e prese a guardare verso la finestra, stanco di quella giornata. Arrivarono a destinazione alle 19:15 e furono gli ultimi a scendere dalla metro. Camminarono di fianco a fianco verso l'uscita della stazione non proferendo parola. Durante il tragitto, Simone prese il blocknotes e segnò tutte le prove già fatte con un visto e poi parlò. «Domani dovrò portarti al ristorante.»

«Nu me piace er cibo der ristorante. Tutte quelle cose gourmet bleah.»

«Che ti piaccia o no, devi ven-» fu interrotto da una scenata poco piacevole.

«'tacci tua! Basta cazzo, nun ne posso più dei tuoi ordini e di questa stupida lista che devo seguì pe guarire! Nun verrò da nessuna parte t'è chiaro?» urlò davanti al suo medico, davanti a Simone.

Simone capì che Manuel era stressato per quella mattinata così intensa e allora lo lasciò sfogare, sboccare soprattutto.

«Gna faccio senti, so stanco, me ne voglio annà a casa mia.» indietreggiò e scappò via correndo verso casa sua. Pianse non appena entrò in casa chiudendosi la porta dell'appartamento con le chiavi, non voleva più vederlo. Non voleva più seguire niente. Si alzò e di corsa andò in bagno dove tentò di lavarsi le mani ma non lo fece, qualcosa lo frenò. Dopo tanti sforzi fatti fino ad adesso perchè mandarli a monte? Si guardò allo specchio e ripensò a quanto fosse stato scortese nei confronti di Simone, non solo perché era il suo psicoterapeuta ma perché era "Simone", un essere umano come tutti. Doveva assolutamente dargli delle profonde scuse. Poi però sentì il campanello di casa suonare, che fosse lui? Che lo avesse seguito fino a casa per rimproverarlo? E perché aveva paura di affrontarlo adesso? Cos'era cambiato da una settimana all'altra? Si portò le mani al viso e se lo stropicciò sospirando e disse un «Chi è?» urlò poi dal bagno.

«Sono Simone, mi apri per favore?» parlò dispiaciuto.

Manu uscì dal bagno e andò ad aprire, trovandosi Simone con il blocchetto tra le mani, porgerglielo infine. «Volevo restituirtelo. Dal momento che non ti seguirò più, a me non serve.»

Con una mano il corvino portò il blocknotes sul petto del castano e parlò. «Spero che me potrai perdonare pe er mio carattere irascibile, nu so abituato ricevere ordini. Ormai so arrivato fin qua ed è giusto che io continui a seguì er trattamento.»

«Sono io che dovrei chiederti scusa, ti ho fatto stressare troppo.»

«No, t'ho trattato io na merda Simò, io t'ho trattato veramente male nu rendendome conto che è er lavoro tuo quello che stai facendo pe me.»

«Domani verrai con me al ristorante?»

«Certo, nu mancherò.»

«Vengo a prenderti con la mia macchina.»

«D'accordo, Simo.» sorrise a labbra chiuse guardandolo.

«Buona serata Manu.» serrò le labbra e scese qualche gradino dell'appartamento.

«Anche a te, Simo.» lo vide allontanarsi e chiuse la porta.

Andò in camera sua buttandosi sul letto e portò un braccio sopra la fronte.
«Credo de amarlo, le sue attenzioni me piacciono da morì... e so che so rivolte a me e a me soltanto.», parlò a voce alta tra se e se per poi chiudere gli occhi e addormentarsi.

Mysophobia | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora