𝟏.𝟖

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Aurelia

Offriamo dolci a tutti eppure siamo ancora aperti

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Offriamo dolci a tutti eppure siamo ancora aperti

«Come mai così pensierosa? È andata male ieri la partita dei ragazzi?» mi chiese mia madre, accarezzandomi la testa e baciandomi una tempia, sicuramente preoccupata per me, in quanto erano quindici minuti che avevo infornato un ciambellone ed ero ...

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«Come mai così pensierosa? È andata male ieri la partita dei ragazzi?» mi chiese mia madre, accarezzandomi la testa e baciandomi una tempia, sicuramente preoccupata per me, in quanto erano quindici minuti che avevo infornato un ciambellone ed ero rimasta ferma immobile, di fronte al forno, probabilmente ignorando qualche sua richiesta.

«Non è per quello, ieri i ragazzi hanno vinto contro la Brainwashing, però Axel si è infortunato e non potrà giocare la prossima partita. Per questo sto facendo un ciambellone, più tardi glielo porto e ne approfitto per vedere come sta, anche se molto probabilmente se lo mangerà Ellie da sola» le raccontai appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre lei mi passò un braccio intorno le spalle.

«Allora cos'è che ti turba angelo mio?» mi dimandò guardando anche lei il dolce che si stava gonfiando nel forno. «È arrivata un'altra lettera da parte di papà» sospirai guardandola negli occhi, ma al posto di sorpresa intuii che lei l'avesse vista prima di me e che l'avesse lasciata di proposito nella buca delle lettere. «Ririe» sospirò accarezzandomi una guancia.

«Non so che fare! Vorrei rispondergli, ma mi fa arrabbiare il fatto che non si faccia vedere e manda questi... insulsi pezzi di carta, come se prendessero il suo posto!» sibilai infastidita, lanciando la presina contro il forno e mia madre la raccolse prima che toccasse terra.

Mi dava fastidio tutto questo: lui non c'era, mamma non mi diceva niente e io ero così confusa da poter impazzire. Sapevo che mia madre lo faceva per il mio bene a nascondermi il motivo dell'assenza di papà, del perché si erano lasciati, ma a volte il vuoto lasciato da quell'informazione mi mangiava l'anima.

Avevo diciassette anni, ero abbastanza grande da sapere, ma mamma non la pensava così e lei sapeva che io lo percepivo come un torto nei miei confronti.

«Tesoro mio, sappi che qualsiasi cosa tu decida di fare con quelle lettere è la cosa più giusta! Non perché lo dico io, ma perché è ciò che ti dice di fare il cuore» dissi sorridendo dolcemente, facendo sorridere anche me, non molto convinta.
«Facciamo così! Tu vai di là, indossa il tuo sorriso più brillante e servi i clienti come fai sempre, a questo ciambellone ci penso io! Non lo riconoscerai più» disse dandomi il suo grembiule, baciandomi la fronte e aprendo il forno.

𝐇𝐈𝐒𝐓𝐎𝐑𝐘 𝐎𝐅 𝐓𝐇𝐄 𝐄𝐋𝐄𝐕𝐄𝐍 𝟏 || ɪᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora