"La pizia è stata consultata, il vaticinio è stato pronunciato.
La tua preghiera ha ricevuto l'ascolto sperato, ed è stata accolta dal divino Apollo. Colui che protegge le arti divinatorie, medicinali, poetiche; promotore delle arti, padrone del tiro con l'arco e conduttore del Sole nelle nostre terre, accetta la tua presenza nella sua sacra casa.
Avvicinati all'altare, divina maestà, e annuncia la tua richiesta; Febo Apollo solleverà il tuo animo, riversandovi la sua luce, in gratitudine del tuo sacrificio."
Il sovrano, nonostante quelle parole, era esitante, e non mosse neppure un passo.
Avvicinati, Alessandro. Sei al sicuro.
Il mormorio del suo subconscio si instillò nella sua mente, come un fiore nella crepa di un terreno. Ripeté debolmente quelle parole dentro di sé, senza sosta, nel tentativo vano di convincersi; ma le sue gambe, non le sentiva quasi più. Non poteva camminare. Sospese il respiro dentro la sua gola, serrando la mascella, deciso nel compiere quel passo. Bilanciò il suo peso verso lo scalino dell'altare, poco distante da lui, e sollecitò gli arti infermi, quasi inutilmente. Barcollò, dovendo reggersi nuovamente al braccio della sua guardia, che gli rivolse uno sguardo comprensivo, quasi mortificato.
Alessandro, ti stanno uccidendo. Tutti. Non fidarti.
Il bisbigliare del suo io interiore lo trafisse come un pugnale penetrante nella carne viva, senza consentirgli più pace. In un solo istante, aveva distrutto ogni suo tentativo di restare in forza, e di accantonare la paranoia. Era precipitato nel tormento, che era stato intrecciato per anni dai suoi traumi, da cui non era più in grado di risvegliarsi. Il sovrano scosse con veemenza il capo, irrequieto; avrebbe voluto fuggire, e avrebbe potuto, se solo fosse esistito un luogo in cui ripararsi da se stesso.
Sentiva quel pensiero espandersi dentro di sé, in modo incontrollabile, insinuando le sue radici nel più profondo lembo del suo animo, avvelenandolo. Lentamente, lo stava intossicando. Distorceva la sua percezione, alterava i suoi sensi, ne annientava la volontà. Propagandosi, echeggiava ovunque, dovunque esso cercasse disperatamente un appiglio da quell'oscurità. Per le prima volte nella sua vita, si sentiva impotente.
Ormai, sembrava essere troppo tardi. Per qualsiasi cosa.
"Mio re, quel passo."
Sussurrò la sua guardia, con un sospiro sommesso. Comprendeva, comprendeva tutto. Era da qualche settimana che assisteva inerme all'aumento spropositato del suo carico di lavoro, che non faceva altro che aggravarsi, giorno dopo giorno. Esso esigeva la sua presenza alle assemblee con i suoi più fidati generali, come mai aveva richiesto prima; lo voleva alle sue spalle persino per spostarsi nel suo stesso palazzo, lasciandolo di guardia alle porte dei suoi locali ogni notte, con un'intero corpo di ronda.
Fu al fianco anche di Filippo, prima di Alessandro; vederlo così, ora, gli provocava una strana morsa nello stomaco. Lui doveva proteggerlo, voleva proteggerlo ad ogni costo; aveva già fallito una volta, con suo padre, e ora non poteva permettere di perdere anche il figlio.
Era solo una semplice guardia, in fin dei conti, e in quanto tale non aveva mai avuto un vero rapporto affettivo con il re. Ma, in qualche modo, Alessandro era sempre riuscito a farsi amare. Dal più nobile dei macedoni, al più umile soldato del suo esercito; nessuno era mai riuscito a sfuggire al suo fascino. Ed era una bellezza che non aveva mai visto prima.
I suoi tratti lo delineavano con eleganza, ma senza mai disperdere quel tono di autorevolezza che lo contraddistingueva. Presenziare dinanzi a lui, alla fine, era ammirare un dipinto in movimento: si fondeva in un'unica figura la regalità di un re con il forte carisma di un generale; la saggezza di un filosofo, alla ferocia di un guerriero. Era come tracciato da una mano fine, degna del miglior artista dell'intera Grecia, forse persino di un dio stesso.
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Il tramonto di un dio
Historical FictionBabilonia, 323 a.C. Il palazzo reale era silenzioso. Erano perdute le discussioni lungo i corridoi illuminati dalle torce, perdute le risate che risuonavano nelle ampie sale, perduti sembravano essere persino i respiri, nella morsa indomabile della...