Fratello

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"Muoio grazie all'aiuto di troppi medici, Nearco."

Mormorò Alessandro, socchiudendo gli occhi, senza forze. Non aveva trovato riposo per giorni, tormentato dalla febbre, che ormai più nessun infuso o erba sembrava riuscire a lenire. Non trovava più sollievo praticamente in nulla. L'ambiente che lo circondava era confuso, a tratti vacillava come se fosse stato in un sogno, e continue figure indistinte apparivano e sparivano, rivelandosi spesso solo un frutto della sua ormai scarsa lucidità.

Come il padre, come Zeus. Ed Efestione. Già, come Efestione. Neanche quella malattia che lo stava consumando sembrava essere abbastanza per poterlo riavere, anche solo per un istante. Ma in fondo, se a un uomo viene strappato via tutto, cosa poteva mai rimanergli? Forse un ricordo, sicuramente la speranza che un domani, si fossero ricongiunti ancora, per permettergli di amare; ma sopra ad ogni altra, la follia. Aveva perso la sua bussola, riducendosi ad un uomo vagante per un mondo che aveva perso i suoi colori, dopo quella morte. Di lui non poteva rimanere altro che un animo vuoto, svuotato dell'unica motivazione per cui valeva la pena essere felici. Per cui valeva la pena credere in un futuro grandioso, combattere e rischiare per la grandezza. Dove l'avrebbe più potuta trovare, se a mancargli erano persino le più insignificanti piccolezze di quella gioia che solo lui gli procurava, che ora solo lo struggeva? Non poteva esserci nulla di grande, se gli sfuggiva anche il gesto più piccolo, ma che metteva in atto il moto del suo cuore.

Aveva perso i sogni. Per qualcuno che aveva reso i suoi sogni la sua vita, quella non poteva che segnare la fine. Era rimasto solo lui, le macerie delle sue ambizioni, e il nulla.

La sua mente, non riusciva però a rassegnarsi. Quel ragazzo che sarebbe dovuto essere il re di un impero universale, voleva disperatamente ritrovarlo; ma ormai, come poteva sapere che non fosse già morto, arso dalle fiamme della malattia? Avrebbe ancora voluto crescere, poter tornare in Macedonia, rivedere la sua famiglia, potersi sposare e avere degli eredi macedoni, poter organizzare nuove campagne militari, anche solo godersi la sua sterminata gloria.

Invecchiare, aveva promesso a Efestione.

Ma il filo che legava quei due a quella promessa si era spezzato, sepolto con il suo cadavere. Le moire, ora, stavano probabilmente per tagliare anche quello che apparteneva ad Alessandro stesso. Quante speranze, quante aspirazioni, quanti giuramenti la morte trascinava via con sé...

"Non morirai, mio re."

Replicò Nearco a bassa voce, continuando a pressare l'impacco fresco sulla fronte del sovrano, con grande cura. Le sue dita tremavano leggermente nella loro presa a causa della stanchezza che gravava nel suo corpo, ma si sforzava di non mollare. Solo per lui. Gli dèi non erano stati magnanimi neppure con la sua condizione, questo era ben evidente. Alessandro aprì lentamente le palpebre, e se ne rese conto con un solo sguardo; gli era sempre sufficiente per comprendere chiunque, senza che servisse la parola. Distese i suoi tratti con un sussulto, ma resistette nell'osservarlo, lasciando immergere i suoi occhi ancora lucidi in quelli azzurri dell'amico. Non c'era neanche una traccia d'ira nell'espressione del sovrano, che anzi, non nascondeva neppure più le lacrime che aspettavano di uscire, non si preoccupava più di mantenere segreta la vulnerabilità in cui era crollato.

Aveva paura.

Nearco, era la persona più vicina ad un fratello che avesse mai avuto. Forse non si erano mai davvero dedicati a lunghe conversazioni insieme, e non avevano mai costruito quell'amicizia su qualcosa di tangibile. Era tutto così spontaneo, sin dal primo giorno era come se si fossero conosciuti da sempre; li univa un rispetto e una fiducia senza confini, che non avrebbero mai potuto decadere, e questo, quando si ha il potere e la gloria, è la cosa più preziosa e sincera che un altro uomo possa offrirti.

Il tramonto di un dioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora